Pausa pranzo? Cosa (non) mangiare per ridurre le emissioni di CO2

Se è vero che l'eccessiva concentrazione di gas serra in atmosfera ed il conseguente aumento della temperatura terrestre sono quasi interamente attribuibili alle attività umane, e che dietro calamità naturali e cambiamenti climatici si celano soprattutto le nostre scelte quotidiane, allora anche la pausa pranzo al lavoro può fare la differenza. Ecco come.

Pausa pranzo? Cosa (non) mangiare per ridurre le emissioni di CO2
La ben nota conseguenza della concentrazione eccessiva di gas serra in atmosfera è l’innalzamento della temperatura media globale che aumenta il rischio di una futura desertificazione del pianeta nonché, dato senz’altro più tangibile e immediato, spesso nefasto, di fenomeni meteorologici estremi (uragani) che stanno registrando un incremento sia in frequenza che in intensità. Come riportato dall'IPCC (Intergovernmental Panel on ClimateChange), negli ultimi 100-150 anni è stato introdotto nel bilancio energetico del sistema climatico un flusso aggiuntivo di energia pari a circa 2.8 Watt/mq. Si tratta di un surplus di energia introdotto dalle attività umane, che si aggiunge a quello naturale (pari ad appena 160-170 Watt/mq), e che viene denominato effetto serra aggiuntivo. Se si esclude un 15% attribuibile al registrato aumento dell’attività solare, la rimanente quota di tale surplus di assorbimento energetico è interamente attribuibile alle attività umane, intensificatesi sia per l’incremento demografico sia per l’impostazione ben poco sostenibile che abbiamo dato al nostro stile di vita con il modello consumistico occidentale, generando troppa CO2 (55% del suddetto surplus) e altri gas serra (GHG). “Circa il 60-70% dei fenomeni osservati nell’ultimo decennio possono essere attribuiti direttamente all’effetto serra”, ha spiegato il dottor Greg Holland del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) parlando degli uragani devastanti degli ultimi anni. Possibile che calamità naturali così distruttive, che si abbattono senza pietà sulle persone, le loro case, sugli animali e sull’ambiente e che sembrano scaturire esclusivamente dalla forza incontrollata e imponderabile della natura trovino invece la loro remota causa nell’attività antropica? E magari proprio nelle nostre azioni più banali e insignificanti, quelle quotidiane che compiamo spesso per abitudine, senza riflettere, solo perché le abbiamo sempre fatte e per questo le riteniamo ‘normali’ e giuste? Attraverso un semplice calcolo si può arrivare a dare un’idea seppur approssimativa, ma comunque significativa, di quanto una nostra giornata tipo impatta sull’ecosistema in termini di CO2 equivalente. Ovvero quanto modificare un nostro singolo gesto, scegliendo ad esempio cosa mangiare a pranzo, possa contare per il pianeta. Immaginiamo un omino ‘x’ nella sua giornata lavorativa tipo e analizziamo i suoi consumi legati alle ore lavorative omettendo volutamente il resto della giornata, quindi i consumi di casa, i trasporti e altre attività che essendo soggette a troppe variabili sarebbero poco indicative. Durante la sua permanenza in ufficio questa persona utilizzerà il pc, le luci e altre apparecchiature. Il consumo in termini di CO2 equivalente per l’utilizzo del pc e della stampante è pari a ca. 0,85 Kg (il calcolo si riferisce a apparecchiature efficienti, dotate del marchio Energy star, per un utilizzo pari a 9 ore per il pc, di cui 2 in stand by, e 2 ore di funzionamento della stampante), mentre per il consumo di carta, ipotizzando l’utilizzo di 50 fogli extrastrong (non riciclati) abbiamo ca. 0.3 Kg di CO2. Al riscaldamento e alla luce elettrica è imputabile rispettivamente un’energia di circa 4 kWh temici pari a 1.64 Kg di CO2 (considerando un ufficio con un fabbisogno di 200 kWh/mq a) e ca. 0.88 Kg di CO2 per le luci (lampada da tavolo da 25 Watt, e illuminazione ambiente e disimpegni