Testimonianze. Scollocamento: provocazione o vocazione?

Cosa vuol dire scollocarsi? Chi e perché decide di intraprendere questo percorso? In attesa dell'incontro di orientamento che si terrà a Parma il prossimo fine settimana, pubblichiamo la testimonianza di Andrea sul significato dello scollocamento.

Testimonianze. Scollocamento: provocazione o vocazione?
Iniziare un articolo sullo scollocamento mentre la disoccupazione giovanile tocca in Italia quota 36,5% (dato Istat di Ottobre) farebbe quasi venir voglia di chiudere Word e andare a fare due passi. Ma poiché in molti mi chiedono se in casa mia le porte abbiano le maniglie, o come mai io indossi scarpe senza lacci o anche dove io trovi quelle buffe camicie con tutte quelle strane fibie pendenti, proverò ugualmente a dirvi due cose su che cosa lo scollocamento significhi per una persona che, avendo testimoniato ad alcuni incontri di formazione, forse proprio matta non è, ma si è anzi fatta alcune idee in merito. Chi vi sta scrivendo è un ragazzino di quarant’anni che, grazie a un “buon orecchio per le dinamiche sociali ed economiche”, quasi dieci anni fa (cioè ben prima del deflagrare della crisi), intuendo che qualcosa in questa società non stesse andando, ha intrapreso scelte abbastanza inusuali e radicali, sulle quali non vi annoio qui, ma per le quali vi rimanderei al mio sito di approfondimento, ideato e realizzato quest’estate proprio grazie all’energia, 'captata' durante un incontro sullo scollocamento, e successivamente canalizzata nella giusta direzione. O almeno, così mi auguro. Come i lettori di questo quotidiano sicuramente sanno, l’idea dell’Ufficio di Scollocamento, nata da un’intuizione quasi provocatoria di Simone Perotti, è stata da lui successivamente sviluppata, insieme a Paolo Ermani, nell’omonimo libro (scientificamente oscurato dal mainstream mediatico). Il progetto si è poi ulteriormente articolato nella promozione e nella realizzazione di una rete nazionale, finalizzata – anche tramite gli incontri sul territorio – alla creazione di un vero e proprio network di persone seriamente intenzionate, una volta per tutte, a smantellare dalle proprie vite i retaggi comportamentali inculcati dal modello di vita occidentale, essenzialmente imperniato sul micidiale circolo vizioso lavoro-produco-consumo, che ha ormai assunto le sembianze di un girone dantesco! In base alla mia esperienza, è possibile approdare all’idea dello scollocamento provenendo da molti punti di partenza, avendo intrapreso strade anche molto diverse fra loro. Quello che mi preme però ricordare, almeno per come la vedo io, è che scollocarsi non significa banalmente “scegliere di abbandonare un lavoro per trovarne un altro”, magari cavalcando pericolosissimi istinti irrazionali, alimentati da rabbie e frustrazioni represse per anni. Credo che 'scollocarsi' sia infatti molto di più che 'cambiare' qualcosa nella nostra vita: scollocarsi non è semplicemente una scelta, ma piuttosto la fase conclusiva di un processo, spesso delicato. Un processo fatto di tante scelte, se vogliamo. Ma non è una decisione che si possa improvvisare da un giorno all’altro. E nemmeno da un anno all’altro. Occorrono anni. Senza scivolare nei meandri di un approccio accademico, mi limito a ricordare che, nel “modello degli stadi di cambiamento” (sviluppato quasi trent’anni fa dai sociologi Di Clemente e Proschaska), la transizione dallo stadio iniziale a quello finale prevede l’attraversamento di almeno cinque fasi: “Precontemplazione” (capisco che è necessario cambiare), “Contemplazione” (aumento la volontà e diminuisco le resistenze al cambiamento), “Preparazione” (mi impegno e pianifico), “Azione/Realizzazione” (attivo il piano/faccio), “Mantenimento” (integro e assimilo il nuovo stile di vita). Bene, in base alla mia esperienza, lo scollocamento dovrebbe abbracciare la totalità di queste fasi: confinarlo in una, o anche solo in un paio di esse, rischia di mandare all’aria l’intero processo. Come d’altronde ricordano gli stessi autori del libro Ufficio di Scollocamento, “chi ne ha davvero abbastanza non è solo arrabbiato, è anche arrabbiato. Perché sono proprie dell’agire determinato la calma e la