La crisi alimentare modifica le abitudini, e intanto si apre il G20 agricolo

La volatilità dei prezzi agricoli modifica la dieta alimentare rispetto a due anni fa. È questo il risultato a cui giunge l’indagine a campione promossa dall’Oxfam - la confederazione di organizzazioni non governative che lavorano in più di 100 Paesi per trovare la soluzione definitiva alla povertà e all'ingiustizia – mentre apre le porte il G20 Agricolo.

La crisi alimentare modifica le abitudini, e intanto si apre il G20 agricolo
La volatilità dei prezzi agricoli è all’origine delle modifiche degli stili di vita alimentari. È questo il risultato a cui giunge l’indagine promossa dall’Oxfam nell’ambito della campagna Coltiva. Il cibo. La vita. Il pianeta. Il sondaggio di opinione è stato condotto su oltre 16mila persone in 17 paesi, dall’Australia alla Spagna, passando per India, Pakistan, Russia e poi ancora Stati Uniti fino alle Filippine. Solo per il 43% degli intervistati la salubrità e il valore nutrizionale del cibo sono le parole chiave più facilmente associate al cibo; per il 66% è il prezzo il fattore condizionante, e in maniera preoccupante, il consumo di alimenti. In Kenya, il 76% degli intervistati ha dichiarato di aver cambiato stile di vita alimentare, e il 79% di questi lo ha fatto a causa del caro prezzi alimentare. In generale, secondo la ricerca, la metà del campione ha cambiato la dieta rispetto a due anni fa, quando l’attuale crisi alimentare non era ancora cominciata. Il 39% di quanti hanno cambiato abitudini alimentari punta il dito contro l’aumento dei prezzi del cibo, mentre il 33% cita ragioni di salute. “La nostra dieta sta cambiando velocemente: ma per molte, troppe persone è un cambiamento in peggio. Nei paesi più poveri ma anche da noi l’aumento dei prezzi alimentari sta diminuendo la quantità e la qualità del cibo consumato” sottolinea Jeremy Hobbs, direttore generale di Oxfam. E se le diete si restringono, resta ancora troppo alto il numero delle persone che soffrono per mancanza di cibo. Secondo la FAO sono 900 milioni le persone che non hanno accesso al cibo. Un problema storico e profondo, di cui i Paesi ricchi – Europa inclusa – devono farsi carico. Attorno al palazzo del G20 agricolo, che ha preso il via ieri a Parigi, ruotano movimenti e associazioni parallele, e fanno sentire una voce di dissenso condannando i tentativi, messi in atto da parte dei governi dei Paesi più ricchi, di impadronirsi e gestire in via esclusiva le politiche sul cibo, politiche che non condizionano solo gli agricoltori ma ciascun essere umano. Peraltro, secondo il movimento internazionale dei contadini di Via Campesina, il G20 non ha l'autorità per indicare le politiche su cibo e alimentazione al resto del mondo, poiché include solo i 20 Paesi più ricchi del mondo, escludendo di fatto i più poveri. Ad esempio per l'Africa, uno dei continenti nel mondo più afflitti dal problema della fame, è ammesso al club dei 20 solo il Sudafrica. La soluzione secondo questo Movimento risiede in politiche agricole ispirate al principio della sovranità alimentare e capaci di sostenere l'agricoltura familiare e di piccola scala, modelli produttivi sostenibili e i mercati locali.

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