L’UE e la legalizzazione delle coltivazioni Ogm

Lo scorso luglio la Commissione europea ha proposto una risoluzione alle controversie sugli Ogm: lasciar decidere a ogni stato membro dell'Unione se permetterne la coltivazione o meno. A livello europeo, però, di fatto ciò coinciderà con la legalizzazione delle coltivazioni Ogm. Vediamo perché.

L’UE e la legalizzazione delle coltivazioni Ogm
Sono due le piante geneticamente modificate che hanno il permesso di venir coltivate nell’UE: il mais Mon810 dal 1998 e la patata Amflora dal 2010. Per ben dodici anni dunque, non vi sono state concessioni di questo tipo. Ora però, sono in via di autorizzazione ben 17 specie di OGM. Tuttavia, sei paesi europei, tra cui grandi nazioni agricole come Francia e Germania, hanno vietato la coltivazione di Mon810 sul loro territorio e tenteranno forse di evitare l’autorizzazione di ulteriori OGM. Forse accadrà lo stesso anche con Austria, Ungheria e Lussemburgo che hanno invece vietato la coltivazione della patata Amflora all’interno dei loro confini. Questi stati possono però solo vietare la coltivazione, non l’importazione di Amflora o di derivati quali la fecola o l’amido di patata, che può dunque venir somministrata ai tori o ad altri animali da allevamento. Tali paesi accusano dunque le autorità europee di essere troppo permissive. Come rispondere a questa critica senza rinunciare agli OGM? Nel luglio scorso la Commissione ha presentato una proposta: permettere a ogni stato membro di decidere individualmente se autorizzare la coltivazione di OGM sul proprio territorio. Le concessioni continueranno ad essere stabilite a livello europeo, in seguito però, i singoli stati potranno fare uso di una 'clausola di preclusione'. Questa clausola dovrà venir inserita come articolo 26b nella direttiva di liberalizzazione 2001/18/EC. Essa dichiara: gli stati appartenenti all’UE possono adottare provvedimenti che vietano o limitano al loro territorio (o a parti di esso) la coltivazione di determinati o di tutti gli OGM. Se gli stati membri vogliono fare uso di questa clausola, devono adempire due requisiti: - I provvedimenti presi devono essere conformi alla legge. - Gli stati richiedenti non possono appellarsi a ripercussioni dannose che gli OGM avrebbero su salute e ambiente. A quali argomenti dovrebbero dunque ricorrere gli stati contrari agli OGM? La richiesta che numerose organizzazioni ambientaliste hanno espresso per la politica agraria dell’UE è: "Soldi pubblici solo per beni pubblici". Nel caso degli OGM ciò significa: nessuna sovvenzione per i contadini che li coltivano e nessun centesimo delle tasse europee per appoggiare produzioni che la maggioranza della popolazione rifiuta. Ma per quel che riguarda le nuove tecniche agrarie la Commissione europea si trova su tutt’altra strada. La Commissione non è favorevole all’autonomia dei singoli paesi, quanto interessata di aiutare l’industria degli OGM a farsi strada e a difendere se stessa da ulteriori accuse. Ciò si legge chiaramente nella prima versione della proposta, mentre nei documenti ufficiali presentati a luglio i passaggi corrispondenti sono stati cancellati. Non potendosi richiamare ai danni per salute e ambiente causati dagli OGM, uno stato membro non avrà modo di opporsi all’autorizzazione dell’UE, calcola la Commissione. Un altro motivo per cui difficilmente uno stato riuscirà a opporsi a una tale autorizzazione è che per vietare o permettere la coltivazione di un OGM è necessaria una maggioranza superiore al 70% nel Consiglio dei ministri europeo. Quando questa maggioranza non viene raggiunta (il che è la norma), l’ultima parola sta alla Commissione. Quest’ultima ha quasi sempre dato l’autorizzazione. Praticamente nessuna concessione fatta finora è dunque appoggiata da una maggioranza di stati membri. Come hanno reagito i paesi europei a una tale proposta? In maniera opposta e per motivazioni molto varie Italia, Spagna, Germania e Francia si sono dichiarate fermamente contrarie al fatto di spostare la decisione a livello nazionale; l’argomento principale è evitare il danno che verrebbe causato al commercio interno all’UE. Questi stati vengono appoggiati dal servizio giuridico del Consiglio dei ministri europeo: esso vede la proposta della Commissione come un’infrazione contro l’articolo 114 del trattato di Lisbona, che si pone come obiettivo il rinforzamento del commercio intra-europeo. Inoltre, l’ufficio giuridico non reputa convincente la motivazione etica che allontana dagli OGM: in tal caso non bisognerebbe vietare solo la coltivazione, ma anche l’importazione di una determinata specie di OGM. Altri paesi europei appoggiano invece la proposta della Commissione. L’Austria perché pensa così di poter vietare gli OGM con più facilità, i Paesi Bassi perché vogliono aiutare tale industria ad affermarsi e altri paesi quali Gran Bretagna e Bulgaria perché sperano che così si raggiunga maggiore chiarezza nei processi giuridici. Le associazioni ambientaliste reagiscono invece in modo unanime: organizzano una manifestazione internazionale che avrà luogo il 22 gennaio a Berlino. Il motto della dimostrazione recita: "Ne abbiamo avuto abbastanza: no a OGM, a fabbriche di animali e all’export dumping!"

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