Agromafia, se la criminalità organizzata finisce nel piatto

Furti, macellazioni clandestine, danneggiamento delle colture, usura, racket, abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe a danno dell'Unione europea, contraffazione dei marchi e degli imballaggi di vendita dei prodotti agricoli. Secondo quanto emerge dal rapporto Eurispes-Coldiretti, in Italia il volume d’affari complessivo dell’agromafia è quantificabile in 12,5 miliardi di euro.

Agromafia, se la criminalità organizzata finisce nel piatto
Furti, macellazioni clandestine, danneggiamento delle colture, usura, racket, abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe a danno dell'Unione europea, contraffazione dei marchi e degli imballaggi di vendita dei prodotti agricoli. Secondo quanto emerge dal rapporto Eurispes-Coldiretti, in Italia il volume d’affari complessivo dell’agromafia è quantificabile in 12,5 miliardi di euro (5,6% del totale), di cui 3,7 miliardi di euro da reinvestimenti in attività lecite (30% del totale) e 8,8 miliardi di euro da attività illecite (70% del totale). La criminalità organizzata è riuscita nel tempo a rafforzare il proprio status di grande holding finanziaria, capace di agire sull’intero territorio nazionale e nella quasi totalità dei settori economici e finanziari del Sistema Paese sviluppando una crescente capacità di infiltrazione nel tessuto imprenditoriale italiano, sfruttando quest’ultimo quale luogo privilegiato di riciclaggio del denaro proveniente dalle attività illecite. Sfruttando questo periodo di insicurezza sociale diffusa, le agromafie tendono così a ristabilire il loro ruolo di mediazione economica e sociale, affermando l’identità di “industria della protezione-estorsione”, ponendosi come portatrici di sicurezza-rassicurazione per il libero esercizio dell’impresa agricola. Terra prediletta dell'agrocrimine risulta essere il Meridione. Come sottolineano Eurispes e Coldiretti, infatti, la criminalità organizzata non abbandona, almeno in agricoltura, la terra di origine. Così la 'ndrangheta, malgrado la sua volontà di espansione, non abbandona il controllo in Calabria e rivendica in particolare il proprio dominio sulle attività agricole e sulla pastorizia, realizzando frodi ai danni dell'Ue. In Campania, poi, il fenomeno delle agromafie si intreccia con lo smaltimento illegale dei rifiuti e di conseguenza con l'inquinamento dei terreni e delle falde acquifere. La camorra, inoltre, detiene il monopolio sulla manodopera extracomunitaria, impiegata prevalentemente nella raccolta del pomodoro. La mafia si garantisce l'esclusiva di decidere il prezzo di vendita delle merci, sostituendosi così alle imprese produttrici che vedono gradualmente immiserirsi i propri ricavi. Un altro campo in cui opera l'agromafia è quello della contraffazione dei marchi e degli imballaggi di vendita dei prodotti agricoli. Come spiega la Coldiretti, “la diffusività e l’entità del fenomeno del falso Made in Italy ed il volume di affari connesso a condotte illegali o a pratiche commerciali improprie nel settore agroalimentare sono, ormai, di tale rilievo da poter a ragione parlare dello sviluppo di vere e proprie Agromafie, la cui crescita ed espansione appaiono supportate dall’inadeguatezza del sistema dei controlli e della comunicazione dei dati e dalle informazioni, sia con riferimento alla fase dell’importazione dei prodotti agroalimentari, sia con riferimento alle successive operazioni di trasformazione, distribuzione e vendita”. La forma più nota di contraffazione è quella del cosiddetto Italian sounding: la pirateria agroalimentare internazionale utilizza cioè denominazioni geografiche, marchi, parole, immagini, slogan e ricette che si richiamano all’Italia per pubblicizzare e commercializzare prodotti che in realtà non hanno nulla a che fare con la rete nazionale. Si pensi che il 33 per cento dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati (per un valore di 51 miliardi di euro) deriva da materie prime importate e rivendute col marchio Made in Italy. In particolare 3 prosciutti su 4 sono ottenuti da maiali stranieri ma non si vede, 1 mozzarella su 4 non è ottenuta direttamente dal latte ma da cagliate spesso importate, i formaggini sono spesso prodotti da polvere di caseina e formaggi fusi, 2 prodotti alimentari di tipo italiano su 3 all’estero sono imitazioni. Quello della contraffazione dei prodotti alimentari è un fenomeno che preoccupa in modo particolare i consumatori. Secondo un’altra indagine Coldiretti/Swg, infatti, sei cittadini su dieci considerano le frodi alimentari più gravi di quelle fiscali e degli scandali finanziari. Come fare, dunque, per contrastare l'agromafia? La Coldiretti propone la creazione di una filiera agricola, italiana e firmata: completamente italiana. I rischi, infatti, aumentano con l’allungarsi della filiera e l’aumento degli intermediari che si frappongono tra produttore e consumatore. È nei troppi passaggi che si infiltra la criminalità che fa aumentare i prezzi e riduce la qualità. Pertanto, per accorciare la filiera e rendere più diretto il rapporto tra produttori e consumatori la Coldiretti è impegnata nel progetto per una filiera agricola tutta italiana per arrivare ad offrire direttamente senza intermediazioni i prodotti attraverso i mercati degli agricoltori, le botteghe di 'campagna amica' e le cooperative dell'associazione.

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