concentrazione, l’assiduità e la focalizzazione, e l’onestà verso se stessi. Tutte qualità che lasciano poco spazio all’urlo.” Scollocarsi significa dunque emanciparsi gradualmente da un sistema di dis-valori, dei quali si è rimasti inconsciamente ostaggi; scollocarsi diventa così, a processo terminato, il risultato organico di una serie di scelte lunga, ostica, spesso osteggiata e in grado di mettere a dura prova la tenacia individuale e, per chi ne ha una, della propria famiglia. Va però subito chiarita una cosa: se il prezzo da pagare è alto, il premio che alla fine si ottiene è però inestimabile! Perché quel premio è la piena padronanza della nostra vita. È il piacere di sentirla nostra, autentica, saldamente nelle nostre mani e pronta per essere coccolata e indirizzata dove più ci piacerà. Vi pare poco? Da un punto di vista attuativo, credo invece che lo scollocamento sia innanzitutto una scelta: la pratica quotidiana del disabituarsi alle prassi della nostra vita precedente è il primo, indispensabile esercizio per affrontare efficacemente un percorso di scollocamento. “Togliere!” sentenziò ruvido Mauro Corona, quando gli fu chiesto perché indossasse sempre, anche in inverno, una maglietta senza maniche. In quel verbo c’è il senso assoluto del cambiamento. Eliminare il superfluo. Eliminare tutto quello che non ha impedito, ai nostri nonni, di condurre una vita esemplare e all’insegna di abitudini intramontabilmente sane. Tutti i gingilli con cui ci seduce il progresso sono solo sabbie mobili. Per uscirne e tornare a vivere, dobbiamo liberarcene. Tertium non datur. In tutto questo, l’Ufficio di Scollocamento ha rappresentato, per me e per mia moglie, una specie di elemento attivatore, quasi un 'lievito comportamentale' in grado di modificare l’impasto delle nostre prospettive e delle nostre decisioni. Fuori di metafora, conoscere e frequentare persone animate dagli stessi gusti (e disgusti) si rivela necessariamente un fattore scatenante per raggiungere la piena coscienza di sè, per infrangere quelle sbarre psicologiche che molto spesso impediscono di seguire le proprie aspirazioni, perché vittime dell’assillante dubbio, tutto post-moderno: “Cosa ne penseranno, poi, gli altri?”. Neanche la 'nostra' vita fosse la 'loro' vita... Un altro aspetto (assolutamente non marginale) da tenere in considerazione, per chi si avvicina a questi processi di cambiamento, è il 'proprietario' della mano che ti viene tesa: non essendo infatti pensabile affrontare simili percorsi in totale autonomia, diventa fondamentale capire chi saranno i nostri compagni di viaggio e quanto di essi ci si possa fidare. Il mio pensiero va naturalmente al pullulare di organismi, associazioni e movimenti che in questi anni stanno nascendo, per intercettare e catalizzare la dilagante ondata di insoddisfazione a cui stiamo assistendo. I più scettici arrivano persino a individuare, in questo fervore di movimentismo, un estremo (quasi galvanico) rigurgito del mostro turbo-liberista, una specie cioè di sanguisuga in cerca delle ultime gocce di sangue. Poiché mi piace sempre conoscere ciò di cui parlo, in questi mesi ho frequentato e conosciuto alcune di queste associazioni, giungendo alla conclusione che il gruppo orbitante intorno al progetto di ufficio di scollocamento sia animato da una trasparenza intellettuale, una determinazione e una forza comunicativa che gli altri... se la sognano! Per tornare quindi al titolo di queste mie considerazioni, la mia speranza è quella di aver trasmesso l’utilità di un serio e ragionato approccio allo scollocamento, inteso non quindi come provocazione 'contro' qualcosa, ma come vocazione 'verso' qualcos’altro, cioè uno stile di vita genuino, autentico e – sotto molti aspetti – anche pacificamente rivoluzionario. Sabato 8 e domenica 9 dicembre l'Ufficio di Scollocamento sarà a Parma per l'incontro di orientamento “Avvicinarsi all’idea. Paura di cosa?”. (*) Andrea

Commenti

questa è una delle strade da percorrere. Ma prima dell'azione, giustamente, deve esserci il sentire, percepire. Afferrare una visione per poi tradurla in realtà visibile. Tutto il mio sostegno è con chi ha iniziato il cammino e chi deciderà di iniziarlo.
