Il problema è che non crediamo nella qualità

"Siamo stati per duemila anni il popolo del genio e oggi (più che mai) disprezziamo le doti e la qualità dell’individuo. Le disprezzano il Sistema italiano e le imprese ma, soprattutto, le disprezziamo noi stessi tutte le volte che ci convinciamo che non sia possibile fare o tentare e che non sia già oggi il momento giusto per comportarci secondo regole migliori di quelle ufficiali".

Il problema è che non crediamo nella qualità
Mi ha molto colpito chi mi ha scritto dicendomi: “Parli facile tu. Tu fai lo skipper, scrivi… E chi non sa fare queste cose?”. Questa persona suppone che io sia nato col timone in mano e firmando già autografi sui miei libri. Soprattutto sospetta che io sia nato imparato, o che qualcuno mi abbia dato fin dall’inizio dei privilegi negati ad altri. Non gli passa neppure per la testa che c’è stato un tempo in cui non sapevo neppure nuotare, come tutti, e neppure tenere in mano la penna, come tutti, e che da allora ad oggi abbia molto sudato, mi sia molto intestardito, abbia insistito… insomma ci abbia provato e ci stia provando con tutte le mie forze. Non la sfiora certamente l’evidenza che ognuno di noi può partire dal basso, imparare, specializzarsi, senza aiutini, senza sfiga, ma con molta voglia di tentare. Il fatto che non sia così non lo ammette neppure, perché vorrebbe dire che deve darsi da fare anche lei, perdere l’alibi della fortuna e della provvidenza, smettere di lamentarsi che “piove governo ladro” (che palle!), diventare serenamente laica e… vivere. Qualcun altro mi dice: “Beh ma tu hai una barca, è facile per te!” Anche costoro ignorano che ho fatto un progetto per avere la barca senza pagarla, dunque mi sono spremuto le meningi, ascoltando pareri, chiedendo, etc. Poi ho rischiato che il sistema non funzionasse, mi sono dato molto da fare per trovare clienti, per far lavorare il mio First 36.7 di undici metri. Nel frattempo è corso sudore, fatica, ma ce l’ho almeno in parte fatta. Non proprio come volevo (speravo di guadagnarci!) ma almeno ho una barca e non la pago. Tutto venuto dal cielo? Noi, più degli altri, viviamo in un beffardo paradosso: la nostra cultura ha sempre espresso genialità ed eccellenze individuali, eppure siamo tutti convinti che la realtà sia regolata da malora e provvidenza. Dal paganesimo fino a Verga, e dal cristianesimo fino a Manzoni e al Papa, domina la scena il culto della sfiga e quello dell’aiutino (per aggiornare i concetti al linguaggio televisivo corrente). Se qualcuno fallisce, quasi sempre “è stato sfortunato”, mentre se riesce e ha successo “l’ha aiutato la provvidenza” (o qualche raccomandazione). Il caso della 'raccomandazione', effettivamente, dal dopoguerra a oggi, ha assai confermato il credo nell’aiuto dall’alto. Tuttavia, nessuno come noi disprezza l’impegno individuale, la fiducia nei propri mezzi, l’ottimismo della volontà e dell’azione. Siamo stati per duemila anni il popolo del genio e oggi (più che mai) disprezziamo le doti e la qualità dell’individuo. Le disprezza il Sistema italiano, che lascia spesso ai margini i migliori e promuove gentaglia. Le disprezza la scuola, l’università, dove essere bravi oppure no non genera alcun effetto differenziale. Le disprezza l’impresa, che tende ad americanizzarsi sempre più preferendo qualità medie che svolgano a qualità superiori che innovino. Ma le disprezziamo soprattutto noi, come individui, ogni volta che ci convinciamo che non sia possibile fare, che non sia possibile tentare, che non sia già oggi, ora, il momento per comportarci secondo regole migliori di quelle ufficiali. Questo non vuol dire dimenticare l’enormità delle ingiustizie o delle storture del Paese, né sottovalutare gli impedimenti oggettivi che abbiamo davanti ogni giorno. Vuol dire però tentare di contribuire con la propria prestazione, con il proprio impegno, con il proprio ottimismo a un miglioramento complessivo della nostra vita, che sarà diversa solo quando ci saranno persone diverse in circolazione. Diverse perché hanno tentato e, in parte (come tutti), sono riuscite. Diverse perché avranno contribuito ad aumentare la minoranza di chi si dà da fare, di chi modifica la propria storia con coraggio, contro le difficoltà (oggi ce ne sono assai meno di un tempo), testimoniando che per un mondo migliore serve gente migliore, e solo allora diventa possibile. Politica, amministrazione, sistemi economici, scuola, cultura, informazione smetteranno di decadere come logica, naturale conseguenza. Cambiare vita, godere del mare (o dei monti…), vivere la navigazione (o il golf o il cucito…), oggi, con amore, con passione, è possibile. Basta fare una serie di cose difficili e impegnative, e basta smetterla di pensare a malora e provvidenza, che non esistono. Mentre noi ci siamo, eccoci, siamo qui. Istruzioni per l’uso: - La malora non esiste. Quando si fallisce l’occasione è d’oro per capire dove abbiamo sbagliato. - La provvidenza non esiste. Quando si ha successo occorre capire perché. - Fare o non riuscire a fare, sono proiezioni della convinzione. Un uomo convinto, appassionato, riesce sempre a fare qualcosa di buono lungo la sua strada. - Ogni lavoro costa fatica. La fatica è un buon segno, vuol dire che provvidenza e malora stanno da una parte, mentre l’impegno è al centro. - Provare a fare quello che si pensa non sia possibile, è un buon test. A volte è davvero impossibile, ma tentare dà concretezza alle nostre affermazioni. Soprattutto, se diremo “non si può” lo diremo con cognizione di causa. - Smettiamo di lamentarci e progettiamo. Il primo fattore di insuccesso è un cattivo progetto. - Smettiamo di cercare di immaginare (con malizia) perché gli altri riescono. È un ottimo modo per sprecare energie e non fare noi quello che poi invidiamo negli altri. - Fallire è sano, vuol dire che si è tentato. Fallire per mancanza di tentativo è deprimente, frustrante, fallimentare. Un buon fallimento è esperienza, non disonore. Vuol dire che la prossima volta faremo meglio.

