L'architetto della vita, una voce fuori campo

"In effetti sono un architetto e mi occupo più di case che di bambini ma la gioia e il senso di appartenenza che provo nello stare con loro dà pienezza al desiderio di dedicarmi alla cura e alla diffusione di un senso comune riguardante gli avvenimenti legati alla nascita".

L'architetto della vita, una voce fuori campo
La proposta di curare una rubrica sulla nascita e più in generale sul periodo primale[1], è arrivata da una persona a me particolarmente cara che mi conosce bene e che ha pensato anche al nome: 'L'architetto della vita'. In effetti sono un architetto e mi occupo più di case che di bambini ma la gioia e il senso di appartenenza che provo nello stare con loro, dà pienezza al desiderio di dedicarmi alla cura e alla diffusione di un senso comune riguardante gli avvenimenti legati alla nascita. Naturalmente 'l'architetto della vita' non sono io ma chiunque sappia costruire un pezzetto di nuova società basata su una nascita rispettosa e naturale. Con la rubrica vorremmo dare sostegno e supporto alle madri, ai padri e ai loro bambini, ma anche a tutti coloro che non per forza si trovano tra gli 'addetti ai lavori'. È la società intera che rinasce ad ogni nascita e tutti sono chiamati a farne parte. Il modo in cui le persone partecipano all'evento è fondamentale perché segna non solo la vita di un essere umano, ma quella dell'intera umanità. Il nome della rubrica vuole anche dire in modo semplice quello che sarà, ovvero, una voce fuori campo che si propone di osservare, studiare ed esperire l'universo nascita, proponendo un miglioramento della vita a partire dal suo inizio. In ogni cosa è meglio partire col piede giusto e la nascita rappresenta il capo del filo con cui ciascuno tesse la trama della sua vita. Spesso il filo è attorcigliato e per riordinare il gomitolo affinché tutto scorra liscio è necessario ritrovare il capo e ripartire da lì. Sembra che il ritorno alla nascita sia un passo necessario per sciogliere i nodi. Mi chiedo se il bisogno di maternità e paternità che si sente ad una certa età, segni anche il momento in cui si è pronti a ripercorrere l'esperienza della propria nascita. Questo sentire giunge in un momento particolare della nostra vita in cui si entra in uno stato di rivisitazione del passato, si cerca di tirare le somme del vivere trascorso e si perdono, in un certo senso, gli ormeggi. La barca si muove verso l'ignoto che, a quel punto, può essere vissuto con tranquillità e fiducia o smarrimento. Sta di fatto che questo momento segna un tempo divenuto maturo per rimettere in discussione la propria esistenza, per abbandonare i comportamenti ormai divenuti rigidi e i blocchi che ostacolano il percorso. Ci si accorge di schemi comportamentali che diventano la quotidiana messa in scena della parte che ci è stata affidata al tempo dell'imprinting e che gravano come un fardello sulla nostra esistenza, frenando il volo di libertà che desideriamo spiccare da esseri liberi. Ripercorrendo la propria nascita, ci si presenta l'occasione di abbandonare il fardello lungo il cammino e metterci sulle spalle un fagotto colmo dell'immensità di una vita, piccola ma grandiosa, il cui bisogno primario è di essere accolta totalmente. È assumendoci la responsabilità verso noi stessi, verso il nostro bambino interiore che possiamo riconoscere i suoi veri bisogni, esprimerli e soddisfarli, in modo poi da essere pronti ad assumerci la responsabilità di accompagnare un'altra esistenza in cerca della sua libertà. Ciascuna nascita porta con sé la rinascita dei genitori che rivivono il loro vissuto e lo trasformano. È un percorso di crescita fortissimo che ha in sé il potere di riscegliere nuovamente la vita dentro la stessa che si sta vivendo. Scegliendo la nascita con amore e rispetto verso chi verrà alla luce, il miracolo della condivisione dell'esperienza accade e ci si dona in maniera totale e altruistica all'altro, pronti ad affrontare la grande avventura di essere genitori. [1] Per 'periodo primale' si intende un periodo sensibile in cui avviene l'imprinting, ovvero il riconoscimento tra il piccolo e la figura materna, e va dal concepimento al primo anno di vita.

