Eternit, sentenza storica chiude il maxi-processo sull'amianto che uccide

Con una condanna di 16 anni di carcere per i responsabili, si conclude il maxi processo Eternit in Italia. Iniziato nel 2009, quello per le vittime dell’amianto è un processo che ha contato oltre duemila morti, più di 650 malati, quasi 6.500 richieste di costituzione di parte civile.

Eternit, sentenza storica chiude il maxi-processo sull'amianto che uccide
Il Tribunale di Torino ha condannato a 16 anni di carcere ciascuno il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier. I due rispondevano di disastro doloso per la morte di numerosi operai per l’amianto. Il tribunale ha ritenuto i due imputati colpevoli di disastro doloso solo per le condizioni degli stabilimenti di Cavagnolo (To) e CasaleMonferrato (Al). Per altri due stabilimenti il reato è stato dichiarato prescritto. Il pm Raffaele Guariniello aveva chiesto una condanna di 20 anni. Si conclude così il maxi processo Eternit in Italia. Iniziato nel 2009, quello per le vittime dell’amianto è stato un processo con oltre duemila morti, più di 650 malati, quasi 6.500 richieste di costituzione di parte civile.  Sono state accolte le ipotesi dell'accusa secondo cui i vertici dell'azienda hanno omesso di adottare i provvedimenti tecnici, organizzativi, procedurali, igienici, necessari per contenere l'esposizione all'amianto. Ad esempio mancavano gli impianti di aspirazione localizzata, una adeguata ventilazione dei locali o le procedure di lavoro atte a evitare la manipolazione manuale delle sostanze e sistemi di pulizia degli indumenti in ambito industriale.  I vertici dell'azienda omisero anche di curare la fornitura e l'effettivo impiego di apparecchi di protezione, di sottoporre i lavoratori ad adeguato controllo sanitario, di informarsi e informare i lavoratori circa i rischi specifici derivanti dall'amianto e le misure per ovviare a tali rischi.  Sono stati disposti i risarcimenti e le provvisionali per le parti civili: 25 milioni per il comune di Casale Monferrato, 30mila euro per ogni congiunto di ciascuna vittima e 35mila euro per ogni ammalato; un risarcimento di 4 milioni di euro per il comune di Cavagnolo e 15 milioni di euro di provvisionale per l'Inail. Inoltre il collegio ha stabilito un risarcimento di 100mila euro per ogni sindacato.  Fuori dall’aula del Tribunale di Torino, un presidio costituito da familiari delle vittime italiane ed europee, ma anche tanti attivisti politici e militanti di associazioni, in attesa della sentenza della più grande causa in materia mai celebrata in Europa. “Un processo storico e una sentenza esemplare”, ha commentato il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere. “La magistratura con questa sentenza dà giustizia alle migliaia di morti per amianto. L'auspicio è che questa stessa sentenza funga da monito a quanti continuano a ritenere che il nostro Paese può essere competitivo senza garantire la sicurezza ai lavoratori e ai cittadini”. Secondo Scudiere, infatti, “la sicurezza non può essere più considerata un costo per le imprese ma uno degli elementi fondamentali per renderle avanzate e competitive, altrimenti il rischio per l'Italia è che possa rappresentare l'area europea del lavoro a basso costo e a massimo rischio”. Sin dal diciannovesimo secolo, quando la rivoluzione industriale innescò l’utilizzo massivo di questo materiale, si cominciò a sospettare che l’asbesto (o amianto) fosse collegato a gravi malattie respiratorie come il mesotelioma pleurico. Nel 1943 la Germania di Hitler sancì dal punto di vista normativo la correlazione fra gli impieghi che esponevano al rischio e l’effettiva contrazione della malattia, riconoscendo un risarcimento per i lavoratori che si ammalavano. Nel 1965 la New York Academy of Sciences pubblicò gli atti di una conferenza che evidenziava i gravi effetti biologici dell’asbesto.  In Italia soltanto nel 1992 è stata varata una legge (la legge 275) che sancisce il divieto di impiego di questo materiale mortale e dispose la bonifica di tutti i lavorati che lo contenevano, riconoscendo come malattie professionali le patologie correlate – tumore alla pleura e carcinoma polmonare –, con conseguenti programmi di assistenza alle vittime. Nel nostro Paese le zone più colpite dalle malattie asbesto-correlate sono il nord-ovest e il nord-est della penisola, con concentrazioni particolarmente elevate nelle provincie di Alessandria e Gorizia. Stime sommarie riferiscono di circa quattromila morti per l'amianto ogni anno in Italia e di più di venti milioni di tonnellate di amianto ancora da bonificare. Articolo tratto da Informasalus

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