maria, 03-12-2012 11:03
Un commento da parte di una persona che vede l'esigenza del cambiamento e non sa come partire! La catasta di dogmi e di false urgenze che ci viene caricata addosso è dura da buttare nel camino... la paura è quella di restare al freddo! E non si sa se sia più difficile per chi, come il sottoscritto, siede ancora nel comodo tepore di una vita nutrita dal sistema dominante, o per chi viene escluso ed isolato, e vive più l'urgenza di conquistare un posto che non ha, una dignità che rischia di diventare sempre più esclusiva. Da adulto ho iniziato a pensare che non si può cambiare il mondo. La domanda che mi pongo ora è: c'è un alternativa al cambiamento? L'alternativa che vedo è il cinismo, la matrice di una cultura che sostiene il culto autoreferenziale dell'individuo. Una cultura che insegna che la gestione dei problemi va "terzializzata", per raccogliere solo profitto, il più possibile, il prima possibile. Questa cultura è distruttiva, inefficiente, inumana. Mi godo la mia fase precontemplativa, e saluto! Simone
Simone, 03-12-2012 11:03
Bellissimo articolo. Lucido ed estremamente realistico, scritto da chi si vede che il cammino lo sta facendo seriamente e non si tratta delle solite "chiacchiere e distintivo".
Paolo Ermani, 04-12-2012 12:04
Inizio il mio commento con un banalissimo "complimenti" che sono comunque tutti meritati. Sposo in pieno le idee espresse in quest'articolo e probabilmente non sarò l'unico... A mio parere sono in molti a farlo. credo infatti che la fase di precontemplazione (capisco che è necessario cambiare) coinvolga molte persone, soprattutto in un momento come questo in cui il sistema attuale sta palesando tutti i suoi limiti. forse la cosa difficile è andare oltre ma credo sia necessario farlo se vogliamo riprenderci la nostra vita. e, come dici tu, il giudizio degli altri non deve essere un ostacolo perchè la vita è nostra in fin dei conti...
Roberto, 04-12-2012 06:04
C'è bisogno di persone come Simone. Persone che si pongono le domande giuste. Perché anche le risposte giuste, solo così, arriveranno. Simone, neanche io credo che si possa cambiare il mondo (non l'ho mai creduto): questa è infatti una prerogativa degli idealisti o, peggio, dei fanatici. Credo però che %u2013 anche se vittime di un "ricatto sociale" che vorrebbe impedircelo %u2013 si possa cambiare noi stessi, questo sì. E sono convinto che questo lo si possa fare solamente quando la dignità di cui parli smette di essere una subdola variante di quel ricatto sociale che dicevo, ma diventa una conquista individuale. Ciao, Andrea.
Andrea Strozzi, 04-12-2012 08:04
Ringrazio Andrea per il suo sito, il cui spirito è così simile a quello di questo che meriterebbe ben più del link minimo a fondo pagina. Devo dire che auspico, se già non è, un vero e proprio gemellaggio. Interessante in particolare la storia dell' "Alpino" che declina finalmente il concetto di resilienza non come resistenza indifferente ai problemi esterni (quest'ultima così spesso volta a negare i problemi stessi) ma come compiaciuta tranquillità di chi basta a sè stesso e/o sa su chi contare. Non dico di tornare al modello economico franco-longobardo dove sembra si andasse al mercato una volta al mese e per generi di lusso (c'è chi ha messo in discussione anche questa semplificazione). Però un po' meno di dipendenza da approvvigionamenti esterni ci farebbe solo bene. Un balsamo anche aver trovato qualcuno che legge Bauman e aver saputo, almeno a prima impressione dal titolo, che Bauman ha smesso di raccontarci il problema ("La società individualizzata e tutta la serie dei libri "liquidi", che in realtà dovrei approfondire molto di più che con una sfogliata)per arrivare a raccontarci la soluzione. Una cosa il sociologo l'aveva capita però:la modernità era rigida e produceva individui conformati. Proprio in questi anni tale modernità sta finendo e chi si è faticosamente e permanentemente adattato ai "grandi sistemi" del Novecento, quasi tutti credo, vede la sua preziosa forma mentis improvvisamente declassata da pregio a difetto (parlano di flessibilità, disgraziatamente intendendo schiavitù). Riprendendo un tema ancora attuale che B. aveva la profezia di trattare già a fine anni '90, che ce ne facciamo della società se dobbiamo viverla da soli? Ci hanno detto che questa è libertà, io lo chiamo isolamento, e stando in città senza alcuna competenza nella produzione di beni elementari vi assicuro che si sente, si sente di essere superflui, con le aziende che offrono lavori che non sai neanche a chi serviranno davvero. Ai cittadini li hanno ridotti così e poi si chiedono perchè manca un senso profondo della vita? Ma riprendiamocelo, accidenti!
