Panni sporchi. Greenpeace: ancora sostanze tossiche nel bucato

Alcune sostanze pericolose, utilizzate per la produzione di abiti di grandi marche di abbigliamento, vengono rilasciate nell'ambiente e una volta disperse in acqua si trasformano in un composto tossico in grado di alterare il sistema ormonale degli organismi. A rivelarlo è Greenpeace che ha pubblicato ieri il rapporto Panni sporchi 3.

Panni sporchi. Greenpeace: ancora sostanze tossiche nel bucato
Ieri, in vista della Giornata Mondiale dell’acqua del 22 marzo, Greenpeace ha pubblicato il rapporto Panni Sporchi 3[1] che rivela come alcune sostanze pericolose usate per la produzione di abiti di grandi marche dell’abbigliamento[2] vengano rilasciate nell’ambiente dopo il lavaggio degli articoli in lavatrice. Una volta disperse in acqua, queste sostanze non sono trattenute dai sistemi di depurazione e si trasformano in nonilfenolo, un composto tossico e in grado di alterare, anche a livelli molto bassi, il sistema ormonale dell’uomo. L’indagine di Greenpeace, condotta su quattordici prodotti tessili di vari marchi fra cui Kappa, Ralph Lauren e Calvin Klein, misura per la prima volta la variazione delle quantità di nonilfenoli etossilati presenti nel tessuto prima e dopo il lavaggio domestico. In quasi la metà dei campioni, oltre l’80 per cento di nonilfenoli etossilati presenti nel tessuto appena comprato sono fuoriusciti dopo un solo lavaggio. “I risultati di questa indagine dimostrano che l’impatto dell’industria dell’abbigliamento non si ferma al Paese di produzione ma arriva ai Paesi consumatori creando un ciclo globale dell’inquinamento tossico. Le aziende tessili devono affrontare il problema e impegnarsi per l’eliminazione delle sostanze pericolose nell’intera filiera”, afferma Vittoria Polidori responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace. Nel 2011, le ricerche condotte da Greenpeace hanno prima evidenziato gli scarichi inquinanti dell’industria tessile nei fiumi della Cina[3] e poi trovato tracce di nonilfenoli etossilati negli abiti di grandi firme dell’abbigliamento prodotti nei Paesi emergenti e venduti in occidente[4]. La campagna Detox di Greenpeace ha convinto prima i leader dell’abbigliamento sportivo Puma, Nike, Adidas e poi altre aziende - fra cui H&M, Li-Ning e C&A - a impegnarsi per eliminare tutti gli scarichi tossici nella catena di fornitura e nei prodotti in commercio, entro il 2020. “Anche se l’uso di nonilfenoli etossilati nell’industria tessile è bandito nell’Unione europea, queste sostanze pericolose continuano ad arrivare tramite canali di mercato. In un certo senso, le aziende rendono i consumatori complici inconsapevoli dell’inquinamento delle risorse idriche”, conclude Polidori. Si stima che ogni anno nelle acque europee vengano sversate da ignari consumatori tonnellate di prodotti nocivi [5]: è giunto il momento per il settore tessile di fare passi concreti verso l’adozione di alternative più sicure ai composti chimici inquinanti. Considerate le dimensioni del problema, Greenpeace invita le aziende del settore ad accogliere la sfida Detox. Nonostante le ripetute sollecitazioni di Greenpeace rimane ferma l’italiana Kappa, del gruppo BasicNet, proprietaria anche dei marchi Superga e K-way. Nei suoi prodotti sono stati ritrovati nonilfenoli etossilati, ma la compagnia non sembra ancora aver compreso l’importanza di andare oltre le leggi in vigore, ripulendo dai veleni la sua filiera produttiva. Note: 1. L’Executive summary del rapporto 2. Abercrombie & Fitch, Adidas, Calvin Klein, Converse, G-Star RAW, H&M, Kappa, Lacoste, Li Ning, Nike, Puma, Ralph Lauren, Uniqlo e Youngor. 3. Panni sporchi 4. Panni sporchi 2 5. Månsson N, Sörme L, Wahlberg C & Bergbäck B (2008). Sources of Alkylphenols and Alkylphenol Ethoxylates in Wastewate - A Substance Flow Analysis in Stockholm, Sweden. Water Air Soil Pollution: Focus 8: 445–456.

Commenti

Comprare meno indumenti potrebbe essere anche di una qualche utilità. Dobbiamo riavvicinarci ad una vita completamente eco sostenibile, prima che sia troppo tardi.
maria, 23-03-2012 10:23

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