L'Italia che mangia le coste, intatto solo il 30 per cento.

Un dossier del Wwf mette in luce una triste realtà: negli anni abbiamo consumato circa il 70 per cento delle nostre coste, compromettendone seriamente più della metà, per far spazio a strade, edifici, porti, industrie. La maggior ricchezza dell'Italia è stata sacrificata sull'altare della crescita, alla ricerca di un benessere che il nostro territorio offriva già.

L'Italia che mangia le coste, intatto solo il 30 per cento.
Uno stivale consumato. Quel profilo così nobile e caratteristico, che rende l'Italia distinguibile a prima vista persino dallo spazio o sulle cartine geografiche, fatto di quasi 8mila chilometri di litorale, sta scomparendo, eroso dalla presenza invasiva dell'uomo. È quanto afferma il dossier Wwf Salviamo il profilo fragile dell'Italia, secondo il quale solo il 30 per cento delle nostre coste rimangono oggi allo stato naturale. Il resto? Colonizzato – spesso deturpato – dai quasi 30 milioni di persone che vivono nelle vicinanze del mare, con una densità quasi doppia rispetto all'entroterra, 380 abitanti per kmq contro 200. Industrie, porti, strade, alberghi e villaggi hanno invaso oltre il 50 per cento delle coste, fatto sparire quasi l'80 per cento delle dune, eroso il 42 per cento dei litorali sabbiosi. L'erosione costiera, l'inquinamento hanno fatto il resto. Per questo il Wwf ha lanciato il 29 aprile la nuova campagna “Un mare di oasi per te”. Dopo che lo scorso anno erano stati così salvati due boschi, nelle prossime tre settimane l'organizzazione ambientalista si affiderà al buon cuore degli italiani per proteggere dall'impatto umano tre preziose aree costiere in Sardegna, Puglia e Veneto, dando vita alla nuova oasi di Scivu ad Arbus, bonificando la spiaggia della riserva naturale Le Cesine in Salento, riforestando e riqualificando le zone umide della golena di Panarella sul delta del Po. “I pochi chilometri di coste italiane che sono sopravvissuti alla mano dell’uomo – ha affermato Fulco Pratesi, presidente onorario del WWF Italia - conservano fragili ecosistemi di dune, spiagge, delta fluviali e boschi costieri popolati da migliaia di specie animali e vegetali, come fenicotteri, fratini, volpi, anfibi e tartarughe marine. Ma senza una quotidiana azione di tutela questi preziosi ritagli di natura rischiano di soccombere a un utilizzo sempre più sconsiderato del territorio e del mare. Per questo, memori della grande mobilitazione che l’anno scorso ci ha consentito di salvare due nuovi boschi, ci appelliamo alla generosità degli italiani e al loro amore per il mare e la natura, per coinvolgerli in un nuovo ambizioso progetto di tutela che con l’aiuto di tutti potrà dare nuova vita a tre bellissime aree tra terra e mare, vitali, protette e aperte alla fruizione di tutti”. Iniziative del genere sono importantissime perché riescono a mobilitare migliaia di cittadini e a sensibilizzarne altrettanti sui temi della protezione del territorio. Ma la tutela dello splendido suolo italiano non dovrebbe essere certo prerogativa delle associazioni ambientaliste. Lo stato in prima persona dovrebbe occuparsi della protezione di quella che è senz'ombra di dubbio la maggior ricchezza della nostra nazione. Ma il sole, il cielo terso e quel genere di piacevolezza che che può darti un paesaggio verdeggiante hanno un enorme difetto: sono gratis. E in un sistema che ha come unico indice di benessere un indice monetario, non valgono niente. Senza contare che un luogo accogliente e ospitale diminuisce notevolmente i bisogni di chi ci vive, e di conseguenza, altro difetto, i loro consumi. Ciò comporta che i luoghi dove si vive meglio, quelli che altre civiltà in passato elessero a culla delle più fiorenti culture, siano oggi considerati periferia della civiltà. Aver scelto di gareggiare sul terreno della competitività economica e della crescita infinita, per paesi che offrono già ai loro abitanti tutto ciò di cui hanno bisogno, è stato perlomeno azzardato. È come se un campione di scacchi avesse deciso di salire sul ring per sfidare un peso massimo di pugilato. Non è il suo campo, non ha possibilità. Così, alla ricerca della crescita, dello sviluppo, della ripresa, del pareggio di bilancio, del pagamento del debito o di qualsiasi altro obiettivo puramente economico dettato dai tempi e dalle situazioni, calpestiamo e distruggiamo giorno dopo giorno la nostra ricchezza più grande. Ci costruiamo sopra, la cementifichiamo, la svendiamo. Forse un giorno, quando ogni centimetro di costa sarà stato definitivamente consumato, smetteremo finalmente di trovar conforto in un bel paesaggio, in un tuffo in mare o in uno scorcio mozzafiato. E diventeremo finalmente competitivi.

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