«Manfredonia, la catastrofe continuata»: il docu-film sostenuto da un'intera comunità

È l'ultimo film-documentario di Massimiliano Mazzotta, regista impegnato sulle tematiche ambientali già autore di altre opere di denuncia. Si intitola "Manfredonia, la catastrofe continuata»,la proiezione in anteprima nazionale si è tenuta qualche giorno fa; è uno spaccato di vita vissuta da un territorio e dalla sua popolazione dopo la costruzione del Centro Petrolchimico realizzato in quella che era la lussureggiante Piana di Macchia, ad appena un chilometro da Manfredonia.

«Manfredonia, la catastrofe continuata»: il docu-film sostenuto da un'intera comunità

La storia inizia il 20 ottobre 1967 quando i sipontini appresero dalla stampa nazionale la notizia che in quel sito il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) aveva autorizzato l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) a costruire l’impianto petrolchimico ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili). «Decisione, presa senza, peraltro, coinvolgere le istituzioni e la comunità locale - come spiega Matteo Di Sabato su Manfredonia News - Nel 1971 entrarono in funzione i primi impianti. Attività del tutto sconosciuta, ai più, in particolare a quei politici che avevano brigato tanto per ottenere la fabbrica. Agli amministratori locali e agli stessi ignari ‘fortunati’ lavoratori, che avevano ottenuto il privilegio di essere assunti. Ben presto, però, ci si è accorti dei gravi danni che avrebbe procurato al territorio e in particolare alla salute pubblica quel tipo di industria, ubicata in prossimità di una città di 60mila abitanti. Un po’ troppo tardi, invero, nonostante gli appelli delle Associazioni ambientaliste e, in particolare dell’ing. Pignataro il quale, diede soluzioni alternative alla sua ubicazione, senza essere ascoltato. Le prime avvisaglie si ebbero il 15 luglio 1972 quando si verificò il primo incidente e poi tanti altri, fino al 17 maggio 1984, con l’incendio nel magazzino insacco del caprolattame. Il più devastante, però, fu lo scoppio della parte terminale della colonna di assorbimento di anidride carbonica per la produzione di anidride arseniosa, che provocò la dispersione nell’aria e sul suolo circostante di circa 32 tonnellate di arsenico. Fin qui la dolorosa rievocazione storica del maledetto ventennio di attività del petrolchimico e l’ineluttabile destino che ha segnato per sempre l’intero territorio e i suoi abitanti che, a distanza di oltre quarannt’anni, continua a provocare morte e malattie incurabili, senza, peraltro, essere riusciti a porre fine o, almeno, ad arginare il fenomeno dell’inquinamento del suolo e del mare, visto che ancora oggi si continua a scaricare in mare reflui di dubbia natura. E’ l’importante risultato emerso da uno studio che un’apposita Commissione scientifica, sulla spinta della “Ricerca Partecipata” e con il contributo della società civile, ha prodotto, a conclusione di accurate ricerche dalle quali è stato accertato che le condizioni di salute della popolazione di Manfredonia sono in continuo peggioramento e che l’arsenico e altri agenti tossici sono entrati nella catena agroalimentare, continuando a produrre conseguenze nocive sullo stato di salute della popolazione. Da qui la necessità di massicci interventi mirati, per quei siti ancora inquinati, in particolare delle falde acquifere e del mare e che avvenga in tempi brevi, ma con il controllo delle istituzioni e della cittadinanza, con il superamento dei limiti e del modo inadeguato con cui la bonifica è stata effettuata. Che sia completa, totale e assoluta, con il superamento dei limiti e le inadeguatezze degli interventi posti in essere da chi, oggi è deputato a tale incarico (ENI SYNDIAL) che, nonostante l’impiego di centinaia di milioni di euro, denaro dei cittadini, del cui uso non vi è alcun riscontro e rendiconto pubblico, il problema non è stato ancora risolto. Per cui non bisogna frapporre alcun indugio perché la catastrofe è continuata e la salute dei cittadini è in netto peggioramento. “Se non incominciamo a lottare perché siano fatte le azioni necessarie non potremo più lamentarci di Manfredonia come città ferita perché tra poco sarà una città perduta!”».

La catastrofe continuata: cronologia
15 luglio 1972: lo stabilimento è invaso da una alluvione: non vengono date informazioni su eventuali fuoriuscite di sostanze chimiche.
26 settembre 1976: fuga di arsenico che contamina la città.
3 agosto 1978: una nube di ammoniaca si diffonde sull’abitato.
22 settembre 1978: violento incendio nell’impianto per la produzione di fertilizzanti.
15 maggio 1984: un incendio distrugge completamente il magazzino di caprolattame.
11 luglio 1986: fuoriuscita di gas nitrosi dall’impianto caprolattame e formazione di una densa nube gialla sulla città.
16 giugno 1987: il Pretore di Otranto Ennio Cillo dispone il sequestro dello scarico dei reflui della lavorazione del caprolattame.
2 marzo 1988: il Pretore di Monte S. Angelo ordina il sequestro di 30 ettari di terreno contiguo allo stabilimento per smaltimento di rifiuti non autorizzato ed inquinamento della falda.
18 luglio 1988: fuoriuscita di acido solforico da un serbatoio di stoccaggio dello stabilimento
16 settembre 1988: il Presidente del Consiglio dei Ministri De Mita individua in Manfredonia la sede di stoccaggio dei rifiuti tossici e nocivi trasportati dalla nave Deep Sea Carrier.
15 ottobre 1988: il Pretore di Manfredonia sequestra 4 navi cariche di 50.000 tonnellate di sali sodici per stoccaggio non autorizzato.
15 novembre 1988: l’Enichem per l’impossibilità a smaltire i sali sodici, ferma l’impianto di produzione del caprolattame e sospende 270 lavoratori.
11 gennaio 1989: il Pretore di Monte S. Angelo sequestra l’impianto di incenerimento in costruzione nello stabilimento e le discariche in isola 12 in cui sono state smaltite 30.000 tonnellate di code benzoiche.
8 marzo 1990: durante le operazioni di trasferimento di ammoniaca dallo stabilimento alla nave cisterna HAVPIL si libera una nube di ammoniaca che investe l’abitato di Manfredonia.

La catastrofe si rivela oggi ancora viva, con il suo impatto sociale, antropologico, culturale, non solo ambientale o sanitario. Con una aggravante: la negazione e la rimozione collettiva nazionale della catastrofe subita da Manfredonia, nonostante l’Italia sia stata condannata all’unanimità dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo nel 1998 a seguito della denuncia delle donne di Manfredonia (Caso Guerra e altre contro l’Italia, 116/1996/35/932) per violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea sul diritto di informazione.
Gli autori ringraziano i produttori, Epidemiologia e Prevenzione (società no profit proprietaria dell’omonima rivista, organo ufficiale dell’Associazione Italiana di Epidemiologia) e Medicina Democratica (associazione ONLUS da anni attiva nella lotta alla nocività in fabbrica e nell’ambiente), e i singoli che hanno contribuito con le loro donazioni alla realizzazione dell’opera. 


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