Quel ponte crollato e i morti di Genova: ora si scava non solo tra le macerie...

Trentanove i morti sotto le macerie del ponte Morandi (ma i numeri non sono definitivi), crollato a Genova la vigilia di Ferragosto. E mentre si scava tra le macerie per recuperare i corpi, altri scavano nel passato e fanno emergere, su quel ponte, cose che sarebbe stato meglio non dover sentire...

Quel ponte crollato e i morti di Genova: ora si scava non solo tra le macerie...

Antonio Brencich, docente di Costruzioni in cemento armato presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, già nel 2016 aveva detto durante interviste: «Il ponte Morandi è un fallimento dell’ingegneria».

L'ha scovato Federica Seneghini che lo ha scritto sul Corriere della Sera: «Quel ponte è sbagliato. Prima o poi dovrà essere sostituito. Non so quando. Ma ci sarà un momento in cui il costo della manutenzione sarà superiore a quello della sostituzione. Alla fine degli anni Novanta erano già oltre l’80 per cento del costo della costruzione».

Nel 1957 Riccardo Morandi, quello che ha progettato il viadotto sul Polcevera ora crollato, aveva progettato in Venezuela un ponte dello stesso tipo per la prima volta. Il ponte General Rafael Urdaneta vide la luce sulla baia di Maracaibo nel 1962, lungo oltre 8,7 km. «Morandi non mise in conto che una nave potesse sbagliare la campata - spiega Brencich - I ponti hanno di solito una campata molto alta per fare passare le imbarcazioni e altre più basse. Appena due anni dopo una petroliera Esso si incastrò sotto la campata più bassa». Il bilancio: cinque morti.

Nonostante questo, Morandi firmò negli anni successivi altri due ponti gemelli: il viadotto di Genova, finito nel 1964, e il ponte sul Wadi el Kuf di Beida, in Libia, aperto nel 1971. A Genova i problemi iniziarono quasi subito. «Negli anni Novanta furono fatti molti lavori: gli stralli furono affiancati da nuovi cavi di acciaio - ha spiegato Brencich - Indice che già al tempo furono rilevati cedimenti e si cercò di correre ai ripari integrando la struttura originaria per far sì che non insorgessero situazioni di pericolo. E sono tanti i genovesi come me che si ricordano cosa succedeva all’inizio passandoci sopra: era tutto un saliscendi. Morandi aveva sbagliato il calcolo della “deformazione viscosa”. Tradotto: di cosa succede alle strutture in cemento armato nel tempo. Era un ingegnere di grandi intuizioni ma senza grande pratica di calcolo».

È Gian Antonio Stella, sempre sul Corriere, che fa riemergere parole dal passato più recente: «Mano a mano che escono nuove ricostruzioni, sbucano nuovi testimoni e riemergono varie denunce dal passato, però, monta la collera: c’era almeno un po’ di consapevolezza del pericolo? Ed ecco un articolo del Giornale, certamente non favorevole alla sinistra che allora aveva in pugno la Regione, la Provincia e la città che già nel 2006 titola: "Genova scioglie il “nodo” del groviglio autostradale" e spiega che "il Ponte Morandi sarà demolito e al suo posto sorgerà un nuovo viadotto". E poi un monito nel 2012 di Giovanni Calvini, all’epoca presidente della Confindustria genovese, che spiega al Secolo XIX la necessità di avviare i lavori per quella circonvallazione esterna di cui si parla da anni, la cosiddetta Gronda, con parole incancellabili: "Perché guardi, quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto “no”". E poi ancora i video e le interviste del presidente della Provincia Alessandro Repetto che denunciavano il degrado del ponte: "Non vorrei far la parte dell’uccello del malaugurio…"».

 

 

 

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