Emergenza maltempo, una tragedia più che annunciata

Prima ancora dei cambiamenti climatici, abusivismo, condoni edilizi e interventi autorizzati nelle aree a rischio sono le principali cause del dissesto idrogeologico con cui per l'ennesima volta il nostro paese si trova a fare i conti in una situazione emergenziale scaturita dalle alluvioni autunnali. WWF, Legambiente e Greenpeace commentano l'emergenza maltempo in Liguria e Toscana che ha già provocato morti e dispersi. Una tragedia più che annunciata.

Emergenza maltempo, una tragedia più che annunciata
“Una tragedia annunciata dall’assenza di un presidio sul territorio in grado di prevenire i disastri ambientali del dissesto idrogeologico ed evitare una nuova conta delle vittime. Un prezzo che ancora una volta i cittadini scontano sulla propria pelle perché alla cementificazione selvaggia, che passa ‘inosservata’ ai controlli degli enti locali e delle Autorità competenti e che viene puntualmente graziata dai condoni dei Governi, si aggiunge la ‘colata’ di interventi edilizi autorizzati in aree a rischio che invece andrebbero liberate con i dovuti abbattimenti”. Così il WWF Italia commenta l’emergenza maltempo in Liguria e Toscana che ha già provocato diversi morti e dispersi. Quello a cui stiamo assistendo in queste ore in Liguria e nel resto del Nord Italia è un nuovo dramma ecologico ed umano, che replica quanto successo appena qualche giorno fa in Campania e nel Lazio. La Liguria, in particolare - ci tiene a sottolineare il Wwf - rappresenta un caso esemplare della miopia istituzionale sull’attività di prevenzione e tutela del territorio. Proprio qualche mese fa, infatti, la Regione Liguria ha approvato un provvedimento (Regolamento regionale n.3/2011, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria del 20 luglio 2011) che ha ridotto da 10 a 3 metri le distanze minime di edificazione vicino ai corsi d’acqua. Sui fiumi in particolare, infatti, si continua ad intervenire d’urgenza, in modo localizzato e puntiforme, al di fuori di una visione d’insieme, restringendo le aree di esondazione naturale e canalizzando i fiumi contribuendo così ad aumentare il rischio di alluvioni a valle, spiega il Wwf. "A causa di questo vuoto di pianificazione dall’estate 2010 alla primavera 2011 ben 13 regioni italiane hanno chiesto lo stato di calamità naturale per dissesto idrogeologico". In Italia nonostante la legge sulla difesa del suolo (legge 183/89), che prevedeva la redazione dei Piani di Assetto idrogeologico (PAI) da parte delle Autorità di Bacino, i successivi decreti Sarno (1998) e Soverato (2000), che disponevano Piani di sicurezza per le aree a rischio, dal 2004 è cominciata una delegittimazione delle stesse Autorità di bacino con una costante riduzione dei finanziamenti ordinari sulla difesa del suolo, spiega sempre l'associazione in una nota di commento ai fatti degli ultimi giorni. "Nel frattempo gli stessi Piani di Assetto Idrogeologico redatti nel 2001 non sono mai aggiornati e quindi si conosce il territorio a macchia di leopardo, oltre al fatto che sulle aree già tracciate non ci sono controlli". Come sta avvenendo in gran parte d’Europa, il Wwf ricorda che c'è bisogno di avviare una politica sui fiumi, basata su un approccio su scala di bacino idrografico, attraverso una pianificazione e una gestione ordinaria e con una vasta e diffusa azione di rinaturazione volta al recupero delle aree di esondazione e alla riduzione della velocità delle acque, evitando di intervenire in modo localizzato, sul tratto di volta in volta danneggiato cercando di arginare l’emergenza. Sulla questione maltempo e sulle nuove terribili tragedie che hanno colpito gli abitanti della Liguria e della Toscana è intervenuto anche Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente. “Le recenti e drammatiche vicende legate al maltempo e al dissesto idrogeologico impongono una seria riflessione rispetto alle azioni concrete da intraprendere per dare risposte efficaci alla cittadinanza ma anche una netta inversione di tendenza rispetto ai tagli sulle politiche ambientali e alla difesa del suolo”. “La sconsiderata gestione della sicurezza idrogeologica – continua Cogliati Dezza - continua a farsi dettare le priorità dall'industria dell'emergenza, con il risultato di costi insostenibili per le popolazioni, senza ottenere