Commenti

Vuoi dire che il desiderio di maternita' e' un desiderio di rinascita? Cosa provano gli uomini a non avere figli? A volte sento che la mia vita e' sprecata se non avro' un figlio e anche se sono brava a rinascere o ad ascoltare il mio bambino interiore mi terrorizza il pensiero di non essere mamma. Sono sicura che ci siano molte cose nella vita per cui essere grati e felici e non mancano mai bambini di cui potersi prendere cura. Ora faccio la tata e mi sento molto felice di questa scelta. ho anche lavorato in un asilo nido come volontaria. I bambini mi hanno dato un amore incondizionato che ha aperto nuove strade nella mia vita. Mi sento molto piccola di fronte alla forza della vita e spero di accettare le occasioni che avro' per dare quello che ho ricevuto.
Francesca, 17-09-2010 10:17
Buongiorno Francesca, mi scuso per il ritardo nel risponderti ma sono tornata oggi da un bellissimo seminario sulla nascita e non ho potuto rispondere prima alle mail. Ti sto scrivendo portando in fascia Irene di 5 mesi che si è addormentata. Anche io come te non ho figli. Ma sto vivendo Irene tra le mie braccia con lo stesso amore che avrei se fosse "mia". Ho sempre creduto che la distinzione tra figli nostri e non, sia spesso una giustificazione per non prendersi le proprie responsabilità come esseri umani appartenenti ad una grande comunità di cui è necessario prendersi cura tutti. Se ci avessero insegnato o meglio cresciuto, dando valore a ciò che ci portiamo dentro e al senso di appartenenza reciproco, ci risulterebbe meno complicato vivere. Sì, io credo che il senso di maternità sia anche un desiderio di rinascere come umanità persino. Se sei stata capace di accogliere, saprai donare al momento opportuno e ti riempirai di forza. Grande e piccolo sono visioni illusorie, fanno parte del tutto. Ti ringrazio per le tue parole.
Marta Carugati, 21-09-2010 09:21
Grazie Marta, la tua risposta non e' arrivata in ritardo! Devo dire che il tuo articolo e' arrivato al momento giusto e mi ha dato una emozione forte e ho sentito che dovevo scriverti. La maternita' l'ho sempre sentita come se fosse un mio compito, ma giustamente, se ci penso la mia piu' profonda esigenza e' quella di assumermi delle responsabilita' e agire secondo quello in cui credo. Grazie per avermi fatto riflettere. Seguiro' la tua rubrica con vivo interesse. Baci a Irene! Francesca
Francesca, 23-09-2010 08:23
Buongiorno Marta, vorrei portare la mia testimonianza a chi legge questa rubrica e passa velocemente su l'argomento trattato come uno fra i tanti, fermatevi un attimo! perché si parla di ciò che è alla base di tutto quello che accadrà in futuro, non solo perché la nuova persona si formerà e crescerà pieno delle esperienze vissute nel primo periodo vita, ma anche per il genitore che se lascerà tutte o le maggior convenzioni a cui siamo costretti, ne guadagnerà, semplicemente riappropriandosi della vita e del suo senso. Personalmente come uomo a volte invidio le donne per questa loro possibilità di poter stabilire un legame 'primordiale' con un nuovo essere, peccato che non tutte lo capiscano e non sono perseveranti nel svilupparlo giorno per giorno, momento per momento. Come fare per riappropriarsi del senso della nascita e del primo periodo di vita? leggendo questa rubrica e cercando il senso naturale delle cose e delle proprie azioni, come per esempio quello di legarsi il piccolo a se, utilizzando una fascia porta bambino, modalità che fino a poco tempo fa non conoscevamo, ma abbiamo intuito che fosse una cosa di 'senso' è l'abbiamo (soprattutto mia moglie) adottata, ed è la cosa più naturale che ci sia, il piccolo è contento, la mamma ed il papà pure. Non costa nulla e rende molto ricchi! non oso immaginare come sarebbe stato passeggiare con una culla. Architetto della vita, definizione bellissima, di cui spero di fregiarmi impegnandomi quotidianamente, come credo tu lo stia facendo (mi permetto di darti del tu) perché mi sono accorto che essere solo architetto non mi basta.
Matteo, 28-09-2010 03:28
Ti ringrazio Matteo di aver fatto sentire la tua voce, quella di una persona sensibile, di un uomo, di un architetto e di molto altro ancora! E' proprio così, c'è un istinto che ci guida nel riconoscere ciò che più ci appartiene e qualcuna/o è più in contatto con questo sentire ma non basta. Al mondo d'oggi, a molti serve un supporto scientifico perchè possano credere all'intuito di pochi. Siamo mammiferi troppo umanizzati, per usare un'espressione di Michel Odent.
Marta, 01-10-2010 05:01

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