L’Italia e il Protocollo di Kyoto: vietato dire la verità?

Il Cambiamento ha fornito di recente dati precisi, una visione puntuale e rigorosa sulla situazione del nostro Paese nei riguardi del Protocollo di Kyoto. Oggi torniamo sull’argomento per denunciare come nella stampa italiana continuino ad essere divulgati dati che, seppur corretti, vengono posti in contesti sbagliati generando confusione nel lettore e, ancor peggio, fornendo rassicurazione su un tema che prima o poi ci riguarderà tutti: le conseguenze del ritardo dell’Italia nel raggiungimento degli obiettivi assunti nell’ambito del protocollo di Kyoto.

L’Italia e il Protocollo di Kyoto: vietato dire la verità?

Il Cambiamento ha fornito di recente dati precisi, una visione puntuale e rigorosa sulla situazione del nostro Paese nei riguardi del Protocollo di Kyoto. Oggi torniamo sull’argomento per denunciare come nella stampa italiana  continuino ad essere divulgati dati che, seppur corretti, vengono posti in contesti sbagliati generando confusione nel lettore e, ancor peggio, fornendo rassicurazione su un tema che prima o poi ci riguarderà tutti: le conseguenze del ritardo dell’Italia nel raggiungimento degli obiettivi assunti nell’ambito del protocollo di Kyoto.

Punto primo:  per valutare lo stato dell’arte degli obiettivi raggiunti dal nostro Paese nell’ambito di trattati internazionali esistono formali istituzioni che hanno il preciso compito di monitorare e verificare la rispondenza tra gli impegni assunti e i risultati raggiunti. Nel caso del protocollo di Kyoto, abbiamo il segretariato della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC) e, a livello europeo, la Commissione europea che ha il compito di verificare che ogni Stato membro sia in linea con i propri obiettivi ed eventualmente sollecitare azioni di stimolo per ripianare situazioni a rischio.
Punto secondo:  la pubblicazione nell’ottobre 2013 del Rapporto “Trends and projections in Europe 2013 - Tracking progress towards Europe's climate and energy targets until 2020” da parte dell’EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente), e sintetizzato nell’articolo pubblicato a gennaio su “Il Cambiamento” può rappresentarsi come uno “stimolo” per il nostro Paese a ripianare una situazione di deficit certificata al momento dalle istituzioni europee.
Ma cosa è accaduto in Italia a seguito della pubblicazione del Rapporto EEA? Si è aperto un dibattito all’interno dei ministeri responsabili del raggiungimento dell’obiettivo di Kyoto da parte dell’Italia? Si è aperta una discussione tra i think-tank nazionali che seguono questo tema al fine di suggerire all’Italia eventuali strategie da affrontare? Oppure ci si è indignati per i dati riportati dalle istituzioni europee, se si ritiene che essi siano palesemente sbagliati? Nulla di tutto questo. Non sembra che alcuna testata giornalistica a livello nazionale abbia riportato i dati pubblicati nel Rapporto EEA. Invece, in data 13 febbraio 2014 è uscito su La Repubblica (versione on-line) un articolo che, in linea con quelli pubblicati in passato dalla stessa testata,  proclama: “Gas serra, l'Italia centra l'obiettivo del protocollo di Kyoto. Il nostro paese ha ridotto le emissioni del 25% tra il 2005 e il 2013, centrando gli impegni dell'accordo siglato in Giappone e andando oltre i target al 2020 previsti dal pacchetto clima-energia dell'Unione europea”.  Queste tre righe contengono una serie di errori, che vengono di seguito analizzati.
Innanzitutto, l’affermazione “Gas serra, l'Italia centra l'obiettivo del protocollo di Kyoto” viene legata all’analisi delle emissioni di gas serra tra il 2005 e il 2013. Ma il protocollo di Kyoto ha come orizzonte temporale il quinquennio 2008-2012 e il raggiungimento degli obiettivi assunti (-6,5% delle emissioni rispetto al 1990) lo si deve commisurare a quel periodo e non ad anni successivi al 2012. Aver “ridotto le emissioni del 25% tra il 2005 e il 2013” rappresenta certamente una buona notizia, ma non e’ affatto collegata con il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.Tutto il periodo post-2012 (post-Kyoto quindi) è riferibile, almeno per quanto riguarda l’Unione europea, al pacchetto “Clima ed Energia”, cioè alle politiche e misure che l’Ue ha adottato unilateralmente fino al 2020. Almeno fino a che non sapremo cosa si deciderà alla Conferenza sul Clima che si svolgerà nel 2015 a Parigi ove si auspica il raggiungimento di un accordo globale che sarà quello che idealmente si potrà definire il prosieguo del protocollo di Kyoto. Affermando che si è andati  “.. oltre i target al 2020 previsti dal pacchetto clima-energia dell'Unione europea”, si lascia intendere che l’Italia ha già raggiunto i propri obiettivi del 2020 con sette anni di anticipo. Stiamo parlando del pacchetto “Clima-Energia” al 2020; il protocollo di Kyoto non ha nulla a che vedere con i target al 2020. Prendiamo come buon augurio questa ultima considerazione ma ricordiamoci sempre: se gli obiettivi prefissati vengono raggiunti troppo facilmente e troppo in fretta significa che chi li ha definiti ed assunti non si rendeva minimamente conto delle potenzialità del nostro Paese.
Per concludere,  qual e’ il rapporto esistente tra questi dati come descritti  nell’articolo su la Repubblica e quelli forniti dalle fonti ufficiali? E, soprattutto,  a chi giova non dire la verità sulla situazione dell’Italia nei riguardi del protocollo di Kyoto?

 

 

Commenti

A chi giova? Ma ad Enel ed Eni, 2 potentissime lobbies nostrane. Le fornitrici di energia, quella che gli conviene di più, non quella che conviene di più al Paese.
carlo carlucci, 18-02-2014 12:18

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