Commenti

condivido pienamente ed essendo una vecchia maestra ho passato la mia vita a cercare di trasmettere questo messaggio a tutti bambini e colleghi! In questo momento di sconforto ( sembra di non riuscire più, con il proprio impegno,a risolvere la tragica situazione che stiamo vivendo) quando ,se continui a dire e fare queste cose,ti dicono che combatti coi mulini a vento è una vera gioia leggere un bell'articolo come questo,è stata un iniezione di energia ,grazie!!
paola fiorentini, 23-04-2011 09:23
Chi te lo dice finge e, o gli viene automatico, o addirittura sa benissimo di dire una stupidaggine. Questo non perchè abbiamo smesso di credere alla qualità dell'individuo, ma perchè siamo incentivati a sminuire le qualità altrui, a non entrare in comunicazione, a non metterci nei suoi panni, a pensare solo per noi stessi, anzi a proporci sempre come il meglio. E se non riusciamo a diventare meglio degli altri, quale cosa più comoda che peggiorare il nostro punto di riferimento fino a rendere l'altro peggio di noi, in modo da poterne uscire non migliori ma comunque vincenti? Ciascuno pensa di essere troppo occupato a campare (male) per permettersi il lusso (in realtà una risorsa e una fonte di giustizia) di darsi delle regole della gara che non siano truccate. Ha troppa paura di perdere e di essere lasciato indietro a morire dai (non-) uomini come lui. C'è un mandante dietro la strage di uomini di oggi ed è la competizione (ben diversa dall'emulazione)
Marco B., 01-08-2011 12:01
Anche il tuo modo di ragionare, in realtà diffusissimo nella borghesia e solitamente via via più diffuso quando ce la si è fatta e quando si parla di sè, può essere utilizzato in modo ottuso, crudele, poco comprensivo e per nulla umile. E' sbagliato anche dare ogni responsabilità alla semplice buona volontà o all'impegno e considerare il fallimento solo colla categoria della colpa, il successo solo come premio al merito. Ciò porta a molta insensibilità: se qualcuno non ce l'ha fatta non si tiene in considerazione anche il caso o, specie oggi, tutti quelli che gli hanno remato contro. E' solo colpa sua e ben gli sta. Eh, no! Soprattutto in un paese in cui l'arte dello sgambetto e dell'imporsi è diffusa, sembra più una beffa: caricare una nuova idea di difficoltà, di ostacoli e poi dimenticarsene e dire che se è tutta responsabilità di chi in realtà si è sbattuto, considerando solo il risultato (falsato da un mondo che gode a complicarti la vita se non sei un anonimo indifferente) e non le potenzialità. Anche questo è disconoscere il contributo dell'individuo, pensando che vinca sempre il migliore e che l'arbitro (anche se a me la competizione non piace) sia sempre ineccepibile. Tipicamente poi, come ho spiegato nell'altro post, si usano i due criteri (influenza esterna o forza interna?) a dicrezione, sempre usando o solo uno o solo l'altro a seconda di chi ha vinto, che può coincidere o meno con la persona che giudica. L'imprenditore di successo userà sempre il criterio del merito, dell'esclusiva responsabilità della sua vittoria, ma inizierà a lamentarsi (anche a ragione) di chi gli si oppone quando il vento cambierà e quelli che prima lui si mangiava inizieranno a mangiare lui. Basta classifiche, basta meriti, basta vincenti e perdenti. Ognuno secondo il meglio che può dare e tutti assieme, senza adottare sempre una comoda "pro domo sua", in isolamento.
