Santuario dei Cetacei, dopo il naufragio un tavolo tecnico per tutelare l'area

Sottoposto a minacce ambientali aggravate dal naufragio della Concordia, il Santuario dei Cetacei sarà oggetto di un tavolo tecnico che i presidenti delle Regioni Liguria, Toscana e Sardegna convocheranno entro il 29 febbraio al fine di mettere a punto norme a tutela dei mammiferi marini e contro l’inquinamento nell’area protetta.

Santuario dei Cetacei, dopo il naufragio un tavolo tecnico per tutelare l'area
Il Santuario è un’area marina protetta a livello internazionale che ha posto un precedente giuridico per la difesa di ampie aree del Mediterraneo. Si trova nel Mar Ligure, nel triangolo compreso tra la Costa Azzurra e la Toscana e intorno alla Corsica, dove per il confluire delle correnti si creano particolari condizioni che concentrano moltissime balene e balenotteri. Per proteggere questo immenso patrimonio biologico, nel 1999 è stato siglato un Accordo tra Italia, Francia e Monaco. La valenza istituzionale dell’accordo, che impegnava inizialmente solo i tre Paesi stipulanti, è cresciuta dopo che esso è stato inserito nel 2001 nell’elenco delle Aree a Protezione Speciale di Interesse Mediterraneo del Protocollo sulle Aree Protette (ASPIM) della Convenzione di Barcellona, ma di cui Greenpeace lamenta fin dagli inizi la mancanza di attività di progettazione, gestione, monitoraggio e controllo. La tragedia della Costa Concordia avvalora quei problemi creati dal traffico marittimo come evidenziati da Greenpeace Italia nel suo Rapporto della campagna mare Divieto di balenazione, pubblicato a luglio del 2010. Il traffico rilevato, 100 navi passeggeri al giorno (ma anche 200 in estate), è così elevato da causare problemi d’inquinamento, per lo sversamento sia di oli e carburante, sia delle cosiddette 'acque reflue' delle navi, ovvero i liquami che comprendono le acque di scarico provenienti da gabinetti, lavabi, etc. Le analisi delle acque superficiali condotte fino al 2010 nel Santuario sembrano confermare i dati raccolti già qualche anno prima, con un’elevata contaminazione da batteri fecali. I rilevamenti compiuti da Greenpeace nel 2010 rivelano un netto peggioramento della situazione anche per la diminuzione del numero di esemplari per gruppo. L’area protetta è sede di un traffico navale molto intenso, per il quale purtroppo non è stata emanata alcuna regola. L’incidente della Concordia ha reso nota l’inesistenza di una legge unica che limiti e disciplini il traffico alle grandi imbarcazioni o a quelle che trasportano carichi pericolosi nelle aree considerate sensibili. Per la difesa delle aree marine protette bisogna rifarsi anzitutto alla legge 394/91, che definisce in via definitiva e disciplina i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario per la tutela degli ecosistemi di pregio. Secondo tale norma, nelle aree in argomento, in via generale, si dovrebbero vietare: - la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonché l'asportazione di minerali e di reperti archeologici; - l'alterazione dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque; - lo svolgimento di attività pubblicitarie; - l'introduzione di armi, di esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura; - la navigazione a motore; - ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi. La regolamentazione di una navigazione turistica e mercantile che sia compatibile con le necessità di tutela delle acque, dell'ambiente, delle coste e del territorio, è una richiesta che anche il Consiglio Nazionale dei Geologi, tramite il suo presidente Gian Vito Graziano, ha avanzato ufficialmente alcuni giorni fa, appellandosi alla tutela per la navigazione e per le trivellazioni. Delle 27 aree marine protette in Italia (dallo stesso presidente Graziano ricordate) che aggiunte a 2 parchi sommersi coprono un totale di 22.000 ettari di mare e 700 km di costa sotto tutela, alcune sono zone particolarmente sensibili: lo Stretto di Bonifacio (il punto più delicato e pericoloso del Santuario dei Cetacei), Genova, La Spezia e Livorno, il Canale di Piombino, l’Arcipelago toscano, la Laguna di Venezia, le isole dello Stretto di Sicilia dove le Eolie e le altre isole non sono ancora parco nazionale o riserva, ma ricadono in un tratto soggetto a un intenso traffico marittimo, soprattutto di petroliere. La convocazione del tavolo tecnico entro fine mese per la salvaguardia del Santuario, vede l’impegno di Liguria e Toscana, ma Greenpeace chiede anche la partecipazione dei Ministri dell’Ambiente e dei Trasporti.

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