Trivelle e referendum: il 19 gennaio la “sentenza”. Un unico quesito rimasto

Sarà il 19 gennaio il giorno in cui la Corte costituzionale in camera di consiglio esaminerà l’ammissibilità del referendum sulle trivelle e le norme sulle perforazioni per l'estrazione di idrocarburi. I quesiti referendari erano stati promossi da 10 Regioni - Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise - poi rimaste in 9 dopo che l’Abruzzo si è defilato.

Trivelle e referendum: il 19 gennaio la “sentenza”. Un unico quesito rimasto

La Cassazione, cui spetta il primo vaglio di legittimità, aveva in un primo tempo accolto tutti e 6 i quesiti originari. Poi è intervenuta la legge di Stabilità, che ha per così dire "sanato" (o meglio è riuscita a dribblare, a boicottare) molti dei punti su cui ruotavano i referendum abrogativi, compreso quello sul divieto di perforazione entro le 12 miglia marine dalla costa, che resta. La Cassazione si è quindi nuovamente espressa ed è sopravvissuto un solo referendum: quello che riguarda, in sostanza, la durata delle autorizzazioni a perforare ed estrarre. Una durata che la legge estende a tutta la vita del giacimento ed è proprio questa la disposizione che si chiede di abrogare.

Intanto la Giunta regionale abruzzese ha deciso di sfilarsi dal gruppo delle Regioni che andranno avanti con l’opzione della consultazione popolare, nonostante il mandato “referendario” avuto dal Consiglio regionale quattro mesi fa.

Una decisione che ha scatenato la rabbia del coordinamento nazionale No Triv: «Le Regioni che sostengono il referendum sono rimaste in nove. Tutto questo è stato deciso dalla Giunta regionale e il Consiglio non ne era evidentemente al corrente, visto il contenuto dei comunicati diramati da alcuni esponenti di minoranza – sostengono dal comitato - Si tratta di un atto gravissimo e irresponsabile, dell’ennesimo colpo inferto alla democrazia nel nostro Paese. Non solo il referendum non è più da tempo nella disponibilità di nessuno (se non della Corte Costituzionale), ma avrebbe dovuto essere il Consiglio Regionale a discutere e decidere se deliberare su questo drastico cambio di rotta». Per i No Triv, «il presidente D’Alfonso e la sua Giunta devono dimettersi immediatamente».

«In Abruzzo ormai siamo al pezzo di carta in luogo di una delibera del Consiglio regionale, firmato dai soli consiglieri di maggioranza – spiega il coordinamento nazionale NoTriv - con il quale si "autorizza" il rappresentante del Consiglio regionale (Paolini) a non agire a tutela del referendum davanti alla Corte costituzionale (per il conflitto di attribuzione contro il Parlamento). Il "documento" reca persino la firma del Presidente del Consiglio regionale Di Pangrazio».

Intanto, con due decreti del 22 dicembre scorso, pubblicati nell'ultimo Bollettino Ufficiale Idrocarburi del 31/12/2015, il governo ha congelato la situazione autorizzativa di Ombrina Mare, la controversa piattaforma che la Rockhopper vuole realizzare nel mare abruzzese, salvandola così temporaneamente dal reintrodotto limite delle 12 miglia dalla costa, e ha concesso a Petroceltic Italia un nuovo permesso di ricerca per una area vicino alle Isole Tremiti (paradiso turistico italiano!).

Petroceltic avrà diritti su una superficie di 373,70 kmq dietro il pagamento di un canone annuo anticipato di € 5,16 per km2: per esplorare probabilmente anche con tecnologie dannose come l'air gun l'area dalla ricca biodiversità marina. Dunque pagherà in tutto meno di 2mila euro l'anno!

Si può anche firmare la petizione su Change QUI

 

Trivelle d'Italia. Perché il Nostro Paese è un Paradiso per Petrolieri

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.