Debiti sovrani, i rischi del declassamento da parte delle agenzie di rating

Si respira in questi mesi "una certa aria scolastica" dato il susseguirsi di bocciature e brutti voti sui debiti sovrani europei. Quali sono però i rischi del declassamento? La cronaca di questi tempi è volta a comprendere l’affidabilità e la liceità con cui le Agenzie di Rating emettono i propri giudizi.

Debiti sovrani, i rischi del declassamento da parte delle agenzie di rating
In questi mesi ci si potrebbe sentire come tornati tra i banchi di scuola. A scuola la bocciatura, i brutti voti e i 'debiti scolastici' vengono il più delle volte vissuti come una punizione per non aver fatto abbastanza, per non aver 'capito' ed è raro che si spieghi, a chi viene bocciato, cosa non abbia compreso, o perché si sia sbagliato nel suo modo di capirlo, e quindi il perché della punizione. D’altronde non c’è insegnante che sia pronto a mettere in discussione le sue stesse capacità e la qualità delle sue lezioni: si viene bocciati perché non si ha capito e non si ha capito perché non si è studiato abbastanza; questo è tutto ciò che c’è da sapere. Il bocciato o il rimandato avrà allora due strade davanti a sé: rimanere sul sentiero della mediocrità scolastica, coltivando in sé l’idea - nata dall’assenza di motivazione personale che ha radici in insegnamenti di cui non comprende il senso - che in fondo sono gli insegnanti a non capire molto poiché ciò che insegnano non è di nessuna importanza o, alternativamente, metterà tutte le proprie forze a servizio del pagamento del debito al sistema. E tuttavia, nella vita appare vero il contrario: i debiti non bisogna pagarli distruggendosi né tanto meno bisogna abbandonarsi al fallimento poiché bocciature e debiti aprono la possibilità di una scoperta di qualità che fino ad allora erano rimaste latenti. In questi mesi si respira proprio una certa aria scolastica dato il susseguirsi di bocciature e brutti voti che toccano ai debiti sovrani Europei: Standard and Poor's ha infatti declassato il debito sovrano a breve e a lungo termine dell'Italia portandolo da A a A-1, mentre la più gentile Moody's ha concesso un A2. La stessa agenzia Moody's ha precedentemente declassato il rating sulla solvibilità del debito sovrano Spagnolo da Aa2 ad A1, mentre il Portogallo è stato valutato Ba2. Il voto dato alla Grecia è stato B1, l’Irlanda si aggiudica un bel Ba1, e a rischio di declassamento ora sono esposte anche le banche francesi. Date le conseguenze economiche che seguono la sentenza pronunciata dalle Agenzie di Rating, la cronaca di questi tempi è volta a comprendere l’affidabilità e la liceità con cui queste ultime emettono i propri giudizi. Invero, si cerca di comprendere se sia il caso che 'proprio' in tempi di crisi esse, affondando ulteriormente il coltello nella ferita, danneggino ulteriormente la fiducia degli investitori. Innanzitutto, ci si potrebbe chiedere che senso abbia declassare un debito che è sempre fatto per essere pagato. Ma date le dimensioni che non conoscono più misura di 'alcuni' debiti sovrani (Stati Uniti in primis), ci si potrebbe chiedere se il debito pubblico non si costituisca invero per non essere mai ripagato, e quindi per aumentare sempre, a patto che si riesca a garantire il suo finanziamento nel lungo periodo mantenendo alta la fiducia nel ripianamento del debito stesso. Ciò che viene ad essere declassata è invero la capacità e la speranza che questo debito venga ad essere onorato; speranza che oggi prende forma nella capacità di ripresa economica dei singoli paesi Europei. Si boccia chi non rende e tanto meno si reputa renderà in futuro se continua su questa strada. Come dicevamo i declassamenti massicci da parte delle Agenzie di Rating sono arrivati ora, in corrispondenza di una crisi economica generale a peggiorarla, e tuttavia che cosa peggiorano nella crisi precisamente? Non potrebbe essere che i 'cattivi voti' siano proprio un tentativo di trovare i capri espiatori , ovvero quei paesi che non avendo rispettato le regole del pareggio di bilancio, sono ora causa del rallentamento della ripresa economica? Se si ammette quest’ipotesi, resta da chiedersi: perché bisogna trovare un capro espiatorio? Il declassamento implica l’ordine esecutivo dato agli stati di fare di più ora e subito, o almeno promettere di farlo. Se prima ogni debito era buono perché i mercati potevano sostenere ogni debito in prospettive di crescita, ora ogni debito è cattivo date le prospettive di decrescita. In breve, quando il mercato non funziona allora sono gli stati a dover funzionare. Ma funzionare per cosa? Certo non per promuovere l’occupazione, 'il lavoro', né tanto meno per finanziare la ricerca e l’arte in quanto le politiche adottate per ripianare il debito vanno in senso opposto: ovvero includono tagli alla spesa pubblica e politiche economiche di contenimento. Una domanda sorge allora immediata: in che senso e perché gli stati devono iniziare a funzionare propriamente in carenza di mercati finanziari efficienti? Molto probabilmente si spera che declassando i debiti sovrani Europei la fiducia che non si ha nella ripresa dei mercati si sposti sugli Stati. In fin dei conti, prima che lo studente venga ad essere bocciato non si ha molta fiducia nelle sue capacità di recupero, ed è solo dopo la bocciatura che tutti sperano che lo studente 'avendo imparato la lezione' si impegnerà un pochino di più. La punizione porta con sé la fiducia in un miglioramento, poiché rende visibile la direzione di un miglioramento entro i limiti di ciò che già si conosce, mentre la bocciatura in sé rivela la falla di un sistema che non riesce a comprendere ciò che le è estraneo. Parallelamente segue che la bocciatura dei debiti sovrani non è in fondo che un meccanismo volto a mantenere solido un sistema di funzionamento, comprimendo le economie reali, al fine di sostenere la credenza che ci sia qualche meccanismo che è da aggiustarsi da qualche parte. Ormai forse non si sa più neanche dove. Al minimo si può dire che tali manovre sono volte a salvare il passato e il meccanismo che lo tiene in piedi. Difatti distruggendo ciò che già c’è nascerà la fiducia data dalla necessità di ricostruire e impauriti si tornerà a fare ciò che si faceva prima, in un modo migliore. Tagliare la spesa pubblica predicando la necessità di sacrificarsi per il futuro potrebbe promuovere la fiducia in una ricostruzione che deve farsi, e invero una guerra potrebbe garantire gli stessi risultati con più efficacia. E tuttavia, cosa bisogna ricostruire, dove bisogna tornare? Sembrerebbe che la risposta attualmente in voga sia: sul sentiero dove eravamo, prima che la macchina si inceppasse. Il cuore del dilemma è proprio qui: esiste un età dorata a cui si deve tornare, l’era pre-crisi finanziaria? Oppure la stessa crisi non mostra una mancanza che va colmata, e quindi una situazione che non necessita di una distruzione che stimoli la fiducia, bensì di una previa fiducia che porti a costruire il nuovo lasciando andare ciò che è passato? In fondo il dilemma è questo: scegliere se salvare il passato o se dare fiducia al futuro. Il dilemma è tra scegliere di punire bocciando chi non ha raggiunto gli obiettivi richiesti dal sistema scolastico rafforzando così solo 'l’istituzione scolastica', oppure scegliere di vedere nel presente fallimento l’indizio per comprendere ciò che non si era saputo vedere prima, lasciandosi alle spalle un sistema per scegliere l’individuo.

