Rifiuti elettrici e inclusione sociale: parte il progetto RAEE in Carcere

Istituzioni, enti di formazione e imprese attivi in Emilia-Romagna insieme in un'iniziativa per l'inclusione sociale dei detenuti. Al centro del progetto RAEE in Carcere, il recupero di materiali ancora utili da vecchi apparecchi elettrici ed elettronici.

Rifiuti elettrici e inclusione sociale: parte il progetto RAEE in Carcere
Smontare piccoli apparecchi - computer, cellulari, ventilatori - provenienti dalle isole ecologiche, per estrarne preziosi materiali da inviare agli impianti di trattamento dei rifiuti, evitandone il conferimento in discarica o l'incenerimento. Attorno a questa attività si sviluppa il progetto RAEE in Carcere, dove RAEE sta per rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche e il riferimento al carcere indica che la valorizzazione economica degli scarti, e la promozione del progetto, attraverso il web, sono affidate a detenuti o a persone sottoposte a misure alternative alla reclusione. L'iniziativa è stata presentata il 28 settembre durante la fiera “Fare i conti con l’ambiente”, a Ravenna, ma in realtà va avanti già da tre anni nelle carceri di Bologna, Ferrara e Forlì, coinvolgendo anche condannati in misura alternativa negli stessi territori. A credere per prima al progetto è stata la Regione Emilia Romagna, che ha finanziato la fase pilota, grazie al sostegno del Fondo sociale europeo, all’interno dell’iniziativa comunitaria Equal “Pegaso”. A quel punto è stato realizzato un partenariato, che mette insieme le agenzie di formazione Techne e Cefal, l'amministrazione penitenziaria regionale, il consorzio Ecolight – uno dei maggiori sistemi collettivi per la gestione dell'e-waste - ed Hera spa, la società che gestisce per la regione i servizi connessi a fornitura idrica, energia e smaltimento rifiuti. Finora la collaborazione tra istituzioni locali, mondo imprenditoriale ed enti di formazione ha permesso di impiegare undici detenuti nello smontaggio degli apparecchi in tre laboratori, a Forlì, Bologna e Ferrara, gestiti, rispettivamente, dalle cooperative sociali Gulliver, IT2 e Il germoglio. Inoltre, per promuovere l'iniziativa, è stato realizzato il sito internet raeeincarcere.org, affidato a due persone in misura alternativa, che ne curano i contenuti ciascuna per 20 ore al mese. Obiettivo del progetto, ha spiegato a Ravenna il provveditore dell’amministrazione penitenziaria regionale Pietro Buffa, è offrire ai detenuti, attraverso la formazione e l'acquisizione di competenze, delle possibilità di reinserimento sociale e lavorativo, oltre all'occasione di vivere la detenzione in maniera 'meno destrutturante'. Allo stesso tempo RAEE in Carcere tenta di affrontare il problema dell'aumento dei rifiuti elettrici ed elettronici, recuperando dagli scarti - spesso contenenti sostanze tossiche per la salute e l'ambiente - i materiali che possono essere riutilizzati. Materiali sempre più richiesti per la produzione di dispositivi elettrici ed elettronici: la domanda di terre rare e metalli nobili si prepara infatti a raggiungere, entro il 2015, il valore di 210mila tonnellate all'anno (a fronte di una produzione di 133.600 t/anno). A giugno l'Unione europea si è dotata di una nuova normativa in materia di e-waste, che impone agli Stati membri di riuscire, entro il 2019, a recuperare annualmente il 65% del peso medio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato nazionale. Ma è proprio dall'Europa, secondo dati del programma Ambiente delle Nazioni Unite, che proviene l'85% delle migliaia di tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici che ogni anno vengono esportate illegalmente nei paesi dell'Africa occidentale e in particolare in Ghana. Dove gli apparecchi finiscono abbandonati in discariche abusive, vecchie miniere e cave di ghiaia, contaminando terreni e falde, o tra le mani dei bambini messi a lavorare tra quei rifiuti per recuperare le materie prime di cui noi, a quanto pare, abbiamo un irrefrenabile bisogno.

Commenti

Abbiamo un codice penale che prescrive il carcere teorico per un numero elevatissimo di reati (poi in pratica così non va ed è un'altro scandalo). E in contemporanea si cerca di renderlo "meno destrutturante". E' come dare uno schiaffo a uno e poi offrirgli una pomata. Non sarebbe il caso di ripensare direttamente l'idea del carcere, o la giustizia italiana, a questo punto?
Marco, 25-11-2012 01:25

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