La Spagna e le altre. Storie di droga e di mercati

Il metodo di finanziamento degli stati attraverso il mercato del credito ricorda molto da vicino le dinamiche della tossicodipendenza. Più uno stato ha necessità di una "dose" di credito, più questa gli sarà venduta a caro prezzo. Per finanziarsi sui mercati la Spagna è stata costretta a ridurre drasticamente la spesa pubblica e smantellare il proprio stato sociale.

La Spagna e le altre. Storie di droga e di mercati
Pochi scrittori sono riusciti a descrivere gli abissi del crimine e della tossicodipendenza come Edward Bunker. Una vita trascorsa fra riformatori e prigioni, circondato da un'umanità varia e fuori dal comune non ha intaccato di una virgola la sua capacità critica, ed ha donato alla sua penna una lucidità dura e tagliente. Egli spiega con chiarezza il meccanismo, semplice ed universale, che trascina un uomo negli abissi sempre più profondi dell'eroina. Tutti, dal primo all'ultimo, sono convinti di poter smettere. Iniziano per motivi vari, chi per gioco, chi per disamore della vita, chi per distinguersi chi per uniformarsi, chi per provare il proprio coraggio. Spesso sono gli stessi spacciatori a fornire le prime dosi gratis, o a prezzi d'occasione, giusto per provare. Poi diventa una necessità. Ed è lì che scatta il gioco infernale. Più la necessità è impellente, più si è disposti a fare di tutto per una dose, l'ultima, si giura a noi stessi. Pagare, rubare, persino uccidere. E – per la legge della strada – più chi ci rifornisce è consapevole del nostro stato, più alzerà il prezzo della dose, sapendo che qualsiasi esso sia saremo disposti a pagarlo. Ovvio, un ragionamento lucido ci renderebbe consapevoli che una dose in più è un ulteriore passo verso la nostra fine; che il rimedio ai nostri mali non si trova certo in quella direzione. Ma la lucidità non è di casa quando il tuo corpo smania ed il cervello esplode sotto gli effetti della dipendenza. Da tempo ormai quasi tutti i paesi del mondo hanno iniziato a farsi. La loro droga non si chiama eroina, ma gli effetti sono all'incirca gli stessi. La finanza, la droga del nuovo millennio. Hanno iniziato adagio, foraggiati di credito facile dai mercati-spacciatori. Ci sono caduti tutti, dal primo all'ultimo. Prendiamo l'esempio della Spagna – ma potremmo prendere quello della Grecia, dell'Italia o dell'Islanda. Dapprima le grandi banche internazionali hanno inondato il paese di credito a buon mercato, facendo crescere a dismisura alcuni settori come quello edilizio, alimentando speculazioni, generando benessere ma anche enormi disparità. Questa nuova ricchezza, ottenuta senza bisogno di investire risorse ed energie in attività produttive, ha convinto il paese ad abbandonare gli ormeggi sicuri dell'economia reale per gettarsi a capofitto nei marosi della finanza e dei mercati internazionali. È successo dunque che lo stato, assieme alle banche spagnole, è divenuto dipendente da questo credito. È allora che, complice la crisi, i finanziatori che fino ad allora si erano dimostrati così generosi hanno iniziato ad alzare il prezzo delle dosi. Più l'economia nazionale vacillava di fronte a questa improvvisa incertezza, più i prezzi del credito aumentavano. I mercati, spacciatori di denaro, costringevano il paese ad acquistare credito ad interessi sempre più elevati. È la legge del mercato, ancor più dura di quella della strada. Come ogni tossicodipendente in fase acuta, anche la Spagna ha iniziato a fare qualsiasi cosa pur di potersi accaparrare un'altra dose. Ha accettato di pagare interessi strabilianti, che andavano a gonfiare debiti impossibili da ripagare; ha iniziato a smantellare il sistema di previdenza sociale, di welfare, ha venduto beni, proprietà, attività, ha licenziato lavoratori e innalzato le età pensionabili. Il governo di Mariano Rajoy ha fatto tagli alla finanza pubblica per 48 miliardi di euro: 27 allo Stato, 18 alle regioni e 3 ai municipi. Un primo assaggio di un pacchetto di tagli complessivo di 65 miliardi. Il tutto per potersi permettere di continuare ad acquistare credito con interessi che ormai si aggirano attorno al 7 per cento sui titoli decennali. Oltre che per sbloccare gli aiuti europei da 100 miliardi di euro alle banche – private – spagnole, anch'esse in crisi d'astinenza. Anche in questo caso, basterebbe un poco di lucidità per comprendere che non è questa la direzione che porta alla guarigione. Di qua si va solo verso una lunga agonia. Ma la lucidità manca a chi si ritrova con l'acqua alla gola e senza risorse. Intanto sull'altro fronte, su quello degli spacciatori, hanno iniziato ad emergere verità imbarazzanti. Chiunque si sia mai interessato all'argomento “tossicodipendenza” sa bene che dietro ad ogni spacciatore c'è un'organizzazione criminale che lo appoggia. A quanto pare gli spacciatori di credito non fanno eccezione. Tutta una serie di scandali dimostra quanto siano alti il livello di corruzione e la concentrazione di potere che si nascondono dietro al mercato del denaro. L'ultimo, probabilmente il più clamoroso, è passato quasi inosservato. È emerso che la maxi banca inglese Barclays, assieme ad altre 12 banche internazionali, truccava l'indice Libor (London Interbank Offered Rate), il tasso di riferimento europeo al quale le banche si prestano denaro tra loro. In pratica decideva a tavolino il costo del denaro, sostituendosi così alla sempre più fantomatica “mano invisibile del mercato”, retoricamente autonoma e livellatrice ma sempre più palesemente pilotata ed ingiusta. Lo scandalo segue quelli che avevano coinvolto, per motivi simili, Goldman Sachs, JP Morgan, la Peregrine Capital. La situazione è così compromessa che poco tempo fa l'influente quotidiano britannico Guardian – ripreso dalle parole di Vincenzo Comito sul Manifesto - ha ammesso che “l'idea che l'intero sistema finanziario occidentale sia invischiato in una gigantesca frode di tipo sistemico – e che gli attori principali del gioco, le banche, i politici, gli organismi di regolazione, lo sappiano bene e comunque tacciano – appare una conclusione inevitabile”. Nei romanzi di Bunker gli eroinomani fanno sempre una brutta fine. Il suo realismo brutale non lascia spazio a redenzione ed eroismo, non conosce il lieto fine. Sarebbe bello pensare che per gli stati la storia possa andare diversamente, che da un giorno all'altro possano rinsavire e cambiare di colpo direzione. Ma questo non accadrà. I paesi continueranno nell'opera di autodistruzione, incuranti di proteste, scioperi, rivolte. Allora siamo noi per primi a dover uscire dal mercato, far rinascere gli scambi e le relazioni, abbandonare una moneta che nasce dal debito, svincolarsi dai meccanismi che ci rendono inevitabilmente schiavi dei nostri spacciatori.

Commenti

Non ci sono molte soluzioni, è necessario incominciare a lavorare poco, vivere con poco e cambiare definitivamente vita. Solo così possiamo evitare le crisi e vivere felici. Basta!
www.smetteredilavorare.it, 02-08-2012 11:02
Pienamente d'accordo!!!
Simone Mar, 26-08-2012 03:26

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