Amazzonia peruviana: quando il territorio è difeso dalla popolazione

Nell’Amazzonia peruviana la popolazione ha deciso di prendersi cura del proprio territorio: sfruttando le opportunità giuridiche messe in atto dallo Stato, i cittadini chiedono concessioni per la conservazione del territorio e delle diversità biologiche.

Amazzonia peruviana: quando il territorio è difeso dalla popolazione
San Martin è una delle regioni dell’Amazzonia peruviana maggiormente colpite dalla deforestazione. Organizzazioni sociali e civili che hanno deciso di affiancare le autorità locali e regionali hanno preso sulle proprie spalle il delicato compito di difendere la flora, la fauna e le fonti d’acqua e mettere in moto azioni che impediscano la depredazione selvaggia dei boschi. Sono iniziative venute dal basso, dalla gente comune che si è resa conto di come le risorse naturali si stessero drammaticamente esaurendo o stessero andando incontro ad una fine critica e grave. Il progressivo asciugamento dei fiumi nella zona nordorientale del Perù ha fatto suonare nella coscienza popolare un forte campanello d’allarme, così la gente di San Martin, appoggiandosi alle leggi che lo consentono, ha prodotto una serie di richieste formali affinché lo Stato le rilasciasse concessioni per la conservazione del territorio e delle diversità biologiche ivi presenti. Fino ad ora lo Stato ha rilasciato quattro concessioni con un’estensione di territorio pari a 267.133 ettari, mentre in attesa ci sono altre cinque richieste. Negli ultimi cinquanta anni si sono disboscati circa 1,6 milioni di ettari di boschi primari di San Martin, che equivalgono al 30% del territorio totale. Nel passato 2010 si sono registrati circa 1.711 incendi forestali, in aumento rispetto ai passati 968. Il progressivo processo di deforestazione sta portando con sé una lunga teoria di disagi per quanto riguarda l’accesso e la disponibilità di servizi e beni ambientali, non da ultimo l’acqua. Buona parte della popolazione in alcune città della regione si ritrova infatti a poter disporre dell’acqua soltanto per due ore al giorno. Una situazione che diventa via via più critica per la forte migrazione proveniente dalle Ande, per i progetti petroliferi e minerari, senza tralasciare le conseguenze del cambiamento climatico. Davanti ad una situazione che ogni giorno si fa più problematica la gente di San Martin ha preso coscienza della necessità di preservare il territorio sul quale vive. Oggi in tutto il Perù ci sono 26 concessioni di conservazione rilasciate dall’autorità forestale nazionale e regionale con scadenza quarantennale e rinnovabile. Ne conseguono 994.000 ettari di territorio protetto. Esistono tuttavia altri strumenti giuridici attraverso i quali lo Stato concede ai cittadini la possibilità di proteggere il loro territorio: si va dalla proprietà privata alla cosiddetta 'servitù ecologica', in cui vari proprietari si mettono d’accordo per sviluppare un servizio ambientale senza l’intervento dello Stato, alle concessioni ai fini ecoturistici. Le concessioni di conservazione garantiscono la sicurezza giuridica del territorio delle comunità ed evitano la concessione di altri diritti in un medesimo luogo, una cosa utile ad evitare l’innesco di probabili conflitti. Nello specifico, le quattro concessioni di San Martin proteggono zone strategiche che contribuiscono alla gestione del Parco Nazionale del Fiume Abiseo, riconosciuto dall’Unesco come patrimonio naturale e culturale dell’umanità. La concessione più ampia è quella dell’Alto Huayabamba, nelle conche dei fiumi Marañón e Hallaga, che si estente dai 4670 e i 1800 metri sul livello del mare. Lungo questo territorio esistono 112 lagune permanenti e altre temporanee e si trovano specie autoctone come la scimmia lanosa dalla coda gialla (Oreonax flavicauda), endemica del Perù, e un registro materiale lasciato dalla cultura indigena chachapoya. La conca dell’Huayabamba è un territorio cruciale per San Martin e per l’Amazzonia intera perché i suoi boschi regolano l’acqua ed immagazzinano importanti quantità di carbonio e altri gas utili all’inverno. Di fondamentale importanza per la preservazione di questo luogo così importante è stata la pubblicazione nel dicembre 2010 di un’ordinanza regionale che dichiara la conca come zona vietata per le attività minerarie e petrolifere e per l’insediamento umano. Già prima, nel 2009, le autorità e gli abitanti di San Martin avevano vinto un’altra battaglia simile. In quell’anno il Tribunale Costituzionale accolse una azione di protezione per l’Area di Conservazione Regionale Cordillera Escalera che era stata data in concessione per lo sfruttamento petrolifero. Un passo indietro fondamentale se si pensa che la Cordillera Escalera è una fonte di acqua dalla quale nascono le conche imbrifere Cumbaza, Caynarachi e Shanusi dalle quali dipendono più di 300.000 persone.

Commenti

Sembrerebbe una battuta, ma dobbiamo proprio andare a imparare dagli indios peruviani, dagli abitanti della Terra del Fuoco cilena ( contro le faraoniche dighe dell'Enel)
carlo carlucci, 01-07-2011 02:01

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