Vivere in cohousing, cosa vuol dire? L'incontro di Parma

Il 7 maggio scorso si è tenuto a Parma un incontro finalizzato a dare visibilità al fenomeno del cohousing e mettere a confronto le diverse realtà che si occupano di questa soluzione abitativa. Una soluzione che in Italia sta prendendo piede più velocemente che negli altri Paesi europei. Di seguito il report dell'incontro.

Vivere in cohousing, cosa vuol dire? L'incontro di Parma
Il seminario di sabato, uno degli eventi della Festa Dell'Europa di Parma, aveva la duplice finalità di dare visibilità al fenomeno del cohousing da una parte e dall'altra di offrire uno spazio di riflessione e di confronto tra diverse realtà e persone che si occupano di questo fenomeno, che si inscrive nel più ampio quadro delle forme del vivere comunitario. Si è trattato di un momento partecipato e denso di idee e spunti, anche se l'affluenza di pubblico non è stata così ampia (nel complesso una trentina di persone). La giornata sembrava non essere iniziata nel migliore dei modi, visto che a convegno ormai iniziato ancora non si vedeva il relatore principale (Mathieu Lietaert). Un paio di telefonate da parte dei responsabili della Rete Nazionale Cohousing, presenti all'incontro, per capire cos'era successo, e presto veniamo a sapere che si era semplicemente attardato tra i vicoli di Parma. L'introduzione è di Laura Fruggeri (professore ordinario di Psicologia Sociale presso la Facoltà di Psicologia), che delinea in pochi minuti la parabola delle famiglie lungo il ventesimo secolo, mostrando come l'odierna ricerca di comunità sia in realtà un superamento naturale della condizione di nuclearizzazione e separazione che caratterizza gli ultimi decenni. Sono poi Massimo Giordano e Andrea Venturelli a fare il punto sulla situazione del cohousing in Italia. Ad oggi, si tratta di una rete che ha come scopo quello di mettere in relazione tutte le realtà sul territorio. Ci raccontano dei problemi esistenti in Italia, dove le amministrazioni non sembrano ancora essere 'pronte' a rispondere a cittadini che esprimono queste necessità abitative. Questo problema si evidenza anche per un altro aspetto: il progetto di Faenza, che sembra aver trovato una strada per realizzarsi concretamente, ha dovuto 'accettare' uno spazio non edificato, costruendo così su territorio vergine. Anche in questo caso sembra che sia più facile ottenere dall'amministrazione spazi del genere piuttosto che la possibilità di risistemare edifici esistenti: rispetto al problema del consumo del territorio, questo è un nodo fondamentale. Ci raccontano poi come entrambi siano coinvolti in progetti di cohousing diversi, a Bologna e Faenza, e sottolineano l'importanza della relazione con il contesto esterno, tema che ritornerà per tutta la giornata. Rimaniamo colpiti quando Massimo, introducendo una riflessione, dice che la parola 'cohousing' comincia ad essere inadatta per lui: ci fa riflettere sul fatto che ormai è una bandiera che molte aziende stanno utilizzando, con funzione di greenwashing, potremmo dire, proponendo progetti dall'alto che non fanno altro che snaturare l'idea stessa di cohousing. Tocca poi a Mathieu Lietaert (autore di Cohousing e condomini solidali, unico libro in italiano sull'argomento), che ci solleva il morale spiegando che in tutta Europa non ci sono paesi dove il cohousing abbia preso piede tanto velocemente: sembra che, in quanto a nuovi progetti, siamo tra i paesi dove c'è maggior slancio. Col suo linguaggio colorito e spontaneo, un simpatico mix di italiano e francese, fa un quadro storico del cohousing, spiegando come sia nato ed evoluto in tutta Europa. La lista degli aspetti positivi di questa soluzione è lunga e Mathieu attraversa quasi tutti i vantaggi possibili; ma non ci nasconde i rischi, le sfide e le difficoltà di questa scelta, che non è facile per la maggior parte delle persone. Secondo lui infatti l'individualismo sfrenato del dopoguerra ci ha portato a dimenticare quello che chiama il “linguaggio del gruppo”, che non è nient'altro se non la capacità di relazionarsi e capirsi con le altre persone, in un modo che permetta di ascoltare ed accettare le necessità di chi abbiamo intorno. Per questo, sostiene, è spesso fondamentale una figura, quella del facilitatore, che favorisca questo processo e aiuti le persone a costruire (o riscoprire?) questa capacità. L'ultimo intervento della mattinata è di Mauro Serventi, che ci porta la testimonianza di Ecosol, un progetto che ha sede a Fidenza: una quindicina di famiglie che presto andranno a coabitare. Il suo intervento comincia con note tecniche e spiegazioni dettagliate della loro situazione, ma presto emergono tutte le idee ed i progetti che stanno dietro ad Ecosol. Sono numerose le riflessioni ed i pensieri che ci propone e uno dei pensieri più interessanti è forse quello relativo all'accoglienza. All'interno del loro cohousing infatti un appartamento è stato specificatamente pensato per ospitare famiglie in difficoltà: Mauro però vede in questa scelta motivata solo parzialmente dalla carità cristiana. Sostiene infatti come questa accoglienza rappresenti un modo per entrare in contatto con il diverso, con 'l'altro': un contatto che non può che far crescere, poiché introduce una novità nella normale vita delle persone, sconvolgendola ma al tempo stesso arricchendola di nuove esperienze ed incontri. Il tempo vola ed è già ora di pranzo: quello che doveva essere un momento di incontro tra i soli relatori vede in realtà partecipare anche molto del pubblico, per cui la piccola tavolata nel bar vicino l'università accoglie molte più persone di quelle che avrebbe dovuto: siamo quasi in venti