Legalità e giustizia sociale: la Carovana Antimafie arriva all'ultima tappa

Si è da poco concluso il viaggio della Carovana Internazionale delle Antimafie, promosso da Arci, Libera e Avviso Pubblico al fine di diffondere la cultura della legalità e della giustizia sociale. Per saperne di più abbiamo intervistato Alessandro Cobianchi, referente legalità democratica Arci nazionale e coordinatore dell'iniziativa.

Legalità e giustizia sociale: la Carovana Antimafie arriva all'ultima tappa
“La carovana è un atto di partecipazione e di resistenza umana. Il suo obiettivo è quello di non arrendersi alla barbarie, di andare incontro alle persone per sollevare una scienza antimafiosa. (Alessandro Cobianchi) Lo scorso 11 ottobre si è svolta a Trapani l’ultima tappa della Carovana Internazionale delle Antimafie, promossa da Arci, Libera e Avviso Pubblico e giunta quest’anno alla sua XVI edizione. Partita in aprile, la Carovana è stata impegnata in 90 tappe attraverso il territorio italiano e in alcuni paesi esteri. Un’iniziativa che mira a costruire un cambiamento sociale attraverso nuove forme di coesione e di attivismo. La Carovana mette in piedi una sorta di laboratorio partecipato con il fine di seminare la cultura della legalità e della giustizia sociale e quello di formare una maggiore responsabilizzazione della cittadinanza e delle istituzioni. In occasione della chiusura della XVI edizione, abbiamo fatto il punto con Alessandro Cobianchi, referente legalità democratica Arci nazionale e coordinatore Carovana internazionale antimafie. Giunge a conclusione il tour della Carovana Antimafie 2012, che bilancio si può fare di questi mesi trascorsi in giro per l'Italia? Sicuramente positivo per i risultati raggiunti, per i territori e le persone coinvolte, pensiamo alla capacità che avuto in diverse regioni italiane di intercettare le vertenze territoriali, dal Muos al Tribunale di Lamezia solo per fare qualche esempio. È positivo anche il bilancio della Carovana in Francia anche per i numerosi spunti che ne sono derivati per il prossimo anno. Purtroppo questa edizione si porta anche tutto il dolore per i fatti di Brindisi, una ferita che sarà impossibile rimarginare. La Carovana Antimafie, come già citato, ha voluto fare alcune tappe in Francia e in Tunisia. Perché la scelta di andare all'estero? Per costruire nuove reti, contaminarsi, imparare nuovi linguaggi culturali e per esportare le nostre buone pratiche, fra cui il riuso sociale dei beni confiscati e il protagonismo dei familiari di vittime di mafia. Ma anche per sconfessare l’idea che le mafie siano un affare solo italiano. Nell'anno dell'esplosione mediatica in merito alle indagini sulle trattative Stato-Mafia, che significato ha assunto il vostro viaggio e che impatti ci sono stati, se ce ne sono stati, durante il vostro cammino? La carovana viene vista spesso come una cassa di risonanza delle questioni locali ma anche, più in generale, come un baluardo di legalità e giustizia sociale. La fatica e il racconto dei viaggiatori vengono interpretati dai più come un segnale di speranza e di coesione, soprattutto in un tempo come questo dove sembrano prevalere individualismo e indifferenza. La sua capacità di mettere insieme istituzioni, terzo settore e comuni cittadini facilita ancora oggi l’accoglienza in ogni singola tappa. Sensibilizzare diffondendo la cultura della legalità e 'fare società' questi i vostri obiettivi. Come si materializzano e che risultati concreti si sono raggiunti a distanza di 18 anni dalla fondazione della Carovana? Sicuramente con il rafforzamento delle reti, con la voglia di maggiore collaborazione fra i soggetti importanti dell’associazionismo e del sindacato. La carovana nel suo viaggio da sud a nord è stata sicuramente precorritrice nel raccontare ciò che stava accadendo nel settentrione d’Italia. Cerca da anni, e lo fa tuttora, di rimettere in discussione il linguaggio dell’antimafia sociale praticando più la piazza che gli hotel, cercando le persone a discapito dei 'convegnisti'. Qualche aneddoto o qualche immagine che ti porterai a casa dopo queste 90 tappe? Aneddoti tanti, troppi. Come di quel vecchietto che ci ha avvicinato in una piccola cittadina del Veneto e ci ha detto “voi siete quindi quelli della mafia”? O il bambino del quartiere degradato di una città del Sud, che diviene la nostra guida nelle strade e nei vicoli della città vecchia e prima di salutarci ci dice “mi sa che divento anch’io carovaniere”. L’immagine purtroppo indelebile è nei quaderni bruciati davanti alla scuola Morvillo. Per mesi avete vissuto a contatto con diverse realtà da nord a sud dell'Italia, quale è la temperatura del paese e dei suoi cittadini? C’è molta sfiducia. Quasi ai limiti della rassegnazione se non della complicità. E il nord sembra addirittura avere meno speranze di cambiamento. Il rischio di abbandonarsi al primo predicatore populista c’è tutto. Si legge la crisi etica ancor prima che economica. Cosa riserva il futuro dell'antimafia? E cosa state programmando per il 2013? L’antimafia sociale se non si aggiorna costantemente, rischia di diventare statica. Le mafie si trasformano con grande rapidità, dobbiamo essere al passo dei tempi e non fermarci a rimirare i risultati, seppur considerevoli, raggiunti. La sfida del 2013 è proprio quella di costruire una società alternativa alle mafie. La carovana darà il suo contributo con un nuovo viaggio, consapevole di essere solo uno strumento. Che messaggio ti andrebbe di lasciare ai nostri lettori ed in genere ai cittadini italiani? Per dirla con Gramsci: “non siate indifferenti”, partecipate, mettetevi in discussione. Non è più tempo nemmeno per essere semplici tifosi e stare dalla parte giusta, c’è bisogno dei giocatori.

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