Black friday, black year e black out dei cervelli

Black Friday: mentre ogni anno commentiamo questa ennesima follia consumistica, nel frattempo si è passati da un solo giorno a due, poi a tutta la settimana, poi a tutto il mese di novembre; qualcuno poi lo fa anche in estate... Come se non si comprasse abbastanza...

Black friday, black year e black out dei cervelli

Mentre noi ogni anno commentiamo questa ennesima follia consumistica, nel frattempo i black friday si moltiplicano, da un solo giorno che era all’inizio e che segnava la rincorsa ai regali di Natale, poi si è allargato al cyber monday, poi è diventato di tutta la settimana, poi a tutto il mese di novembre, qualcuno poi lo fa anche l’estate o in altri periodi e ormai le trovate “black” sono innumerevoli. E tutto questo come se non si comprasse abbastanza, come se durante tutto l’anno non fosse già un black year compulsivo di acquisti. Ma per il regno dello spreco e dell’opulenza dove viviamo non è mai abbastanza, c’è sempre qualcosa da buttare e ricomprare, c’è sempre qualche diavoleria che solletica la voglia compulsiva di acquisto per cercare di riempire i vuoti esistenziali delle persone che hanno smarrito senso e direzione. Più la vita è noiosa e priva di interesse e più ci si dedica all’acquisto con negozi e centri commerciali che sono diventati i nuovi luoghi di culto, visto che ci si passano interi sabati e domeniche. Per non parlare dell’e-commerce dove con un semplice click si possono acquistare vagonate di prodotti senza alcun problema, indolore e asettico.
Ovviamente tutti lamentandosi che non ci sono mai abbastanza soldi; poi però, per sprecarli, i soldi si trovano sempre, misteri della creatività italiana...
E così il black friday diventa il black year consumista che non porta da nessuna parte, impoverisce il portafoglio e la propria esistenza affollata di oggetti ma poco di persone, di natura, di senso e relazioni vere e non virtuali.
Ogni volta i venditori del mondo si inventano a ritmo continuo milioni di nuove cinafrusaglie da offrire alla massa comprante, senza porsi nessuna domanda, senza farsi nessuno scrupolo su quello che significa tutto ciò. Non c’è altro imperativo che vendere, vendere, vendere, a ogni costo. E poi non ci si può fermare, perché appena ci si ferma la concorrenza spazza via chi non sta al ritmo di vendita, quindi tutti a correre verso il baratro sempre più veloce, dove ci si sgomita per schiantarsi prima degli altri. Ormai l’acquisto compulsivo è una droga e più si vende e più si inventano trucchi, espedienti, metodi, black questo e quello, per vendere ancora di più. Ma fino a cosa? Il mondo è in grado di sostenere questo infernale carosello di merci con relativo inquinamento e rifiuti? Il nostro cervello è in grado di supportare tutti questi stimoli e stress agevolati dalla fantastica e inesauribile lampada di Aladino tascabile?
Certamente no, ma meglio non dirlo perché verità del genere potrebbero fare flettere la nostra economia e non ce lo possiamo permettere; cosa vuoi mai che ci importi dell’ambiente, della nostra qualità della vita, salute e sanità mentale... al massimo quando tutto sarà sommerso dai rifiuti e inabitabile ce ne andremo su Marte.
Il vero black è il black out del cervello che, ormai sovrastato dalla stupidità consumistica, non riesce più a reagire, come un pugile suonato, nemmeno il gong sente. Uscire dal ring, lasciare la partita che ci vede sempre perdenti, lasciare il campo dove non vinceremo mai, perché le regole sono sempre truccate, è l’unica soluzione. Costruire una società dove si compri il meno possibile, facendo lo stesso una vita piena di significato, questa è la soluzione per uscire dalle tenebre del black e tornare a vedere un po’ di luce.

 

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