Chi ha paura del cambiamento? La storia di Devis e i commenti cattivi

Devis Bonanni è un giovane friulano che ha deciso di cambiare vita e dedicarsi all'agricoltura. Ma dopo un'intervista rilasciata al Corriere, impazzano i commenti cattivi sul web. Fra chi lo accusa di essere un figlio di papà, chi un debole, chi un evasore, emerge una invidia diffusa per chi, a fronte di pensieri condivisi da molti, è riuscito a far corrispondere scelte concrete nel proprio stile di vita.

Chi ha paura del cambiamento? La storia di Devis e i commenti cattivi
Suscita una certa invidia la storia di Devis Bonanni, ventisettenne friulano che ha scelto di vivere in campagna, del lavoro delle sue braccia. La stessa invidia, immagino, che ha fatto sì che molti lettori del Corriere della Sera commentassero stizziti la sua intervista pubblicata sul giornale, non risparmiandogli critiche. La storia della sua nuova vita inizia nel 2007, quando a 23 anni Devis, originario di Raveo, un paesino in provincia di Udine, decide di abbandonare il lavoro – faceva il tecnico informatico - e con i soldi messi fin lì da parte comprarsi gli attrezzi necessari a lavorare la terra e andare a vivere nella casetta che la sua famiglia aveva nella campagna friulana. Da allora Devis ha rinunciato a buona parte degli agi – quelli che almeno siamo abituati a considerare tali – della vita contemporanea. Ha venduto la macchina (adesso usa la bici), si scalda con una stufa a legna, non ha televisione né molti elettrodomestici. Vive dei frutti del proprio orto, e delle piccole eccedenze che vende al mercato (verdura fresca, pomodori, melanzane, le uova delle sue galline) con le quali riesce a tirare su circa 200 euro al mese: persino troppi per chi ha già tutto il poco di cui ha bisogno. Non ha rinunciato invece al cellulare ed al pc portatile. Grazie a quest'ultimo, fin dal principio, ha deciso di tenere un blog, 'Pecoranera', dal quale adesso è stato tratto un libro omonimo, appena uscito nelle librerie. Così scriveva all'inizio della sua esperienza: “Ho iniziato quest'avventura per verificare se fosse possibile vivere altrimenti. Auto-produrre buona parte del cibo di cui ho bisogno, muovermi con mezzi alternativi all'automobile, riscaldare la casa con la legna e compiere tutte quelle scelte che sono annoverate tra le abitudini del bravo ecologista. In parte sento di esserci riuscito anche se non mancano incoerenze e piccole storture”. L'articolo pubblicato sul Corriere ha suscitato reazioni contrastanti. Una buona parte dei lettori, come prevedibile, ha appoggiato la scelta di Devis, incitandolo ad andare avanti, a proseguire sulla strada intrapresa. Altri no. Lo accusavano di essere fuggito dai problemi, di essere un “figlio di papà”, persino un evasore – c'era chi auspicava controlli da parte della Guardia di finanza! -, ora un opportunista ora un furbetto. L'invidia di cui parlavo all'inizio – e chissà forse persino quel filo di rabbia che si percepisce nei commenti dei lettori – nasce forse dal fatto che persone come Devis ti mettono davanti agli occhi la possibilità concreta di un cambiamento. Già, proprio quel cambiamento che tanto ci affascina e al contempo ci terrorizza; quell'abbandono delle certezze, della normalità alla ricerca di qualcosa che sentiamo più giusto, naturale, ma che per pigrizia e paura rimandiamo sempre ad un vago domani. Ci fa un po' invidia, ammettiamolo, vedere che qualcuno l'ha fatto per davvero. Chi può dirsi in disaccordo con Devis quando afferma: “non mi piaceva della vita che facevo prima che c'era troppo poco tempo per vivere. Mi faceva male soprattutto in primavera vedere la natura che esplodeva ed io che rimanevo chiuso in un ufficio”. Quanti di noi hanno pensato qualcosa di simile per poi continuare a condurre la stessa identica vita, ripromettendosi di cambiarla “prima o poi”? A me pare che Devis, nel replicare ai lettori in una lettera aperta pubblicata sempre dal Corriere, colga esattamente il punto dell'intera faccenda quando parla dello scollamento fra pensiero ed azione tipico della realtà contemporanea. “La mia scelta inizialmente è partita da un ideale sociale: il contadino è direttamente responsabile della terra che coltiva, se il contadino è avaro la terra poi si impoverisce. In un mondo in cui siamo molto lontani dalle conseguenze delle nostre azioni, questo per me era importante”. Vista in quest'ottica la sua scelta diventa una scelta di coerenza, prima ancora che di vita.