alcun risparmio per le casse pubbliche, che dovendo risanare spendono molto più di quanto avrebbero speso se avessero prevenuto". “C'è bisogno di agire rapidamente e con interventi concreti per mettere in sicurezza il nostro territorio e la cittadinanza - ha spiegato Cogliati Dezza -. Dobbiamo fare un passo avanti che superi l'eterna programmazione degli interventi e cominciare ad agire ora, restituendo i fondi al ministero dell’Ambiente per realizzare il massimo a partire da opere anche piccole ma necessarie”. Per arginare la vulnerabilità dei territori bisognerebbe adeguare le politiche regionali per la tutela e la prevenzione del rischio rivedendo le mappe, pianificando la lotta agli illeciti ambientali e demolendo gli immobili abusivi oltre a delocalizzare rapidamente i beni esposti al pericolo di frane e alluvioni, "ma pur senza considerare gli interventi più complessi e costosi, con i fondi previsti lo scorso anno sarebbe stato possibile intanto realizzare opere come la manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua cittadini, la stabilizzazione del movimento franoso, la demolizione delle case in alveo, ecc.". Questa la ricetta proposta da Legambiente. Tutti interventi necessari e concretamente realizzabili che, con le debite proporzioni, possono essere riproposti in tantissimi comuni per rendere sicuri i territori solcati da torrenti e fiumare, spiega l'associazione in una nota. "E se questo non bastasse a sistemare tutte le emergenze, permetterebbe però di agire con esiti determinanti in tante località che sarebbero messe al sicuro concretamente invece di perdere tempo a pensare a quale enorme cifra potrebbe servire per sistemare tutta la Penisola". All'emergenza maltempo ha fatto riferimento anche Greenpeace che ha espresso apprezzamento per le parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in riferimento ai tragici fatti di questi giorni, ha ricordato come l’Italia stia subendo anche l’impatto del cambiamento climatico, su un territorio spesso maltrattato, con un pesante fardello in termini di danni e vite umane. Al riguardo, Greenpeace chiede al Governo italiano quali siano le ragioni della sua contrarietà ai progetti di ulteriore riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell’Unione Europea – che secondo la Commissione Europea potrebbero essere ridotte del 30 per cento entro il 2020 - e vorrebbe conoscere la posizione che il nostro Paese intende assumere tra un mese alla Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima di Durban, a un anno dalla fine del Protocollo di Kyoto. Per questo Greenpeace chiede l’immediato bando della costruzione di nuove centrali elettriche a carbone, la progressiva e rapida dismissione o conversione di quelle esistenti, l’adozione di nuove misure incentivanti per l’efficienza energetica, la cancellazione della Robin Tax sulle fonti rinnovabili: misure queste che, tra l’altro, "favorirebbero la creazione di decine di migliaia di posti di lavoro, proiettando il Paese ai vertici della Green Economy e contribuendo alla soluzione della crisi attuale". La scheda di approfondimento del WWF sui cambiamenti climatici Fonti: WWF, Legambiente, Greenpeace

Commenti

Ricordiamoci, come GIUSEPPE ALTIERI sottolinea, che un ruolo di notevole squilibrio è apportato dallo sconsiderato e prolungato uso di sostanze chimiche (concimi e disserbanti prevalentemente) su tutto il territorio agricolo e no. La fertilità della terra si misura con la presenza di humus che ormai è sempre più ridotto "la diminuzione di sostanza organica stabile dei terreni, vera e propria "spugna" che assorbe acqua fino a 10 volte il suo peso" sta provocando una graduale desertificazione con conseguente instabilità idrogeologica di interi versanti "concausa aggravante è anche l'abbandono dei terreni e la mancanza di coperture autunno-invernali, oltre alla distruzione, iniziata negli anni 60' per una sfrenata meccanizzazione, delle piante idrofile come salici, Platani e pioppi, che evaporano milgiaia di litri d'acqua al giorno lungo i fossi, i canali dei campi e in ultimo i fiumi... Erodendo nel contempo i terreni che si sfaldano in fango, con incremento progressivo del problema della drammatica riduzione del trattenimento d'acqua a monte"...
MARIO APICELLA, 09-11-2011 12:09

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