Consumi energetici: edifici italiani in cima alla classifica del Politecnico

L'Italia è prima in Europa per emissioni di CO2 riconducibili ad usi energetici nel comparto abitativo. Questo perché, secondo l'Energy efficiency report del Politecnico di Milano, la maggior parte degli edifici risale a periodi precedenti l'introduzione delle norme per l'efficienza energetica e un quarto di essi non è mai stato sottoposto a operazioni di riqualificazione.

Consumi energetici: edifici italiani in cima alla classifica del Politecnico
In Italia sono presenti attualmente circa 13,7 milioni di edifici, di cui 12,1 milioni a uso residenziale e 1,6 destinati ad altri impieghi. Il 70 per cento del patrimonio immobiliare è stato costruito prima che entrassero in vigore le norme sull’efficienza energetica, quindi in data anteriore al 1976, e il 25 per cento del totale non è mai stato oggetto di interventi di manutenzione. Il risultato è che il 36 per cento del fabbisogno energetico complessivo nazionale, pari a circa 133 milioni TEP (tonnellate equivalenti di petrolio), è assorbito dagli edifici. A rivelarlo è la recente ricerca condotta dall’Energy and strategy group della School of management del Politecnico di Milano, dal titolo Energy efficiency report, che analizza lo stato del parco edilizio italiano, le attuali normative e le soluzioni per migliorare le performance energetiche, anche in considerazione degli impegni assunti in sede europea. Nel luglio di quest'anno, infatti, l'Italia ha sostituito al piano nazionale di efficienza energetica del 2007, che poneva per il 2016 l'obiettivo di risparmiare circa 10,8 milioni TEP, un obiettivo di risparmio pari a 16 milioni TEP entro il 2020. La concreta attuazione di questi propositi non manca, però, di destare preoccupazioni. L'Italia è sempre stata all'avanguardia nell'elaborazione dei principi in materia di razionalizzazione dei consumi, pensiamo al concetto di isolamento termico minimo, sviluppato sull'onda delle crisi energetiche negli anni Settanta, al sistema dei certificati bianchi, oggetto di studio da parte di molti Paesi, anche extra-europei, e al principio della certificazione energetica, introdotto nel 1991 precedendo la normativa comunitaria del 1993. Eppure, l'effettiva implementazione non è mai stata all'altezza delle aspettative. Per stare ad uno degli esempi citati, bisogna attendere il 2009 per avere delle linee guida nazionali per l'attestazione della certificazione energetica, cioè a quasi vent'anni dalla sua prima formulazione giuridica. Una situazione complicata da confusione e incertezza normativa, pensiamo ai diversi regimi incentivanti per le fonti rinnovabili e all'attesa sulla proroga dello strumento della detrazione del 55% in scadenza alla fine del 2011. Nel rapporto, quindi, le soluzioni che permettono una riduzione dei consumi elettrici e termici negli edifici e quelle dirette all'autoproduzione di energia vengono classificate in base alla convenienza economica che si ha, rispettivamente, in assenza o in presenza di agevolazioni statali, in edifici di nuova costruzione o in immobili già esistenti. Il risultato della ricerca è l'individuazione di tre categorie di soluzioni. Risultano convenienti in assoluto, anche in assenza di incentivi statali, le tecnologie per l'illuminazione, i sistemi di isolamento delle coperture e del suolo, le caldaie a condensazione e le pompe di calore. Sono invece convenienti solo laddove si stia realizzando un edificio ex novo le soluzioni di building automation e le chiusure vetrate. Meno convenienti, in termini di rapporto tra spesa sostenuta e risparmio sull'acquisto di energia, risultano infine gli investimenti relativi alla produzione da fonti rinnovabili. Secondo i ricercatori combinando le diverse tecnologie e stimando il loro grado di penetrazione si possono prevedere plausibilmente risparmi per 148 Twh elettrici e 654 Twh termici entro il 2016. Trasformato in TEP, il risparmio sarebbe pari a circa 44 milioni entro il 2016, ben oltre l'obiettivo dell'attuale piano nazionale.

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