Ambiente Italia 2012: acqua, bene comune e responsabilità di tutti

È stato appena presentato Ambiente Italia 2012, il rapporto annuale di Legambiente. L’Italia è uno dei paesi dell’area mediterranea tra i più ricchi di risorse idriche, ma permangono i problemi legati alla cattiva gestione, al sud come al nord. Per uso civile si consumano annualmente 400 metri cubi d’acqua per abitante, ma è l’agricoltura il settore che assorbe i consumi più consistenti, pari a oltre il 50% dei prelievi totali.

Ambiente Italia 2012: acqua, bene comune e responsabilità di tutti
Riconoscere il diritto all’acqua come bene comune implica un’assunzione di responsabilità verso la sua tutela, nelle tante forme che questa può assumere.
(tratto da Ambiente Italia 2012 – Rapporto Annuale di Legambiente, a cura di Duccio Bianchi e Giulio Conte, Edizioni ambiente) Il 2011 è stato in Italia l’anno della vittoria del sì al referendum sull’acqua, e questa vittoria ha avuto il grande merito di riaccendere l’attenzione sui 'beni comuni'. E proprio all’acqua è stato dedicato Ambiente Italia 2012, il rapporto annuale di Legambiente, curato da Duccio Bianchi, Giulio Conte e numerosi esperti, ed edito da Edizioni Ambiente. Le questioni legate all’acqua e affrontate in questo rapporto sono numerose e complesse e sono state presentate ieri nel corso di una conferenza stampa. Dai diritti per l’accesso all’acqua alla gestione e ai meccanismi di finanziamento del servizio idrico, dalle politiche agricole e industriali a quelle territoriali, urbanistiche e specifiche sulla difesa del suolo. “Il dibattito sull’acqua - ha dichiarato Giulio Conte nel corso della conferenza stampa - e sui beni comuni è parte di una più ampia riflessione sul cambiamento del modello di sviluppo. Ormai è evidente a tutti, che la ripresa della crescita non può riguardare la produzione e il consumo di beni fisici, ma la loro qualità, intesa anche come equità sociale del processo produttivo”. I dati presentati dai curatori dello studio, evidenziano come l’Italia sia uno dei paesi più ricchi di risorse idriche nel Mediterraneo. Giornalmente si consumano 250 litri di acqua per abitante, pari a due vasche da bagno. Si tratta di uno dei consumi procapite più alti del pianeta, dietro ci sono solo Giappone, Canada, Usa e Australia. Annualmente il consumo è di 2.800 metri cubi per abitante. La quota media disponibile in tutte le regioni è di almeno 400 metri cubi per abitante, cioè dieci volte superiore alla quota disponibile nei paesi del sud del Mediterraneo. Nonostante questo, il paese si trova ad affrontare costanti problemi di scarsità idrica nei mesi caldi, al Sud come anche al Nord. Stando ai dati, l’agricoltura è il settore che consuma più acqua (almeno 20 miliardi di metri cubi l’anno); seguono il settore civile con 9 miliardi/anno, l’industria con circa 8 miliardi/anno e la produzione di energia con circa 5 miliardi/anno. Nel settore agricolo l’irrigazione è in gran parte basata su tecniche vecchie e inefficienti. “Eppure – si legge nelle pagine del rapporto - il miglioramento delle tecniche irrigue permetterebbe un risparmio di acqua pari a circa il 30%. Mentre ulteriori riduzioni nel consumo sarebbero possibili se si scegliessero colture e varietà più resistenti alla siccità e soprattutto combattendo le eccedenze produttive e gli sprechi alimentari”. Il prelievo, poi, oltre ad essere fuori misura e insostenibile di per sé, provoca anche seri problemi alla qualità delle acque superficiali e sotterranee, perché lo sfruttamento massiccio non permette la circolazione idrica naturale necessaria a mantenere vivo l’ecosistema, tanto meno a diluire gli inquinanti nei fiumi e nelle falde. Nel nostro Paese, secondo Legambiente, sono ancora irrisolti i problemi relativi agli scarichi inquinanti civili e industriali, ai depuratori mal funzionanti, all’artificializzazione dei corsi d’acqua. Delle oltre 500 stazioni di monitoraggio censite nell’annuario 2010 dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), solo il 52% raggiunge o supera una condizione di buono stato (e si tratta dei tratti montani dei corsi d’acqua), mentre il 35% delle stazioni è appena sufficiente e quasi un quarto delle stazioni presenta uno stato scarso o addirittura pessimo. “È evidente – ha sottolineato Giulio Conte - la necessità di intervenire nel settore idrico non solo per completare l’infrastruttura di base dove ancora manca, ma anche per diffondere approcci e tecniche innovativi: sanitari a basso consumo, sistemi per la raccolta della pioggia e il riuso delle acque grigie. E occorre ripensare la pianificazione territoriale e urbanistica per ridurre l’artificializzazione e l’impermeabilizzazione dei suoli che fanno confluire nelle fogne le acque meteoriche che vanno a sovraccaricare inutilmente i depuratori”. “Bisognerebbe – ha aggiunto Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente – anche favorire il riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura e nei cicli industriali, modificando il decreto del ministero dell’Ambiente che prevede limiti alla carica batterica eccessivamente restrittivi (1000 volte più dell’Oms)”. La gestione virtuosa delle risorse idriche richiede un cambiamento profondo anche delle nostre coscienze, oltre che normativo.

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