Commenti

Grazie per l'articolo ben scritto che individua quali sono i punti deboli di questo sistema. Vorrei fare una precisazione: si parla di debito sovrano degli Stati, ma il debito attuale, di sovrano ha ben poco. Gli stati europei sono dei sovrani "zoppi". Da loro ci si aspetta la sovranità politica, ma non possiedono più la sovranità monetaria. Come si fa a camminare su una gamba sola? Questa "crisi" del sistema attuale ci indica la strada per la creazione di un nuovo sistema, sia politico sia fiscale. Ogni stato europeo potrebbe riappropriarsi della sovranità monetaria, ritornando ad essere proprietario della moneta nazionale, che potremmo sempre chiamare Euro, se ci piace, e potrebbe essere comunque una moneta condivisa in tutti gli altri stati dell'Europa. Cosa ce lo impedisce? Se i mercati finanziari ci hanno mostrato la loro fragilità, allora riportiamo il debito all'economia Reale, quella basata sulle risorse proprie della nostra nazione. Come hanno fatto in Islanda. Riprendiamoci la nostra sovranità politica, la sovranità appartiene al popolo. Eleggiamo direttamente il nostro capo di Stato. Riduciamo il Governo ad un organo snello, veloce e gestore ottimale di servizi per il popolo. Basta con questo sistema di rappresentanza sempre più frammentario. Non siamo più bambini da controllare e da sgridare, siamo cittadini sovrani di noi stessi. Esiste già in Italia un nuovo punto di vista. Partito Italia Nuova.
Titta76, 02-11-2011 10:02
Quante chiacchiere, quanta confusione... Tornare dove, tornare a cosa?? Già nel verbo è insita la beffa. Noi dobbiamo VIVERE!! E' il ns. istinto e nel tornare indietro non si vive, dobbiamo andare avanti. La scelta è obbligata: possiamo solo migliorare quello che abbiamo adesso, non tornare a qualcosa che non c'è più!! Ben venga attivarsi TUTTI per far funzionare a dovere una burocrazia, in molti casi, fine a se stessa. Per far funzionare una società che vive guardando solo il suolo sotto i propri piedi. Ma diffidate di facili ricette di alcuni illusi che, come si faceva secoli or sono, pensano di potersi isolare, come fossero su un pianeta a sé stante. Paesi come l'Islanda pensano di poterselo permettere facendo leva su risorse naturali, che l'Italia non ha, senza tener conto dell'enorme impoverimento che la società dovrà sopportare. Unica soddisfazione? L'ho deciso io di fare la fame!
Alberto, 22-12-2011 12:22

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