Libia, ancora attacchi e l'Italia è in prima linea

Nuova offensiva Nato in Libia, nella notte appena trascorsa. L'Italia, a dispetto delle scarse notizie che circolano, appare sempre più coinvolta nelle operazioni militari. Intanto dal G8 le potenze mondiali fanno sapere che appoggiano la "Primavera araba": un sostegno che suona quasi come un avvertimento.

Libia, ancora attacchi e l'Italia è in prima linea
Un'altra notte di bombardamenti nei cieli di Tripoli. Le forze Nato, per la quarta notte consecutiva, hanno portato pesanti attacchi aerei sulla capitale libica sempre più sconquassata dalle esplosioni. Al mattino, riporta la Reuters, una colonna di fumo si alzava dal bunker di Gheddafi. A nulla è valso il cessate il fuoco proposto ieri dal leader libico, che Obama ha definito non credibile. Una notte di fuoco, dicevamo. Lo avevano annunciato giorni fa Barack Obama e David Cameron da Londra che l'intenzione era quella di aumentare l'intensità degli attacchi, e così è stato. Nella giornata di ieri il premier libico Al-Baghdadi al Mahmoudi aveva inviato a vari leader stranieri la proposta di un cessate il fuoco immediato sotto il controllo dell'Onu e dell'Unione africana. Proposta che aveva trovato risposta positiva da parte dell'Ua. I leader occidentali invece, passeggiando a braccetto al G8 di Deauville, sulle coste della Normandia, hanno deciso che la richiesta non è accettabile e che è bene andare fino in fondo. In particolare Stati Uniti e Francia si sono mostrati decisi a portare a termine la missione; in un colloquio bilaterale ai margini del G8 Obama e Sarkozy hanno pianificato le strategie comuni. Notizie più scarse invece sul ruolo dell'Italia nelle operazioni militari. Ma ciò, a detta di fonti vicine agli ambienti Nato sentite dal Sole 24 Ore, non per via di un minor coinvolgimento bellico ma per una sorta di strategia di 'aiuto silenzioso'. Pare infatti che i jet italiani siano da oltre un mese in prima linea nel fronteggiare Gheddafi, e che abbiano finora scagliato sul suolo libico più di 200 bombe e missili. Il motivo di tale riserbo non è dato saperlo. Probabilmente ha a che fare con quel “Trattato Italia-Libia di amicizia, partenariato e cooperazione” siglato da Berlusconi e Gheddafi poco più di due anni fa. Tempi diversi, quando Gheddafi era ancora un amico dell'Italia. Talmente amico che aveva instaurato col nostro premier un rapporto da 40 miliardi di euro in due anni. Ma il tempo passa, si sa, e le persone cambiano. E così nel giro di pochi mesi il leader libico si è trasformato in un sanguinario dittatore, nemico della democrazia. È bastato che altri stati provassero a mettere le mani, con la forza, sulla torta libica (una torta con ingredienti di prima scelta: petrolio, gas, acqua), perché anche l'Italia si accodasse per paura di rimanerne esclusa. In silenzio però, per non infrangere – o almeno non troppo – i vecchi vincoli. Così la guerra continua, e stando alle ultime dichiarazioni continuerà finché non sarà caduto Gheddafi e sconfitto il suo esercito, e la Libia sarà finalmente una terra in cui i vincitori potranno, liberamente e democraticamente, spartirsi le risorse – ah no, giusto, si chiama 'apertura al mercato'!. Ma dal G8 le potenze occidentali - che di democrazia, si sa, non sono mai sazie - fanno sapere anche che impegneranno 20 miliardi di dollari per sostenere la primavera araba. Si legge nel comunicato stilato a fine del summit che le recenti rivolte africane “hanno portata storica e hanno il potenziale per aprire la strada a una sorta di trasformazione simile a quella avvenuta nell'Europa centrale e dell'Est dopo la caduta del muro di Berlino". Più che un auspicio sembra una dichiarazione d'intenti. Un nuovo mercato si spalanca davanti ai loro occhi sognanti, le popolazioni arabe sono avvertite.

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