Reportage - Vietnam. Ritorno ad Ha Noi, sulle rive di Hồ Hoàn Kiếm

Da una parte il sogno di una città che ancora non esiste, dall’altra una povertà imperante. Continua il reportage di Roberto Tofani tornato in Vietnam sulle rive di Hồ Hoàn Kiếm, per raccontare le mille contraddizioni di un paese ancora poco conosciuto dalla cultura europea.

Reportage - Vietnam. Ritorno ad Ha Noi, sulle rive di Hồ Hoàn Kiếm
Si ritorna in un Paese, in una città, per caso, per scelta, per amore o per lavoro. Qualunque sia il motivo della partenza, l’adrenalina è sempre la stessa e sempre diversa. Fui io a scegliere Ha Noi per la prima volta e sinceramente neanche saprei dire se ci fosse un motivo particolare. L’idea di un amico di poter trovare in est Asia quella nuova linfa che sembra stia scemando in Europa sosteneva una scelta voluta quasi per gioco. Fui accolto a braccia aperte e fu amore a prima vista, senza nulla togliere agli altri cinque sensi, si intende. L’emozione e il motivo del viaggio predispongono animo e corpo in un ‘mood’ che non è mai uguale, ma quando le porte si aprono e la ventata umida lascia alle spalle l’aria confezionata e uguale in ogni aeroporto nel mondo, ogni senso viene coinvolto e stravolto. I 25 km che portano in città offrono al viaggiatore l’opportunità di lasciare libera la mente, di proseguire un viaggio tutto suo. La tensione della prima volta e la gioia del ritorno. La preoccupazione di doversi adattare al piacere di lasciarsi crogiolare e cullare. Se l’aumento del traffico e del numero delle auto è il primo indice della ricchezza cittadina, il numero sempre crescente di complessi industriali che costeggiano la grande arteria verso il centro, ci ricorda quella di Ha Noi e dei suoi sei milioni di abitanti (dati ufficiali). Ad un primo sguardo sembra che la strada sia di proprietà della compagnia telefonica LG. Sotto gli stendardi che ricordano i mille anni della città, migliaia di cartelli luminosi della nota casa coreana monopolizzano la comunicazione pubblicitaria. Forse a voler colmare il gap con le concorrenti Samnsung e Nokia, che invece spopolano tra le vie del centro e tra le affusolate e veloci mani vietnamite. (...) Sono diverse e confuse le prime impressioni e immagini di questo mio nuovo ritorno in una città che cresce, si allarga, sembrerebbe senza una chiara visione futura. Costruire il più possibile, fare affari, girare in motorino in cerca di occasioni e non pagare le tasse. Sembrano questi gli obiettivi agli occhi di un occidentale che si immerge nei giorni caotici di festeggiamenti che hanno reso frenetico un centro cittadino con una densità demografica tra le più alte al mondo. Il programma per questa dieci giorni di eventi che culmineranno con la parata militare davanti al mausoleo di Ho Chi Minh, danno l’idea che tutto sia perfetto e impeccabilmente organizzato. I turisti si aggirano con occhi allucinati da tanto frastuono e baccano provocato dalle migliaia di giovani famiglie che passeggiano sulle rive di Hồ Hoàn Kiếm, il lago centrale dove giace la leggendaria spada del popolo Viet. Le luci artificiali e brillanti si riflettono alla sera sulle acque del placido lago e fanno da eco alle migliaia di flash di macchine digitali, telefoni e apparati tecnologici utilizzati per fermare un evento per cui sono state spese cifre che è impossibile stabilire e comunque ben oltre quelle ufficiali (circa 60milioni di euro). Numerosi progetti e infrastrutture promesse per il millenario, che avrebbero dovuto rendere più vivibile e funzionale la capitale, non sono mai partiti o sono stati interrotti, sospesi, rendendo estremamente difficoltosa la possibilità di muoversi da un capo all’altro della città. Se non altro, a distanza di anni, l’utilizzo del clacson inizia ad avere una ragione. La strombazzata sembra avere uno scopo e non semplicemente è utilizzata per sottolineare la propria presenza nel traffico. Ma il numero di auto e motorini è in fortissimo aumento e la razionalizzazione dell’utilizzo del clacson, ahimè, non basta a rendere più piacevole la guida. Tra l’altro, io mi ritrovo a bordo di una vespa prestatami dall’amica Hanh con il pulsante del clacson che va a vuoto. Un muto in un mare di sordi. Impensabile muoversi con l’auto quando si rischia di restare bloccati anche a piedi. Eppure, Suv di ogni specie e colore, dai vetri rigorosamente oscurati, si muovono come elefanti in una cristalleria. D’improvviso, poliziotti in tuta cachi bloccano e transennano strade per gli eventi in corso, che si tengono a volte in palchi allestiti in tutta fretta uno di fronte all’altro. Non mancano certo le lamentele, soprattutto da parte di espatriati e businessman locali che perdono il prezioso tempo all’interno delle tanto agognate automobili, simboli di uno status che si vuole affermare. Forse il grande raccordo e le due circonvallazioni, programmate da anni, e la cui realizzazione è ancora lontana dal compiersi, avrebbero potuto rendere più agevole un traffico che dopo le 10 serali scompare magicamente. L’autunno senza piogge e la dolce brezza tiepidamente afosa accompagnano il mio girovagare senza meta, al termine di giornate vissute a rincorrere persone e storie da raccontare. Da una parte la propaganda volta a descrivere una città che ancora non esiste, dall’altra la sensazione che il tutto si possa bloccare all’improvviso come accade in certi incroci, dove autisti e piloti senza regole, si fronteggiano davanti agli occhi di stanchi e poco sorridenti poliziotti che sembrano fregarsene di regole e precedenze. Facciano un po’ loro. Poi a caso, nel mucchio, qualcuno viene fermato ed è costretto ad esibire documenti e soldi. "I miei genitori sperano che io diventi un poliziotto del traffico. Si possono fare tanti soldi extra", mi dice senza tanta innocenza un giovane hanoiano. A migliaia si incontrano nei bar allestiti sui marciapiedi, occupati sempre meno da venditori ambulanti e mendicanti, allontanati dalle 'forze del disordine', affinché il compleanno della vecchia Than Long abbia quantomeno una bella immagine agli occhi di turisti, non solo occidentali, ma soprattutto vietnamiti, accorsi per l’occasione di festa. E allora via dalle strade gli spazzini non autorizzati. Contadini che quando non sono nei campi per la semina o la raccolta del riso, si ritrovano in città per fare la raccolta differenziata che noi europei abbiamo affidato alla nostra poco pulita coscienza civica. Raccolgono plastica, lattine e carta per venderli poi ad intermediari della lunga catena del riciclo per guadagnare tra uno a due euro al giorno. Contadini che arrivano dalle campagne e si ritrovano in sistemazioni di fortuna lungo le rive del fiume rosso, da sempre dragato e spogliato della sua sabbia di fondo che andrà a finire nei pilastri di cemento armato che si stagliano dalle rive del lago Hồ Tây, fino alla periferia ovest della città. Benvenuti ad Ha Noi. Buon Compleanno Than Long. Mille anni vissuti e l’augurio, di viverne altri mille. Articolo pubblicato in collaborazione con Sudestasiatico.com

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