Capi, leader, guru, messia e uomini del destino

La situazione in cui si trova la nostra società è in gran parte dovuta alla tendenza ad affidare le sorti del nostro destino a qualcun altro, il più delle volte al potente di turno. “Ma per quale motivo dovremmo mai rimettere la nostra vita e le nostre scelte nelle mani di un altro?”.

Capi, leader, guru, messia e uomini del destino
La storia, purtroppo, racconta di potenti e non di genti. Si studiano e si ricordano le gesta di questo o quel condottiero, di questo o quel dittatore, statista, politico, trascinatore di folle, leader carismatico e così via. Come se il percorso umano complessivo fosse il risultato dell’azione di una manciata di uomini o donne volitivi e seducenti, e null’altro. Se siamo nella situazione in cui ci troviamo, lo si deve in gran parte proprio a questa tendenza, storicamente comprovata, ad affidare il proprio destino a qualcun altro, a delegare le proprie scelte, la propria vita, la propria volontà a persone carismatiche ritenute dalla massa superiori e migliori di tutte le altre, o, semplicemente, comode, per delegar loro problematiche individuali e collettive. Eppure alcune domande dovrebbero risalire spontaneamente dal profondo: ma per quale motivo dovremmo mai rimettere la nostra vita e le nostre scelte nelle mani di un altro? Solo perché sembra più istruito? Brillante? Più scaltro? Più cinico ed esperto nel manipolare e usare le genti? Come mai in questa società si riconosce come un valore saper ingannare gli altri, avere un ascendente su di essi, quando queste 'qualità' vengono normalmente usate per i più nefasti e abietti scopi? Su cosa si basa il valore positivo che attribuiamo all’abilità di abbindolare il prossimo? Questo è il punto di partenza per un’interpretazione realmente spirituale dell’esistenza. La spiritualità è innanzi tutto indipendenza di pensiero, di contemplazione e di azione nel rispetto dell’altro e, in secondo luogo, attività concreta di costruzione di un mondo migliore in prima persona e nella propria quotidianità. Brano tratto dal libro “Pensare come le montagne”, capitolo “La spiritualità”

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