Marco B., 01-08-2011 01:01
Perchè dirci sempre che siamo noi a sbagliare? Sì, è bene credere in quello che si fa ma i margini per migliorarsi ci sono se si viene accettati e non si può vivere, avere successo, ecc. da soli, a forza di testardaggine. Partiamo dal presupposto che non possiamo cambiare al punto da non essere più noi, da scambiare il nostro obiettivo per uno più fattibile ma completamente diverso, altrimenti dov'è il cambiamento? dove il sogno? dove la soddisfazione autentica, dove la felicità? E a volte semplicemente c'è chi non ne vuol sapere di te, a volte è una comunità o un ambiente intero, oppure c'è chi preferisce sminuire te che sforzarsi a migliorare sè stesso. Altro che una vaga sfiga! Qui niente nuvoletta di Fantozzi, questa forma di inerzia da vincere è ben concreta e va contata quando si vuole valutare il progetto, non si può essere così pesantemente concreti da vedere solo se riesce o no. Un contesto favorevole è importante. I nostri artisti del Rinascimento avevano molto talento e molta volontà ma anche un patrono ricco che vedeva in loro qualcosa. Non l'avessero avuto, lei sarebbe andato a rimproverarli di non esserselo trovato, di non aver fatto abbastanza. E non li avrebbe incoraggiati affatto, così. Adattarsi, cambiare? Ma se a lei avessero detto che non aveva futuro come scrittore nè ottimo nè mediocre perchè i suoi argomenti non se li fila nessuno, avrebbe cambiato argomenti? Avrebbe cambiato obiettivo pur di riuscire? Avrebbe potuto chiamarlo successo visto che l'obiettivo non era più il suo?
Marco B., 07-08-2011 12:07
PS La retorica sulla fatica. La fatica può anche essere un indicatore non positivo. Se una cosa costa così fatica che non proviamo anche piacere e stimolo a continuare nello sforzo, allora forse c'è qualcosa di sbagliato. E anche se fosse tutto giusto non potremmo continuare a lungo: le nostre energie, anche emotive, non sono infinite e spesso lo scoramento arriva quando si realizza di aver faticato molto senza aver tratto un minimo di felicità, di piacere. E' quello, non la volontà, che ti fa dedicare al 100% a qualcosa, forzarsi soltanto porta a lavorare a scarso rendimento.
Marco B., 07-08-2011 12:07
Vede, è proprio su questo che dice che divergiamo. Io non credo affatto, nell'ordine, a fato, caso, sfortuna, malora, gente che rema contro e tutto questo corollario di scuse. Io credo che le cose che ci capitano siano in gran parte la conseguenza di ciò che siamo, facciamo, progettiamo, tentiamo. Il tutto condito dal coraggio e dalla passione. Vedo tanta più gente succube dell'inerzia che poveretti vittime della sfiga, che non esiste. Saluti.
simone perotti, 04-08-2011 11:04
Se non ricordo male anche l'UNESCO si espresse negativamente sulle scelte delle Americhe che sottraevano terre per la produzione di alimenti per l'uomo e per gli animali per "sfamare" i motori. Io e da anni che recupero l'olio esausto delle fritture di parenti e di qualche amico che mi hanno permesso di bruciare circa 500 litri di olio filtrato e miscelato con il gasolio. Se ciò fosse fatto in larga scala si avrebbero più vantaggi: meno olio esausto negli impianti fognari e più Eco diesel nelle nostre auto.
Mauro Mudadu, 04-08-2011 06:04

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