Nucleare: dopo Fukushima, alti livelli di radioattività a Tokyo

Alti livelli di radioattività sono stati riscontrati ieri a Tokyo e nella vicina prefettura di Chiba, entrambe a più di 200 chilometri dalla disastrata centrale di Fukushima. Alcune misurazioni hanno rivelato livelli di contaminazione addirittura superiori a quelli registrati nella zona di evacuazione intorno all'impianto nucleare.

Nucleare: dopo Fukushima, alti livelli di radioattività a Tokyo
Alti livelli di radioattività sono stati riscontrati ieri a Tokyo e nella vicina prefettura di Chiba, entrambe a più di 200 chilometri dalla disastrata centrale di Fukushima. Alcune misurazioni hanno rilevato livelli di contaminazione addirittura superiori a quelli registrati nella zona di evacuazione intorno all'impianto nucleare gravemente danneggiato dal devastante terremoto/tsunami dell'11 marzo scorso. Tuttavia il livello di radioattività particolarmente elevato rilevato a Tokyo in una strada nel quartiere residenziale di Setagaya non proviene dalla centrale di Fukushima, ma da vecchie bottiglie ritrovate in una casa disabitata nelle vicinanze. Si tratterebbe di una serie di bottiglie contenenti radio-226 che la polizia ha trovato negli scantinati di un palazzo. Una squadra di esperti in radioprotezione di Greenpeace che ha effettuato nelle scorse ore un sopralluogo a Tokyo ha confermato che gli alti livelli di radioattività riscontrati in quella particolare area provenivano da materiale radioattivo conservato in loco. Gli esperti hanno spiegato che al momento non si conosce l'origine del materiale radioattivo, che potrebbe risalire a molto tempo prima e che non è collegato all'incidente alla centrale nucleare di Fukushima. Il team di Greenpeace ha però ribadito che questo ritrovamento non ha nulla a che vedere con gli alti livelli di radiazioni registrati nelle ultime 48 ore in altre zone di Tokyo, come lo stronzio rilevato a Yokohoma. L'associazione sottolinea pertanto che rimangono valide le preoccupazioni sulla possibilità che il materiale radioattivo fuoriuscito dai reattori della centrale di Fukushima possa aver già raggiunto la capitale del Giappone. Secondo Salvatore Barbera, responsabile della Campagna nucleare di Greenpeace Italia, “questi nuovi test mostrano che la dispersione del materiale radioattivo fuoriuscito dalla centrale di Fukushima è più ampia e più grave di quanto si pensasse”. Barbera ha spiegato che il fatto che le autorità locali stiano tentando di decontaminare la zona utilizzando idranti ad alta pressione, “disperdendo ancor più il materiale radioattivo invece di rimuoverlo”, indica “che non hanno ricevuto il necessario supporto dal governo centrale e che stanno operando senza seguire le normali linee guida in caso di contaminazione nucleare”. Anche alla luce delle ultime evidenze, Greenpeace ritiene dunque assurda l’intenzione del Primo Ministro Noda di far ripartire i reattori nucleari prima che vengano accertate le cause e le conseguenze della triplice fusione del nocciolo avvenuta sette mesi fa nella centrale di Fukushima. “Il rapporto Energy [R]evolution, presentato da Greenpeace a metà settembre, mostra che il Giappone è in grado di abbandonare completamente l'energia nucleare già dal 2012 senza venir meno ai propri obiettivi di riduzione di gas serra”. “Una vera rivoluzione energetica – ha concluso Barbera - è l'unica via per il Giappone, come per il resto del mondo, per abbandonare definitivamente l'energia dell'atomo e garantire sicurezza energetica basata su fonti di energia sicure e pulite”. Eppure malgrado la recente catastrofe di Fukushima, il 'rinascimento' nucleare sembra non essere stato archiviato. Secondo il rapporto Fuel cycle stewardship in a nuclear renaissance, della Royal Society britannica, molti Paesi in tutto il mondo stanno considerando l'ipotesi di espandere il nucleare civile o di intraprendere per la prima volta la strada dell'energia nucleare. Intanto in Italia, sebbene gli italiani abbiano detto ' no' all'atomo, permane il problema delle vecchie scorie nucleari e della bonifica dei siti nucleari. La Sogin, società che si occupa della messa in sicurezza degli impianti nucleari italiani ancora in funzione e di quelli dismessi, ha presentato ieri la lista dei 50 possibili siti per l'individuazione di un deposito nazionale di rifiuti radioattivi. Il costo per il decommissioning dei siti nucleari da completare per il 2025 nel nostro Paese secondo la Sogin arriverà a sfiorare i 5 miliardi di euro.

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