Bangladesh, oltre 1000 vittime del lavoro disumano

Sono 1127 le vittime del disastro avvenuto il 24 aprile scorso in una fabbrica a Rana Plaza, nella regione di Dhaka in Bangladesh. La tragedia ha portato alla luce le gravi condizioni in cui lavorano gli addetti del settore in un Paese dove vi sono oltre 4.000 fabbriche che producono vestiti per i grandi marchi.

Bangladesh, oltre 1000 vittime del lavoro disumano
Con 1.127 morti accertati quello avvenuto il 24 aprile scorso in una fabbrica a Rana Plaza, nella regione di Dhaka in Bangladesh, è il bilancio più drammatico al mondo per un incidente legato al lavoro dal disastro di Bhopal, avvenuto in India nel 1984. Oggi i soccorritori chiudono le operazioni di ricerca delle vittime del crollo del fatiscente edificio che era costituito da otto piani, quasi tutti occupati da piccole aziende tessili con oltre 3000 operai e soprattutto operaie tessili. La tragedia avvenuta il mese scorso ha portato alla luce le gravi condizioni in cui lavorano gli addetti del settore in un Paese dove vi sono oltre 4.000 fabbriche che producono vestiti per i grandi marchi occidentali e che occupano più di 3 milioni di persone, il 90% donne, in condizioni di lavoro spesso disumane. Due giorni fa, il ministro dell'Industria Tessile del Bangladesh, Abdul Latif Siddique, ha annunciato la creazione di una commissione, formata da sindacalisti e imprenditori, con l'obiettivo di aumentare il salario minimo degli operai. In Banglasesh un lavoratore guadagna in media meno di 40 dollari al mese. La commissione esaminerà le attuali norme che regolano i contratti - per lo più inesistenti - e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il governo del Bangladesh ha inoltre dato il permesso ai lavoratori tessili di formare sindacati anche “senza il permesso” dei padroni. Intanto, in seguito agli scioperi e alle proteste dei lavoratori per i bassi standard di sicurezza e i salari troppo miseri, oltre trecento fabbriche hanno chiuso i battenti nel distretto industriale della capitale Dhaka. Il Premio Nobel per la pace Muhammad Yunus ha definito “senza senso” la decisione di alcune aziende straniere di “lasciare un Paese che ha avuto grandi benefici dalle loro attività”, invitandole piuttosto a fissare un salario minimo comune per gli operai del settore. “Questo potrebbe aggirarsi attorno ai 50 centesimi l'ora, due volte il salario medio oggi in Bangladesh - ha sottolineato Yunus - un salario minimo di questa entità potrebbe far parte integrante di una piano di riforma complessivo del settore, che aiuterebbe a scongiurare tragedie come quella del mese scorso”. Yunus ha quindi lanciato un appello ai consumatori e alle imprese occidentali perchè sostengano la riforma del settore tessile del Bangladesh. L'inventore del microcredito, in un intervento pubblicato sul britannico Guardian, ha sottolineato l'urgenza di migliorare le condizioni di lavoro di circa 4 milioni di lavoratori del suo Paese e di salvare vite umane. Più di un milione di persone intanto hanno già firmato le petizioni che chiedono ai marchi che si riforniscono in Bangladesh di sottoscrivere il Bangladesh Fire and Building Safety Agreement immediatamente. “Il Bangladesh Fire and Building Safety Agreement – spiega un comunicato della Campagna Abiti Puliti che invita a firmare la petizione - comprende ispezioni indipendenti negli edifici, formazione dei lavoratori in merito ai loro diritti, informazione pubblica e revisione strutturale delle norme di sicurezza. È un’operazione di fondamentale trasparenza che deve essere sostenuta da tutti gli attori principali bengalesi e internazionali”. I lavoratori hanno bisogno di soluzioni strutturali per mettere fine a queste condizioni di lavoro insicure. La firma del Bangladesh Fire and Building Safety Agreement e la collaborazione con i sindacati bengalesi sono i primi passi essenziali.

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