Inquinamento e fertilità: i risultati della ricerca 'PREVIENI'

La ricerca 'PREVIENI' nell'ambito di un progetto del Ministero dell'Ambiente ha rilevato la presenza nell'ambiente di sostanze che mettono a rischio la fertilità in molti prodotti di uso quotidiano. Maggiormente esposte le popolazioni dei grandi centri urbani.

Inquinamento e fertilità: i risultati della ricerca 'PREVIENI'
L'inquinamento ambientale può modificare la fertilità umana e animale. Le sostanze inquinanti alle quali normalmente siamo esposti, oltre agli effetti nocivi sulla salute ormai noti, possono infatti provocare alterazioni nel sistema riproduttivo degli esseri viventi. Queste sostanze sono denominate interferenti endocrini ed è a queste sostanze che si è rivolta la ricerca di PREVIENI (Studio in aree Pilota sui Riflessi ambientali e sanitari di alcuni contaminanti chimici emergenti - interferenti endocrini: ambiente di Vita, Esiti riproduttivi e ripercussioni nell’età evolutiva), i cui risultati sono stati presentati il 25 ottobre 2011 presso l’Aula Magna dell’Università di Roma La Sapienza, nell'ambito del progetto lanciato nel 2008 dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’attuazione della Strategia comunitaria in materia di sostanze che alterano il sistema endocrino [COM(1999) 706], infatti, impegna da anni la Commissione europea e gli Stati membri in una serie di azioni volte, tra l’altro, ad agire politicamente attraverso la revisione della legislazione. Il progetto ha integrato ricercatori nel campo ambientale (Università di Siena), tossicologico (Istituto Superiore di Sanità) e clinico (Un. Sapienza Roma e Ospedale S. Andrea di Roma) ed ha coinvolto il WWF Italia. Cosa sono Gli interferenti endocrini sono sostanze esogene, o miscele, che alterano la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie. Queste particolari sostanze sono presenti nell’ambiente, negli alimenti e negli oggetti della vita quotidiana, e possono alterare l’equilibrio dei sistemi ormonali sia nelle specie animali che nell’uomo, mettendo a rischio funzioni cruciali della vita, come lo sviluppo e la fertilità. Diversi interferenti endocrini, come le diossine, sono da tempo attentamente sorvegliati. Tuttavia, è stata riscontrata la presenza di una grande varietà di altri interferenti endocrini nei prodotti di uso quotidiano, in grado di contaminare l’ambiente e le catene alimentari. Esempi sono i perfluorati (PFOS e PFOA: sono usati in una larga varietà di prodotti di consumo come isolanti, tappezzerie, tappeti, detersivi insetticidi, presìdi odontotecnici, tessuti tecnici, rivestimenti impermeabili ad olio e grassi per carta ad uso alimentare, antiaderenti delle padelle, schiume antincendio, vernici per pavimenti ed insetticidi, ed hanno la capacità di accumularsi nei tessuti degli organismi, uomo incluso) nonché gli ftalati (DEHP: sostanze utilizzate per rendere flessibili le plastiche a base di PVC utilizzate nella produzione dei materiali di imballaggio, nei giocattoli per l’infanzia e nei dispositivi medici quali i tubi e le sacche per trasfusione. Rappresentano quindi contaminanti ad elevato impatto sulla salute umana, anche in fasce di popolazione a rischio come l’infanzia e gli adulti sottoposti a trattamenti terapeutici continuativi) ed il bisfenolo A nelle plastiche (è un composto organico utilizzato principalmente per la produzione di plastiche e dei suoi derivati). Il bisfenolo A è usato per un gran numero di prodotti per bambini, bottiglie, attrezzature sportive, dispositivi medici ed odontoiatrici, lenti per gli occhiali, elettrodomestici, supporti ottici, caschi di protezione, otturazioni dentarie. Le resine epossidiche che contengono Bisfenolo A sono, invece, utilizzate come rivestimento interno nella maggior parte delle lattine per alimenti e bevande. Come agiscono Un disregolatore endocrino può agire in molti modi: può mimare, bloccare o scatenare una risposta cellulare, interferendo con la funzione