Italia indietro sui rifiuti hi-tech, l'inchiesta di Greenpeace

La video inchiesta di Greenpeace sull'adozione del decreto sui rifiuti elettronici rivela che, a sei mesi di distanza dall'entrata in vigore della normativa, molti rivenditori hi-tech non adempiono all'obbligo di ritiro gratuito 'uno contro uno' dei prodotti tecnologici usati a fronte dell'acquisto di un nuovo articolo.

Italia indietro sui rifiuti hi-tech, l'inchiesta di Greenpeace
In occasione delle feste natalizie aumenta l'acquisto dei gadget elettronici. Ma che succede quando vogliamo disfarci di un prodotto hi-tech? Greenpeace pubblica la nuova video inchiesta sull'adozione del decreto sui rifiuti elettronici entrato in vigore lo scorso giungo (D.M. n.65 del 2010). A sei mesi di distanza, il 51% dei rivenditori hi-tech intervistati non adempie ancora all'obbligo di ritiro gratuito 'uno contro uno' dei prodotti tecnologici usati a fronte dell'acquisto di un nuovo articolo. La ricerca è stata realizzata in 107 negozi di elettronica - in 31 città italiane - appartenenti alle catene di distribuzione Euronics, Eldo, Mediaworld, Trony e Unieuro, che detengono il 70% circa della quota di mercato. A Firenze, Roma, Salerno, Palermo e Venezia l'associazione ha effettuato la ricerca filmando alcuni negozi con l'uso di telecamere nascoste. Greenpeace ha stilato una classifica parziale e relativa ai cinque rivenditori contattati. In testa troviamo Eldo, dove il 60% dei negozi ritira gratis l'usato, a cui seguono Mediaworld, Trony e Unieuro. Ultima in lista Euronics dove solo il 45% dei punti vendita rispetta la legge. "Questi risultati ci confermano che l'Italia è ancora indietro nella gestione dei rifiuti elettronici, nonostante la direttiva comunitaria risalga al 2002 – commenta Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia -. Ancora la metà dei negozi, fra quelli intervistati, non è in linea con la legge e nel 63% dei casi non viene fornita la giusta informazione ai clienti sulla gratuità del ritiro, nonostante il decreto parli chiaro". In 27 negozi (pari al 25%) Greenpeace ha scoperto che il costo di consegna a casa del prodotto nuovo è aumentato per mascherare il ritiro non gratuito dell'usato. In questo caso non ci sono differenze particolari tra le varie aree geografiche del Paese e fra i cinque rivenditori hi-tech oggetto del monitoraggio. Nel 14% dei casi il ritiro gratuito avviene solo se il vecchio prodotto è portato in negozio, mentre nel 12% non viene proprio effettuato (in 13 negozi su 107) e al cliente viene suggerito di contattare l'azienda locale di gestione dei rifiuti o andare direttamente ai centri di raccolta. Proprio i centri di raccolta dei rifiuti sono uno dei nodi nevralgici del sistema di cui Greenpeace ha già denunciato l'inefficienza. I centri sono sotto accusa anche da parte degli stessi rivenditori poiché insufficienti e non sempre accessibili alla grande distribuzione. Su circa 3.000 centri di raccolta, il 70% circa è localizzato in sole quattro regioni d'Italia (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto). D'altra parte, sono i comuni - che ricevono appositi fondi - a dover intervenire per migliorare le condizioni infrastrutturali dei centri stessi. "I risultati della nostra inchiesta - conclude Polidori - dimostrano quanto sia importante che i rivenditori hi-tech mettano subito in pratica la legge senza alcuna eccezione, com'è altrettanto fondamentale che il governo curi e incentivi l'adeguamento della rete dei centri di raccolta".

Commenti

ma è stato un passo indietro, già quello di uno contro uno.E' avvenuto, perchè non si è riusciti far funzionare la raccolta. questa logica è gia in vigore per l'olio usato, per le batterie, per le gomme auto. E non funziona. Non può funzionare, perchè ci sono conflitti di interessi. Occorre creare la filiera: "rifiuto e utilizzatore di materia seconda, gestita da terzi.
pio, 22-12-2010 08:22

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