F35, parte la petizione contro l'acquisto degli aerei militari

Sta facendo discutere il programma per lo sviluppo e la costruzione degli F35, aerei militari “di quinta generazione”. Avaaz ha lanciato da qualche giorno una petizione per fermare un enorme spreco di denaro pubblico.

F35, parte la petizione contro l'acquisto degli aerei militari
È uno dei temi che ha tenuto banco di più nell’ultima campagna elettorale per le Politiche e che sta facendo molto discutere anche in questi giorni: è giusta o sbagliata la spesa per gli F35? Partiamo dall’inizio. Il programma degli F35 (sviluppo e costruzione), si chiama ufficialmente “Joint Strike Fighter (JSF)” e mira alla costruzione di un aereo da combattimento “di quinta generazione”. I paesi che originariamente hanno aderito al programma sono: Stati Uniti in collaborazione con Regno Unito, Italia, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore e Israele. Ogni Paese ha un livello diverso di coinvolgimento economico e non: il Regno Unito è un paese al primo livello (partecipa a circa il 10 per cento delle spese di ricerca e sviluppo). L’Italia e l’Olanda sono paesi di secondo livello (partecipazione intorno al 5 per cento). Il programma, per quanto riguarda l’Italia, è stato pensato per sostituire i modelli di aereo militare prodotti e utilizzati dalle nostre forze armate tra gli anni ottanta e il 2000. Parliamo dei Tornado, degli AM-X e gli AV8B della Marina Militare. Il programma degli F35 ha subìto però diversi rinvii e ritardi (con aumenti del 50% dei costi). Si stima che un singolo esemplare possa arrivare a costare 140 milioni di dollari. Riguardo le tempistiche, si prevede che a partire dal 2015 si possa procedere alla sostituzione dei modelli italiani. Nel 2001 la realizzazione dell’aereo è stata affidata a un gruppo industriale guidato dalla statunitense Lockheed Martin e di cui fanno parte ai primi posti Northrop Grumman (americana), BAE Systems (britannica) e, per i motori, le statunitensi Pratt & Whitney, General Electric e Rolls Royce (quest’ultima britannica). Le imprese italiane coinvolte nella costruzione sono, per esempio, il gruppo italiano Finmeccanica (che per il 30 per cento è di proprietà del ministero dell’Economia) per mezzo di tre aziende: Alenia, SELEX Galileo e SELEX Communications e Avio (azienda aerospaziale partecipata da Finmeccanica). Si parla di una realizzazione assegnata già agli inizi degli anni 2000 e infatti l’Italia si è cominciata ad interessare al programma già dal 1998 (poco dopo essere stato varato). Il primo ministro della Difesa che cominciò a parlarne fu Beniamino Andreatta (Governo D’Alema). I tavoli dei negoziati per far entrare il nostro paese nel progetto, iniziarono nel 2001 e si conclusero nel luglio 2002. Al momento della firma del documento (d’intesa con gli Stati Uniti) era presente il ministro della Difesa del Governo Berlusconi, Antonio Martino. Nel documento l’Italia si prendeva l’impegno a stanziare il 4 per cento dei fondi per la fase di ricerca e sviluppo (iniziata quell’anno e tuttora in corso). Nel febbraio 2012, per interpretare il sentimento di spending review, il ministro Giampaolo di Paola (già Capo di Stato Maggiore della Difesa) ha ridotto l’acquisto dei velivoli per l’Italia da 131 a 90. I costi per gli aerei si aggirano intorno ai 13 miliardi di euro. Il programma sicuramente è a lungo termine e quindi bisogna cercare di capire come questi soldi verrebbero distribuiti nel corso degli anni. Avaaz ha lanciato da qualche giorno una petizione (che ha già raggiunto le 250mila firme) per fermare quello che secondo loro “è un enorme spreco di denaro pubblico”, considerando che molti paesi si stanno tirando fuori dal programma perché giudicano i velivoli troppo cari e con performance non all'altezza delle previsioni (come nel caso del Canada).

Commenti

Essendo pessimista per natura tendo sempre a pensare il peggio, quando vedo un paese che acquista velivoli da altre nazioni, quando questi non solo potrebbe ma li costruisce pure, e non manca occasione per vantarsi di tale capacità. Forse un giorno non sarò più solo a pensarla cosi. DUBITO MOLTO
giuseppe, 10-07-2013 07:10
Naturalmente non è possibile esprimere un giuduzio nel merito perchè nessuno possiede i dossier completi e veritieri sulla faccenda. Allora dirò in linea di principio che finché uno stato vive fra altri stati armati e bellicosi ha il dovere di provvedere alla sua difesa. Se gli aerei rispondono ad un'esigenza di ammodernamento delle F.A. è giusto acquistarli come è giusto avere un sistema efficiente di difesa, che tecnicamente non può non essere anche un sistema di offesa. La difesa è la stessa nostra sussistenza, quindi una priorità come la sanità e la scuola. Tutti gli altri discorsi appartengono ad un ovattato e generico rifiuto della guerra o della violenza, che mai possono essere eliminate semplicemente negandone l'esistenza o chiudendosi in un vaso di coccio in mezzo ad altri di ferro.
Libero, 11-07-2013 01:11
Dall'estero si segue anche questa "saga" italica. La realtà è che il cittadino medio italiano non ha l'abitudine di discutere su tutto quello che sa di militare a differenza, per esempio, del mio Paese (la Svizzera). Secondo me, secondo una mentalità svizzera, la grave situazione economico finanziaria del Bel Paese la si combatte (anche) con una politica di rigore finanziario... risparmiando dunque soprattutto su spese ritenute non prioritarie. La Difesa è prioritaria? Per la maggior parte dei Paesi d'Europa (centro-nord) certamente non più, per l'Italia forse ancora. Certo che senza fondate, impegnate e convincenti spiegazioni di Governo e ministero della Difesa l'acquisto degli F-35 potrebbe anche apparire provocatoria... Insomma: i costi d'acquisto sono già fuori misura e la successiva gestione non è gratis... Giustificare poi l'acquisto con motivi occupazionali mi pare un poco di cattivo gusto... L'Italia può costruire ben altro, di ben altra utilità semmai.
Mario, 13-07-2013 08:13
La crisi economica ci ha di fatto rubato dei soldi: ogni italiano ha meno soldi di qualche anno fa. La carenza di soldi è contagiosa: grossolanamente potremmo dire meno soldi = meno investimenti = meno lavoro = meno soldi e si ricomincia. Da questa crisi si esce intervenendo su una delle variabili menzionate sopra, ma intanto occorre mangiare altrimenti avremo una soluzione perfetta ma con tutti gli italiani morti di fame. Ma intanto siamo anche abituati a mantenere in vita una qualche forma di difesa della nazionale. Semplificando potremmo dire che siamo come uno che ha solo 100 euro in tasca, da anni è affamato e corre il rischio teorico che qualcuno lo derubi. Ora, se quell'uno foste voi, vi comperereste un panino ed un giornale di annunci di lavoro al giorno finchè i 100 euro non sono finiti ... oppure una pistola (leggi F35) per difendervi rinunciando al panino?
apc, 01-08-2013 02:01

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