di numerosi recettori ormonali. Questo può causare una risposta errata in termini di quantità, qualità e tempistica, come spiega la Professoressa Donatella Caserta, del Dipartimento Salute della Donna e Medicina Territoriale – Università Sapienza di Roma – Ospedale Sant’Andrea: “Durante la gravidanza l’attività ormonale programma lo sviluppo di organi e tessuti del feto che non è ancora dotato di un adeguato meccanismo di detossificazione dei composti che possono essere trasmessi dalla madre attraverso la placenta. L’effetto finale di questa disregolazione endocrina può provocare uno sviluppo inadeguato e causare un’alterazione che si manifesterà più avanti nel corso della vita del nascituro sul sistema riproduttivo, neuro-endocrino e immunitario”. La ricerca Per la ricerca sono state prese in considerazione coppie sterili e fertili e coppie madre-bambino appartenenti a tre aree geografiche diverse: una grande città, quale Roma, un centro urbano a misura d’uomo, quale Ferrara e un territorio prevalentemente agricolo come il basso Lazio. Lo studio ha messo in evidenza che a Roma si riscontra la più elevata concentrazione di bisfenolo A (BPA) e di MEHP ed è non solo il centro con la più alta concentrazione di interferenti endocrini, ma anche l’area con il maggiore tasso di alterazione nell’espressione dei recettori ormonali coinvolti nella regolazione del sistema riproduttivo. Inoltre, dall’elaborazione dei dati relativi alle coppie madre-bambino sono stati riscontrati livelli significativi di interferenti endocrini non persistenti, come il MEHP e il BPA nel sangue del cordone ombelicale dei neonati. Diversi invece i risultati nelle Oasi messe a disposizione del WWF – la Riserva Naturale Regionale Sorgenti del Pescara e l’Oasi di Protezione della fauna Diga di Alanno. Qui i contaminanti oggetti dello studio: “Non hanno avuto impatto sul sistema riproduttivo delle specie analizzate e quindi in sostanza è stata riscontrata un’ottima conservazione dell’ambiente naturale che non mette a rischio la biodiversità nel suo complesso, uomo compreso”, secondo il Professor Silvano Focardi del Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università degli Studi di Siena. Dallo studio si evince dunque che la popolazione del grande centro urbano è quella maggiormente esposta: in particolare nel grande centro urbano, le persone affette da infertilità e/o da specifiche patologie riproduttive (endometriosi) presentano livelli più alti di inquinanti (bisfenolo A, DEHP, PFOS); inoltre, questi soggetti presentano alterazioni cellulari e quindi dell'equilibrio ormonale, mentre il confronto fra due oasi del WWF in Abruzzo, rispettivamente a monte e a valle di un sito inquinato, mostra che una ferma ed oculata gestione dell’ambiente riesce a contenere i danni derivanti dall’inquinamento chimico. Che cosa fare La parola d'ordine è: ambiente è salute. I risultati di PREVIENI verranno utilizzati per valutare e individuare diverse iniziative di prevenzione. Tra queste la sorveglianza e la tutela della qualità ambientale, come misura per proteggere la biodiversità e la qualità della vita; la regolamentazione degli interferenti endocrini a cui risultano maggiormente esposti l’uomo, l’ambiente e le specie animali; la sostituzione degli interferenti endocrini presenti nei prodotti di uso quotidiano con altre sostanze più sicure, secondo il principio stabilito dal regolamento europeo REACH sulle sostanze chimiche; l'aggiornamento dei controlli sulle filiere alimentari “dal campo alla tavola”; e naturalmente, l'informazione al cittadino sugli stili di vita che proteggono sé stessi, i propri figli e l’ambiente. Secondo la Professoressa Caserta infatti: “L’adozione di misure di prevenzione e di cautela nei comportamenti, nell’esposizione e nell’alimentazione può ridurre il rischio e proteggere non solo la fertilità ma anche lo sviluppo e la salute dell’individuo”.

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