calcolata considerando 3 faretti da 50 watt). Il consumo di acqua infine si attesta sui 30 lt (2 scarichi wc e uso lavandino). In totale, in base alle voci considerate, abbiamo un impatto pari a 3.67 Kg di CO2 e 30 litri di acqua. Nel nostro calcolo abbiamo omesso il pranzo poiché questa è proprio la variabile sulla quale si può fare la differenza, confrontando alcune alternative. Facciamo una prima ipotesi in cui il nostro omino opta per un pranzo in un fast food e una seconda in un self service, con un pasto a base vegetale. Naturalmente le possibilità per il pranzo sono molto varie, sia come scelta del posto (ristorante, bar, fast food, self service) sia come cibo (carne, pesce, vegetali). Qui vogliamo a puro titolo esemplificativo portare a confronto due opzioni, evidenziando il vantaggio ambientale dell’una sull’altra, in termini di CO2 emessa. Per il pasto nel fast food, considerando un panino doppio, si ha una quantità di CO2 associata all’hamburger pari a ca. 6 Kg di CO2, per il formaggio ca. 0,55 kg e per il pane ca. 0.25 kg; il totale è dunque pari a 6.80 Kg di CO2. Per un pranzo a base di verdure grigliate, per esempio 3 zucchine (1,2 Kg di CO2), 2 patate (0,87 Kg di CO2), un pomodoro (0,1 Kg di CO2) e del pane (0.2 Kg di CO2), abbiamo un ammontare di CO2 complessiva di 2.37 Kg di CO2. Ma vediamo un paio di alternative, sempre vegetariane e tipiche della cucina mediterranea, che risultano ancora più virtuose per l’ambiente: pasta al pomodoro e pasta e fagioli. Per la prima abbiamo 0.33 Kg di CO2 (1 etto di pasta con sugo fatto con 2 etti di pomodoro) e per la seconda 0.24 Kg di CO2 (1 etto di pasta e 1 etto di fagioli). Per mancanza di dati di letteratura non sono stati considerati i condimenti, né nell’opzione del fast food né nelle altre, (i coefficienti relativi ad alcuni cibi, per i quali il ‘ciclo di vita’ di produzione è più complesso, sono ancora carenti) ma è evidente che le salse del panino con l’hamburger sono, oltre che più caloriche e meno sane dell’olio d’oliva, anche più energivore in quanto maionese e ketchup sono prodotti molto lavorati, senza contare che le uova essendo un prodotto animale hanno già di per sé un impatto maggiore. Da questo calcolo emergono due riflessioni, la prima è che optare per un pasto tipico da fast food ci fa consumare in quei soli 10 minuti (fast) una quantità di CO2 che – sempre nell’ipotesi della tipologia di lavoratore preso in considerazione in questa sede - è doppia di quella associata all’attività lavorativa in ufficio di un’intera giornata. La seconda riflessione riguarda proprio la scelta vegetariana che ci permette di risparmiare almeno da 6 a 4 kg di CO2 al giorno, che moltiplicati per i giorni lavorativi annuali diventano da 1000 a 1500 Kg di CO2 evitata. Tale risparmio si riferisce solamente al pranzo dei giorni lavorativi, lasciando invariate le abitudini alimentari degli altri pasti. Ma ancora si potrebbe parlare del risparmio di acqua ottenibile ogni volta che si evita di mangiare la carne. Sempre con riferimento alle opzioni di cui sopra, il panino con l’hamburger comporta lo spreco di ben 15.000 litri di acqua mentre i tre pasti vegetali variano dai 250 litri ai 400 litri. Evitando di mangiare la carne si risparmiano in un anno circa 3.750.000 litri di acqua!

Commenti

Stanno sperimentando anche dei sistemi per limitare le emissioni di metano. Magari sono sinergici alla dieta anti CO2. http://www.welovemercuri.com/2012/02/le_mucche_e_il_metano.html 100 idee per salvare il pianeta -DIPINGONO DI BIANCO LE ANDE http://www.ecohysteria.net/?p=168 Certo è triste, ma il pianeta và salvato dalla CO2: Un milione di cammelli, liberi e felici, che a breve entreranno nelle scatolette da comprare nei supermercati http://www.greenme.it/informarsi/animali/5120-australia-cammelli-inquinamento
Piero Iannelli, 29-03-2012 12:29

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