L’Irlanda alla presidenza dell’UE: quali le politiche ambientali?

Il primo semestre del 2013 si è aperto con la presidenza irlandese in Europa, che durerà fino a giugno. La politica interna del paese ha evidenziato una grande sensibilità per la sostenibilità. Riuscirà il Primo Ministro Kenny a trasferirla anche in sede europea?

L’Irlanda alla presidenza dell’UE: quali le politiche ambientali?
Il 9 gennaio del 2013 l’Irlanda ha presentato il suo programma per il semestre gennaio-giugno, che la vedrà alla guida del Consiglio dell’Unione Europea. “Stabilità, lavoro e crescita” sono i tre pilastri, evidenziati anche nel sottotitolo della pubblicazione. Ma molti si aspettano dai nostri cugini celtici una decisa accelerata in termini di politiche ambientali, vista l’importanza che, anche in termini di rilancio economico, è stata attribuita ad essi nell’ambito delle manovre finanziarie di fine 2012. Punto fermo del piano in termini ambientali è il Settimo Programma d’Azione per l’Ambiente, che stabilisce una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2020 e si fonda su sette priorità relative al contenimento di emissioni, alla preservazione del capitale naturale, al miglioramento della ricerca, agli investimenti economici e alla pianificazione politica. L’impegno di Enda Kenny e del Ministro dell’Ambiente Hogan in sede europea è coerentemente supportato da una politica interna che già dal pacchetto anticrisi di fine 2012 ha cominciato a puntare con decisione sulla green economy. Certo, si è trattato solo di un input – il risveglio economico irlandese va attribuito principalmente all’incremento delle esportazioni e al finanziamento che il Fondo Monetario Internazionale ha accordato al paese –, ma una misura come l’aumento dell’aliquota della carbon tax, presente in Irlanda sin dal 2010, è stata fondamentale per modificare le abitudini ambientali dei cittadini e parallelamente contribuire a risollevare un’economia in crisi. Per quanto riguarda le misure fitosanitarie, veterinarie e di sicurezza alimentare, è previsto un pacchetto di cinque proposte: una legge sulla salute degli animali e una su quella delle piante, controlli ufficiali sulla catena alimentare e sulla filiera del cibo, una campagna informativa e pubblicitaria sulle sementi e un inquadramento finanziario del settore. Oltre a questo, vengono iscritte all’agenda altre due riforme: quella della PAC, la Politica Agricola Comune, e quella della pesca. Entrambe però vengono affrontate in maniera ambigua, con pericolosi equilibrismi fra sostenibilità ambientale e crescita economica e commerciale. È, in linea più generale, lo stesso problema che caratterizza il programma Europa 2020, attraverso cui la Commissione vuole rilanciare l’economia europea nel prossimo decennio. La parola d’ordine è 'crescita', declinata in tre modi: intelligente, inclusiva e sostenibile. Fra i cinque traguardi prioritari, l’unico improntato sulla riduzione dell’impatto ambientale è l’ormai famoso obiettivo 20/20/20. Di altro spessore è il programma LIFE, a cui il manifesto della presidenza irlandese fa riferimento più volte. Il progetto è nato nel 1992 e si propone di finanziare gli strumenti di politica e legislazione ambientali. Nella sua ultima fase 2007-2013, LIFE aveva a disposizione un budget di 2,143 miliardi di euro. Sarà L’Irlanda a traghettare il programma verso la sua prossima sessione, quella 2014-2020, per cui la Commissione ha previsto uno stanziamento di 3,2 miliardi di euro. Per quanto riguarda le misure anti-inquinamento, Enda Kenny prevede di stabilire un calendario per le vendite di quote di emissioni di anidride carbonica previste dalla Direttiva 87 del 2003. Viene però specificato che uno degli obiettivi è quello di agevolare la stabilità del mercato dei combustibili fossili nel periodo 2013-2020. Vengono promessi anche progressi nel campo dell’abbattimento delle emissioni di gas serra e nella graduale sostituzione dei combustibili tradizionali (benzina e gasolio) con biocarburanti, ma al tempo stesso viene quantomeno evidenziata una criticità connessa a questo aspetto, ovvero la sottrazione di suolo all’agricoltura per scopi alimentari. Per quanto riguarda la delicata tematica dei cambiamenti climatici, l’intenzione è quella di proseguire la strada intrapresa a Doha nel 2012, attraverso la conferenza sul clima intermedia che si terrà a Bonn nel 2013 e la riunione del Consiglio dei Ministri dell’Ambiente Europeo prevista per quest’anno proprio a Dublino. L’appuntamento più rilevante di giugno è quello di Aarhus, dove verrà definita la convenzione sui rifiuti e sulle sostanze chimiche, mentre a Istanbul si parlerà di politiche forestali. Complessivamente, se pure l’accento viene posto in maniera risoluta e rassicurante su sostenibilità, riduzione dell’inquinamento, ricorso a fonti energetiche pulite e altri importanti temi ambientali, le premesse tradiscono la necessità di piegarsi sempre al compromesso della crescita e del rilancio economico. Come dire: “Verde sì, ma solo se conviene”. È comunque giusto rilevare che nell’immenso calderone di leggi, finanziamenti, politiche e direttive che è l’Unione Europea, non è difficile trovare singoli programmi o iniziative, purtroppo ancora isolate, che partono dai presupposti giusti, guardando per prima cosa alla sostenibilità.

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