Curiosi abitudinari

"Nonostante la distanza che separa la loro dalla nostra consapevolezza, i bambini sono umani molto equilibrati. Sanno, in un modo e in un senso lontani dal nostro sapere, che l’abitudine è proprio quel che ci vuole per allontanarsene momentaneamente e magari allo scopo di cambiarla".

Curiosi abitudinari
Capita, crescendo, che la monotonia delle azioni quotidiane ci faccia sentire esclusi dalla vita e ci allontani dalla nostra reale o presunta identità. Succede che la ripetizione di orari, percorsi, appuntamenti, doveri ci risulti soffocante e insopportabile. E allo stesso tempo imputiamo a questo tipo di routine l’assuefazione al mondo e alle sue poche, semplici regole, e l’indolenzimento di ogni curiosità, fino alla sua progressiva, completa scomparsa. Capita, quando si sta –anche per poco tempo- con i bambini, di accorgersi che sono loro le persone più abitudinarie e anche più curiose che si possa incontrare. Almeno fino a una certa età mangiano a un’ora stabilita, vanno a dormire entro un’ora solita, giocano con gli stessi pupazzi, vogliono ascoltare sempre la stessa storia pur sapendo quel che succede e come va a finire. Questa inclinazione all’abitudine e al suo piacere è ben riassunta nell’espressione ‘ancora, ancora’. Si capisce che è proprio quella forma di ripetizione a costruire il loro ambiente, lo spazio in cui si muovono, collegato a riti precisi e al tempo in cui si consumano questi riti. Se a un bambino che vive ogni giorno in una stanza imparata a memoria spegnete improvvisamente la luce, comincerà a piangere e si bloccherà nel punto in cui si trova, non tanto per la paura del buio in sé, ma perché quel buio gli nasconde i riferimenti del suo mondo, e senza quel mondo lui stesso è perduto. Il gioco di scomparsa delle cose funziona solo se dura per poco e più volte, finchè cioè anche l’andirivieni di luce e buio diventa una nuova abitudine. Eppure sono sempre loro, quei piccoli esseri prevedibili, gli stessi che chiedono ‘chi è, che cos’è, perché’ qualunque cosa venga loro raccontata o presentata all’attenzione. Mentre cercano di conoscerla riescono persino a scoprirci altri possibili usi, e una sedia funziona come un cavallo, o ulteriori significati, così per far girare il mondo bisogna ‘girare il mondo’. Nonostante la distanza che separa la loro dalla nostra consapevolezza, i bambini sono umani molto equilibrati. Sanno, in un modo e in un senso lontani dal nostro sapere, che l’abitudine è proprio quel che ci vuole per allontanarsene momentaneamente e magari allo scopo di cambiarla; che quella solida certezza del ritorno e della ripetizione ci fornisce la fiducia necessaria, il coraggio che richiede ogni vera avventura, inclusi i pericoli che essa comporta, e come accade in ogni scelta e reale esperienza. L’abitudine è come un allenamento che ci permette di mantenere in funzione e in salute l’organismo, pronto a uno scatto o a una lunga fatica. Non è solo una forma di conforto e di conferma, ma una disciplina grazie alla quale poter fare, dire, e pensare alternative che la continua ricerca di novità, nata com’è più dall’essere spaventati della morte che dall’essere curiosi della vita, non riuscirebbe neppure a cogliere.

Commenti

Molto bello questo articolo. Non mi sono mai soffermata a riflettere quanto sia importante il ripetere gesti, l'abbandonarsi alla consuetudine. I bambini hanno molto di quanto noi abbiamo dimenticato crescendo.
maria, 23-04-2012 08:23

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