A chi servono gli immigrati

Un estratto dal libro 'Pensare come le montagne' di Paolo Ermani e Valerio Pignatta (Terra Nuova Ed., 2011) analizza la figura dell'immigrato nella nostra società in relazione al mercato dei consumi.

A chi servono gli immigrati
Il nostro modello socio-economico non può più essere considerato il migliore in assoluto. Siamo una vetrina splendidamente allestita e luccicante, ma piena di oggetti insulsi e di poco conto. Oggetti che hanno preso il posto dei nostri sentimenti più puri e umanitari. Dovremmo fare una forte autocritica, dato che il nostro modello si basa sullo sfruttamento e la rapina anche di quei popoli (e singoli individui) che poi vogliamo mandare via a calci, quando reclamano qualche briciola del banchetto al quale ci abbuffiamo quotidianamente. E non è solo senso figurato. Basti pensare alla crescita esponenziale degli obesi nelle nostre società. Non dimentichiamoci poi che l’immigrato, per gli italiani che ne sanno approfittare (e sono una lunga fila) è una autentica opportunità. Esso viene sfruttato nel mondo del lavoro, lo si spreme con affitti esorbitanti ammassandolo in spazi angusti insieme ai suoi compagni di sventura. Stipati in appartamenti fatiscenti costoro si adattano alla parola d’ordine dei proprietari: più ce ne stanno e meglio è. Infine, data la sua disponibilità a lavorare per compensi minimi, l’immigrato si usa per ricattare gli altri lavoratori, nell’intento di abbassare il costo del lavoro, ossia le buste paga. Ma non è ancora tutto. Gli operatori finanziari ricavano guadagni altissimi dalle rimesse degli immigrati nei loro paesi di origine. Immigrati che sono divenuti indispensabili per le industrie o per i lavori più umili e pesanti che gli italiani non fanno più o non vogliono più fare. È il caso, solo per fare qualche esempio, di saldatori, conciatori, braccianti agricoli e badanti. Immigrate queste ultime con il pedigree a posto: se venisse a mancare il loro apporto, nel giro di pochi minuti l’Italia sarebbe socialmente in ginocchio. L’immigrato poi viene buono anche sul fronte politico e della criminalità organizzata (che talvolta non differiscono). In occasione di ogni campagna elettorale gli immigrati vengono usati per chi cerca voti pavoneggiandosi quale cultore e difensore delle democrazie multiculturali, nonché, d’altro canto, sono vittime preferite per il linciaggio mediatico inscenato da coloro che puntano a mantenere alto nella popolazione il quoziente razzista, ottenendo il massimo dei consensi e del sostegno sbandierando notizie di stranieri che si sono dati alla delinquenza o che vengono usati dalla malavita (a volte perché senza alternative reali di inventarsi una vita normale). Per il sistema economico attuale l’immigrato è dunque una gallina dalle uova d’oro e ciò a prescindere dalle dichiarazioni di facciata dei politici che lo strumentalizzano per accaparrarsi consenso elettorale, in un modo o nell’altro. Tutto questo se consideriamo il problema immigrazione dal nostro punto di vista, ossia sul lato pratico dello sfruttamento. Dal punto di vista degli immigrati sicuramente ci sono altre dinamiche di cui bisogna tener conto. Non possiamo nasconderci, infatti, che nella maggior parte dei casi l’immigrato è una persona che ha come obiettivo quello di aderire al nostro modello di mercato e quindi è un ottimo consumatore, così come lo siamo noi e come lo sono stati un tempo i nostri immigrati dal sud al nord dell’Italia e dall’Italia al nord dell’Europa o verso altri paesi. Per avere riscontro di questa affermazione è sufficiente andare in un qualsiasi ipermercato o discount per rendersi conto dell’enorme importanza dell’immigrato per l’economia della crescita infinita. Tutti coloro che ce l’hanno fatta, spesso a prezzo di sacrifici e umiliazioni durissime, adesso si godono la loro vittoria comprando montagne di prodotti (che ormai si vendono a prezzi irrisori), perché è così che si entra nella civiltà superiore dell’Occidente opulento: comprando di tutto. In tal modo essi diventano e si sentono finalmente uguali a tutti noi. Il ciclo chiuso del “produrre-consumare-produrre” si “multiculturalizza” ma rimane sempre tale. E con esso proliferano in territori umani prima sconosciuti i virus dell’opulenza che rappresentano il drammatico rovescio della medaglia delle nostre società. Brano tratto dal libro 'Pensare come le montagne' di Paolo Ermani e Valerio Pignatta.

Commenti

Non ho letto il libro, ma, da quanto esposto nell'articolo, ritengo molto veritiera l'analisi e molto serio il messaggio all'opinione pubblica italiana ancora assopita nel suo irragionevole senso di diritto al benessere indivuduale. Basterebbe la lettura di qualche libro sulle passate emigrazioni degli italiani ( tra gli altri "Morte agli Italiani" di Enzo Barnabà sul linciaggio degli operai italiani nella saline di AIGUES MORTES vicino a Marsiglia nel 1893 per non parlare delle vicende degli immigrati italiani negli USA prima dell'entrata in guerra di quel Paese nella seconda guerra mondiale) perchè una vasta schiera di imprenditori, affittuari, parenti occupatissimi, politici e sindacalisti si vergognasse di farsi vedere in pubblico. Mi auguro che i lettori e i commentatori vogliano andare alle radici del fenomeno e ne analizzino le cause senza paura di rivedere certe malsane concezioni e preoccupazioni di sicurezza internazionale e nazionale, interpretate razzisticamente dalla legislazione vigente.
Franco, 02-01-2012 08:02

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