intorno al tavolo! I lavori riprendono con tre interventi più 'tecnici'. Inizia Luca Rigoni, architetto di Ecosol, che propone una panoramica del percorso che va dal progetto al prodotto finale, offrendo anche un punto di vista sulle diverse forme di essere 'sostenibili'. È un occhio attento e competente, il suo, che ci permette di spaziare dagli aspetti sociali a quelli ambientali, passando per le soluzioni architettoniche che sono state trovate: ci si accorge presto che spesso si tratta di un unico groviglio di problematiche, a cui diamo nomi diversi, e che possono essere affrontate (e perciò risolte) attraverso diversi approcci. È interessante notare come quelli che sono spesso ritenuti aspetti problematici nei condomini (per esempio un ballatoio comune) diventino punti di forza quando vengono 'ribaltate' le esigenze. Restando su aspetti tecnici, Marta Corubolo (Politecnico di Milano) ci racconta il suo lavoro all'interno dell'Unità di Ricerca per il Design e l'Innovazione per la Sostenibilità. Il gruppo di cui fa parte dà molta importanza all'innovazione sociale, ossia le iniziative e i progetti che emergono spontaneamente all'interno della società. Tra i loro obiettivi principali vi è quello di rispondere alla richiesta di soluzioni e servizi creando qualcosa che metta le persone “in condizione di formare la vita che vogliono vivere”, attraverso la diffusione ed il supporto degli esperimenti più interessanti, e lo sviluppo di metodi e strumenti per favorire la nascita di nuove iniziative. Tocca poi a Marco Deriu (Dipartimento di Studi Politici e Sociali, Università di Parma) spostare il punto di vista, problematizzando l'idea stessa del vivere comunitario. Ci porta infatti l'esempio delle gated communities, ossia soluzioni abitative che alcune aziende propongono per persone che vogliono abitare un luogo 'più sicuro'. Sicuro per chi, però? E a che prezzo? Si tratta di contesti chiusi (spesso da cancellate invalicabili e con servizio di sicurezza all'ingresso), dove ogni necessità è soddisfatta da baby-sitter, giardinieri, portieri, etc., e comunque i prezzi, ovviamente, sono solo alla portata di pochi. Marco sottolinea anche come si tratti di un fenomeno in forte espansione e che negli Stati Uniti esso sta avendo una crescita stupefacente. L'aspetto da sottolineare, secondo lui, è che in realtà queste esperienze e quelle di cohousing, hanno una matrice comune che è bene considerare: ossia il desiderio di 'sfuggire' al faticoso e costante contatto con 'gli altri', creando un ambiente di persone simili. La giornata si avvia al termine, dopo un lauto coffee-break, e vengono presentati due lavori di ricerca rispetto alle comunità di famiglie, considerate come particolari contesti di sviluppo per i figli da un punto di vista psico-sociale. I contributi di Irene Giancaterino e Francesco Neri forniscono in questo senso dati interessanti sulle differenze che caratterizzano coloro che crescono in un contesto familiare allargato: sembra che questa condizione favorisca una visione più aperta e positiva al futuro, una maggior fiducia verso le altre persone e una riduzione delle idee stereotipiche sulla diversità etnica e sui rapporti di genere. L'intervento conclusivo è invece di Annalisa Iorio (Ecole des Haute Etude en Science Sociale, Parigi), che ci offre una lettura antropologica del fenomeno cohousing in Italia e Francia. Il suo lavoro, che si rivolge al percorso di formazione di tre diverse esperienze, non è ancora giunto a termine, ma gli spunti sono molto interessanti. Emerge come gli attivisti dei progetti con cui è in contatto siano estremamente preparati e consapevoli, tanto che spesso il ricercatore tende a fornire le stesse letture ed interpretazioni dei partecipanti. Il cohousing in Francia sta assumendo tante forme e nasce da una tradizione diversa da quella italiana; quello che però accomuna i due contesti è che sempre più le persone vedono la dimensione politica calata in ogni singola scelta della propria vita quotidiana, dal modo di mangiare, comprare, muoversi, relazionarsi e anche (e forse soprattutto) abitare. Le scelte comunitarie, come quelle di cui si è discusso oggi, sembrano rappresentare un modo per rispondere a più di una necessità. Il seminario si conclude con la proiezione del video Vivere in Cohousing, divertente ed appassionante documentario di Mathieu Lietaert sulle esperienze di vita comunitaria nel nord Europa. Nel complesso, un bel momento di scambio di idee ed esperienze, dove è emersa la passione dei partecipanti e la voglia di proseguire lungo un percorso comune: ci si rivede alla prossima riunione della Rete Nazionale Cohousing. Francesco Neri, Rete Nazionale Cohousing

Commenti

Salve Mi chiamo Gianluigi Vezoli, abito a Brescia e sono un architetto ex insegnante. Sto cercando persone interessate a creare e ad abitare in un COHOUSING nell'area bresciana: sul lago di Garda o in Franciacorta . Le persone interessate al progetto mi possono contattare qui: 3406943616 %u2013 0303531207 %u2013 gvezoli@yahoo.it Un grande abbraccio Gianluigi DAL 28 AL 31 LUGLIO (2011) vado a Blera (VT) alla riunione annuale della RIVE, RETE ECOVILLAGGI D'ITALIA dove ci saranno rappresentanti di tutta la nazione. Io parto da Brescia, chi è della mia zona e vuole venire mi contatti,potremo dividere le spese di viaggio.
zio Gian, 24-07-2011 01:24
Buonasera sono entrata in contatto con la realta' del Cohousing da 10 minuti ,grazie ad una mail arrivata : sono entusiasta e affascinata da questo progetto Non trovo indicazioni al proposito vicino roma : potete informarmi ? Grazie
manilla, 26-12-2011 11:26

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