Madrid: in 900mila dicono no alla privatizzazione della sanità

Non si fermano a Madrid le mobilitazioni in difesa della sanità pubblica: oltre agli scioperi e ai cortei organizzati contro i tagli e la privatizzazione di sei ospedali e 27 centri sanitari della regione, i madrileñi hanno messo in campo un referendum autogestito, che ha raccolto l'adesione di oltre 900mila persone.

Madrid: in 900mila dicono no alla privatizzazione della sanità
“È a favore di una sanità a gestione pubblica, di qualità e universale, e contro la sua privatizzazione e le leggi che la consentono?”. Questa la domanda al centro del referendum autogestito organizzato nei giorni scorsi nella Comunità autonoma di Madrid da una coalizione di sindacati, professionisti del settore e movimenti sociali. 103 i municipi coinvolti, 935.794 i partecipanti, di cui 929.903 contrari alla privatizzazione della sanità. Un'iniziativa coincisa con il secondo anniversario del movimento 15M, ma nata nel quadro delle mobilitazioni che da associazioni del personale sanitario, sindacati, collettivi e singoli cittadini portano avanti per reagire al disegno di privatizzazione della sanità locale. Come accaduto in Italia durante il dibattito sulla privatizzazione dell'acqua, l'amministrazione regionale, guidata dal Partito popolare, ritiene che i problemi della sanità pubblica e la necessità di tagliare i costi, in linea con le politiche di austerity, si possano superare con il ricorso al mercato. Da una parte c'è quindi l'associazione – fin troppo automatica – tra privato ed efficienza, dall'altra la tendenza a giustificare politiche impopolari con il richiamo allo stato d'eccezione dettato dalla crisi. In realtà, secondo il Coordinamento cittadino contro la privatizzazione della sanità pubblica di Madrid, da oltre dieci anni sarebbe in atto una precisa volontà politica di delegittimare la gestione pubblica della sanità, e giustificare così il ricorso alle esternalizzazioni. La base giuridica per trasformare in business la sanità l'ha fornita, infatti, una legge nazionale del 1997, ripresa dalla Comunità di Madrid nel dicembre 2001. Negli anni successivi, il governo di Madrid ha agito lungo un doppio binario: da una parte, una politica di tagli alle risorse e al personale - circa 700 pre-pensionamenti fozati, oltre 1.300 contratti a tempo determinato non rinnovati, circa 300 operai che saranno licenziati con la privatizzazione dei servizi di pulizia dei centri sanitari - che, deteriorando la qualità del sistema pubblico, ha preparato la strada al rinvio alla sanità privata di una serie di servizi; dall'altra, leggi che hanno disposto l'affidamento, con concessioni decennali, di una serie di ospedali a imprese private a scopo di lucro e la conversione di alcune strutture sanitarie pubbliche in società di diritto privato. Infine, nel 2012, la legge di bilancio regionale per il 2013 ha impresso un'ulteriore spinta all'esternalizzazione del servizio sanitario, prevedendo la privatizzazione di sei grandi ospedali della regione e di 27 centri sanitari, insieme a pesanti tagli e all'imposizione di un ticket di un euro per ogni ricetta. A pagare le spese di queste scelte saranno, secondo l'Associazione dei medici e degli specialisti di Madrid, tanto i pazienti e il personale sanitario, quanto le casse dello Stato. Oltre a mettere a rischio la salute di coloro che non possono permettersi le cure, il modello delle concessioni aprirebbe a una gestione tutta orientata sul costo delle prestazioni, con priorità per gli interventi da cui si ricava maggior profitto. Inoltre, l'affidamento al mercato aumenterebbe la precarietà del lavoro e ridurrebbe la trasparenza, dato che non sono previsti organismi di controllo indipendenti che certifichino l'operato dei privati in una materia così delicata. Il tutto senza alcuna prova che la privatizzazione conduca a una maggiore efficienza in ambito sanitario e, denunciano sindacati e professionisti del settore, con un aggravio dei costi a carico del governo locale “di oltre 136 milioni di euro”. Le associazioni hanno chiesto al Governo di bloccare il processo di privatizzazione e si sono offerte di collaborare alla formulazione di un nuovo modello di gestione che sia più efficiente, senza rinunciare alla natura pubblica del servizio. Parallelamente le piazze si sono riempite di iniziative, dai cortei dei cittadini - al grido di "Non siamo clienti, siamo pazienti" - agli scioperi dei medici, dalla veglia davanti al museo Reina Sofía al referendum autogestito contro la privatizzazione. Altri scioperi sono in programma per il 22 e il 29 maggio e il 4 giugno. Nonostante la grande partecipazione, il ministro della Sanità della comunità Javier Fernández-Lasquetty, ha liquidato le proteste come opera di una minoranza radicale dei medici e il referendum autogestito come una parodia della democrazia, oltre a definire assurdo il ricorso presentato da 50 senatori socialisti contro il progetto di privatizzazione. Ricorso che, invece, è stato accolto dalla Corte Costituzionale: per i giudici l'assistenza sanitaria in outsourcing viola diversi principi costituzionali, esponendo i madrileñi che risiedono nei territori con ospedali privatizzati al rischio di essere accuditi a seconda del costo dei loro trattamenti.

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