Marco, 04-12-2012 09:04
Grazie Marco, sei gentile. Mi sembra però ingeneroso paragonare il mio piccolo blog (con tre mesi di vita) al quotidiano "il Cambiamento", realizzato e curato da tanti professionisti e in tanti anni. Io ho semplicemente dato sfogo, nei ritagli di tempo, a una delle mie tante passioni: forse ti sembrerà incredibile, ma quando, ad agosto, ho realizzato "Low Living High Thinking", l'ho fatto principalmente per imparare a usare WordPress! E l'averlo imparato, più di ogni altra cosa, ha dimostrato a me stesso che, applicandosi, si possono ottenere risultati assai soddisfacenti. Poi, come spesso accade, da cosa nasce cosa. Chissà, vedremo... Ciao
Andrea Strozzi, 05-12-2012 09:05
purtroppo a parma l'incontro non ci sarà, per me era l'occasione migliore per ascoltare di presenza testimonianze dirette e per vivere a livello pratico un orientamento più specifico. certo non mancheranno altre occasioni che in questa mia fase di "preparazione" al cambiamento potranno arricchirmi di nuove idee nonchè confermare e dare un valore assoluto al mio progetto di un modello di vita più sobrio e naturale.adesso siamo ancora in pochi a pensarla così ma visto che tutto ciò più che essere un pensiero o una corrente filosofica è un istinto vero e propio presente in ogni uomo sulla faccia della terra penso che saremo in tanti un giorno e quel giorno non ci saranno ne ricchi e ne poveri ma solo uomini liberi degni di essere chiamati tali.
nino, 08-12-2012 02:08
L'articolo promette di spiegare cosa significhi scollocarsi, ma non mantiene. "Emanciparsi da un sistema di disvalori" non e' sufficiente, potrebbe valere anche per il processo inverso. Il "sito di approfondimento" al quale si rimanda per leggere delle "scelte abbastanza inusuali e radicali" evidentemente le nasconde abbastanza bene visto che dopo una mezzora di letture non le ho trovate. Volevo solo dire, con questi esempi, che una maggiore chiarezza aiuterebbe la causa, alla quale mi sento vicino, anche se non completamente aderente. PS leggo che l'autore non e' su facebook, ma io arrivo qui proprio da una segnalazione di Simone Perotti su fb... vedi i casi della vita!
Frncesco, 08-12-2012 08:08
Ciao Francesco, il tuo commento mi aiuta molto, essendo di fatto il primo che ricevo (sia qui che sul blog) di parziale dissenso nei confronti di quanto scrivo. Prima di rispondere, mi sono quindi preso qualche istante per decidere come comportarmi, sia con te che con altri, in futuro. Che fare? Provare a dissuaderti (argomentando) o ignorarti? Premesso che né questo articolo, né lo stesso LLHT hanno l'obiettivo di evangelizzare nessuno, mi limito a ribadirti il senso dei miei contributi: io sto "soltanto" affrontando questo tipo di percorso da un punto di vista estremamente razionale, senza cedere all'emotività. Nel farlo, metto le mie conoscenze a disposizione di chi nutre perplessità su questo mondo e su questo stato delle cose, fondando le mie ragioni su argomentazioni di natura economica e sociologica, due discipline che adoro e sulle quali, negli anni, ho investito risorse ed energie. Tutto qui, Francesco. Fino ad oggi, 99 persone si sono complimentate e una ha storto il naso: se perdessi del tempo a provare a convincerti, mi sentirei un "pubblicitario", un "markettaro", il "venditore" di qualcosa che non ho. E non è nel mio stile, mi spiace. Se preferisci sentirti raccontare, come qualcuno fa, che ha comprato una casa in campagna e si è messo a coltivare l'orto (magari smobilizzando prima qualche fondo dei genitori...), liberissimo di farlo: il web si sta popolando di persone così. Per me lo scollocamento non è solo quello: è argomentare un rifiuto e, nel contempo, assecondare la seduzione di un progetto diverso e rigenerante. Se quello che cerchi è altro da questo, non posso che augurarti, di cuore, buona fortuna. Ah! E, se hai perso mezz'ora su LLHT, lasciami comunque la presunzione di credere che quella mezz'ora sia stata ben investita! ;-) Ciao
Andrea Strozzi, 10-12-2012 09:10
Grazie Andrea per la risposta. In realta' il mio era solo un invito ad una maggiore chiarezza su cosa sia lo scollocamento e su quali scelte radicali hai compiuto, proprio perche' sono cose di cui parli, ma sulle quali non ho trovato elementi esaustivi. Nel merito non sono entrato, proprio perche' fatico ad ancorare il concetto che proponi.
Frncesco, 12-12-2012 08:12

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