Tutto nello sguardo

Sguardi diversi dai nostri vedono cose diverse. "Forse agli angoli dei loro occhi, in quegli spigoli più profondi, riescono a entrare pezzi di mondo che non riusciamo a immaginare..."

Tutto nello sguardo
Si dice che la bellezza sia negli occhi di chi guarda. Dev’essere vero, e dev’essere più vero per i giapponesi, se spesso li si vede fotografare soggetti che a chiunque altro apparirebbero privi di attrattive. Persino durante un viaggio in treno, dove capita, quando ci si annoia, di cambiare posizione: ci si sposta di fianco, di posto, e anche di vagone. Nella tratta Roma-Milano, e in seconda classe – dove ai passeggeri non vengono offerti dolcetti e giornali, come in prima -, arriva il momento di sgranchirsi le gambe, fare due passi traballando da una porta all’altra degli scompartimenti, fino alla carrozza 5, dove è situato il bar. È un modo per perdere un po’ di tempo, curiosare in cerca di volti parlanti, piccoli aneddoti e stranezze che ci confermino nell’idea, solita e incredibile, della maniera in cui siamo fatti. I motivi devono essere questi, i motivi per cui ci si alza da una comoda poltroncina per restare in piedi e appoggiati a una piccola mensola ovale bevendo un fondo di caffè da un bicchiere di plastica al prezzo di un euro e cinquanta: distrarsi. Ma per i giapponesi è diverso. I giapponesi raggiungono il vagone del bar, lo stesso dove chiunque vede solo tramezzini rinsecchiti, insalate di carta, biscotti sbriciolati e la faccia tramortita dell’uomo dietro il bancone, e si fanno una foto. Lui e lei si mettono in posizione, spalle al finestrino: lui le mette il braccio sulla spalla e lei sulla vita. Si avvicinano lievemente uno all’altra. Continuano a sorridere per qualche secondo, quanto basta per essere ben centrati nello schermo della macchina e messi a fuoco. Dietro l’obiettivo c’è un’altra coppia di giapponesi, anche loro molto sorridenti, specialmente quello che scatta la foto. E allora si rinviene dal torpore del movimento ipnotico, dal rumore di fondo delle rotaie che abbindola per tre ore fantasie e pensieri stanchi. Ci si riscuote, e si comincia a cercare con lo sguardo che cosa ci sia da immortalare, quale stranezza, o bellezza, quale opera d’arte o immenso fondale. Viene da chiedersi che cosa ci sia di significativo nel bar di un treno ad alta velocità. Il paesaggio in mezzo a cui corre non è riconoscibile, e certo non riesce a entrare nello scatto. Non ci sono personaggi famosi né epigrafi di antichi poeti italiani. Non c’è proprio niente e nessuno a parte loro, e un posto apparentemente qualsiasi tutto intorno. Magari è perché sono a forma di mandorla, così strette e allungate, che dentro le loro rétine finiscono pesci, uccelli e alberi, tramonti, profili e nuvole normalmente invisibili. Forse agli angoli dei loro occhi, in quegli spigoli più profondi, riescono a entrare pezzi di mondo, spettacoli e meraviglie che noi altri, comuni viaggiatori dagli occhi tondi, non possiamo neanche immaginare.

Commenti

No, temo sia riflesso automatico :(
Marco, 20-11-2012 07:20

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