Commenti

presto dovrà pure crearsi dei bunker, perchè arriveranno in molti sotto i nomi più strani e cercheranno persino de fregaje le ova
fracatz, 23-03-2012 05:23
Bravo Devis resisti con la tua visione, io da pessimista dico che presto mangerà solo chi coltiva la sua roba. Il 29 a paragone sarà una festosa scampagnata.
giuseppe, 23-03-2012 07:23
Fugo subito ogni eventuale dubbio: BRAVISSIMO DEVIS! Ho letto con sincera ammirazione la sua piccola epopea, nei due interventi sul Corriere. Non mi sono curato invece delle critiche, che sapevo benissimo gli sarebbero grandinate addosso. Però. C'è un però, che sarebbe riduttivo non considerare. Premetto di reputarmi un profondo conoscitore delle dottrine a cui il gesto di Devis, e di tanti come lui, si ispira. Ho letto Thoureau, Jean Giono, conosco a memoria i libri di Corona, più recentemente ho letto le due fatiche di Perotti, l'incredibilmente lucido Paolo Ermani, per passare dalla Transizione di Rob Hopkins e dalle teorie sulla decrescita di Latouche, per non parlare dell'assioma assoluto di Easterlin, sulla correlazione tra reddito e felicità... (poi sicuramente dimentico qualcosa e qualcuno). Insomma: mi considero un buon conoscitore di una scuola di pensiero intrinsecamente fondata sul rispetto dell'Uomo per la Natura, che da essa - e solo da essa - può trarre i necessari stimoli per sopravvivere. E arrivo al "però". Mi chiedo quale sia, per Devis, il bisogno di... scrivere di ciò. Mi chiedo quale sia il bisogno di pubblicare un libro... L'intima grandezza di un uomo e dei suoi gesti - a mio avviso - non dovrebbe necessariamente sostanziarsi nel consenso del pubblico. Nè da esso trarre legittimazione. Non dovrebbe in altri termini richiedere... pubblicità. Intesa non come "marketing", ma come appunto pubblic-ità, cioè l'essere "resa pubblica". Christopher MacCandless, a cui Devis implicitamente dichiara di ispirarsi, ho sancito con la rinuncia alla propria vita la sua grandezza. E' vero: lui sarebbe poi forse tornato alla civiltà, lo dichiara lui stesso. Dichiara che il suo era un esperimento. Ma, esperimento o no, esperienza a termine o no, queste scelte di vita - credo - dovrebbero avere a che fare esclusivamente con la propria, di vita! Non con quella di un...editore. Quello che io faccio per essere "nella" Natura, non lo dico qui. Non lo scrivo su un libro. Non ho bisogno di sentirmi dire "bravo" per sentirmi... vivo. Tutto qui. Io a Devis "bravo" glielo dico. Anzi: glielo urlo. Soprattutto per quello che, simbolicamente, rappresenta. Il mio auspicio per lui, però, è che non ne debba necessariamente sentire il bisogno, del mio e del nostro "bravo"... Ciao a tutti e buona vita!
Andrea Strozzi, 23-03-2012 07:23
chi lo critica lo fa solo per pura invidia. Tutta la mia ammirazione per il suo coraggio e la sua scelta. E' ciò che vorrei fare anch'io. E spero di farlo presto.
maria, 23-03-2012 09:23

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