Dal grano al pane, nasce Panacea Social Farm

Panacea social farm è un’impresa sociale cooperativa che sta muovendo i primi passi, "costola" del progetto Panacea, primo forno a lievitazione naturale di Torino, avviato e portato avanti negli ultimi due anni da Articolo 4, Società Cooperativa Sociale di tipo B, impegnata nella promozione del diritto al lavoro e della sostenibilità alimentare.

Dal grano al pane, nasce Panacea Social Farm

«La sfida che sta alla base di Panacea social farm è quella di ridurre il gap tra città e campagna fornendo una visione inedita della città di Torino e ricostruendo, sulle macerie dell’era industriale, una nuova visione culturale che concili e rinsaldi il legame tra area urbana e aree rurali» spiega Chiara Vesce, che fa parte del gruppo promotore.

«Attraverso la promozione di nuove fertili relazioni tra insediamento umano e ambiente, Panacea social farm promuove la cultura agricola e alimentare, elementi fondanti intorno ai quali ricostruire un rapporto di scambio solidale fra città e campagna. Crediamo, infatti che il settore agricolo non produca solo merci per il mercato ma utilità collettiva, fruibilità del territorio e che, se trasformato e innovato in senso ecologico, preservi le risorse paesaggistiche per le future generazioni».

Il Sistema di relazioni e la filiere del grano di Stupinigi

«La social farm nasce nel virtuoso contesto relazionale della già esistente Filiera del grano di Stupinigi, l’idea che muove la costituzione di un nuovo soggetto giuridico è quella di estendere l’attività di Panacea oltre la semplice trasformazione, verso la coltivazione diretta di grani antichi e di cereali a basso tenore glutinico o privi di glutine. Nata nel 2014, la Filiera del grano vede la collaborazione di sei aziende agricole del Parco Naturale di Stupinigi, l’Ente Parco, Coldiretti Torino, il Mulino Roccati, il Consorzio Agrario di Piobesi e il forno a lievitazione naturale Panacea. La social farm rappresenta, dunque, un ulteriore anello di sviluppo del progetto di filiera volto a garantire la produzione di valore sociale diffuso, oltre che la generazione d’impatto positivo per il territorio».

«Il nuovo progetto agricolo si basa sull’esperienza maturata in questi anni - prosegue Chiara - e s’inserisce nel processo di filiera assorbendo il segmento di produzione e commercializzazione di pane a lievitazione naturale, allargando allo stesso tempo il bacino della produzione cerealicola della filiera attraverso la semina e la riproduzione di varietà antiche di frumento tenero. Negli ultimi due anni Panacea ha studiato e sperimentato un metodo di produzione ispirato ai disciplinari del primo Novecento che non contempla l’uso di prodotti chimici e rispetta il ciclo naturale della lievitazione con pasta madre viva. L’esperienza acquisita in questi anni ci ha spinto in direzioni sempre più sperimentali a testare la lievitazione naturale con diverse farine e misture, in particolare nel tentativo di verificare la capacità di lievitazione con metodi naturali delle farine a basso tenore glutinico. Questa attenzione ci ha condotti infine alla convinzione che le varietà antiche di frumento tenero oltre ad avere proprietà nutritive decisamente più alte delle farine ottenute dalla macinazione dei grani moderni, permettono di ottenere un prodotto di qualità superiore e meno impattante dal punto di vista ambientale, capace allo stesso tempo di soddisfare il gusto di tutti. Grazie all’approccio collaborativo tra i diversi attori della Filiera siamo riusciti quest’anno a fare un passo oltre la semplice sperimentazione e a seminare 5 ettari di antichi grani. In questo processo Panacea si è posta come promotore di una diversa modalità di coltivazione mettendosi in gioco con la social farm anche sul piano agricolo dimostrando di voler correre il rischio, insieme agli altri agricoltori, di promuovere un approccio innovativo all’agricoltura, consapevole e rispettoso dell’ambiente e del territorio. L’interesse della cooperativa agricola è d’instaurare con gli altri produttori partnership strategiche in un ottica di condivisione di know-how ed expertise che portino a tutti gli attori e al territorio un ritorno positivo. Il processo di filiera, infatti, comporta per gli attori che ne fanno parte vantaggi a più livelli: oltre a garantire la correttezza di ogni passaggio, agevola le attività attraverso azioni di marketing specifiche, azioni di coinvolgimento diretto dei clienti e delle comunità territoriali e partnership che permettono di valorizzare a tutto tondo il territorio e i suoi prodotti».

La rete di Partner di Panacea social farm comprende:

-6 aziende agricole del Parco Naturale di Stupinigi

-Il Mulino Roccati

-Il Consorzio Agrario di Piobesi

-L’Associazione di categoria Coldiretti Torino

-L’Associazione territoriale Stupinigi è

-AIAB in Piemonte

-L’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche

-Il Collettivo LieviTO

-Ortja piattaforma per il crowdfunding nel settore agrifood

Lo scopo sociale e gli obiettivi di breve termine

«Quando abbiamo iniziato a pensare Panacea - aggiunge Chiara - l’obiettivo che ci siamo posti era quello di portare sulle tavole torinesi un pane di alta qualità, a km 0, dal prezzo accessibile e con un valore sociale aggiunto: quello di creare occupazione per soggetti in condizioni di fragilità sociale. Oggi in buona parte quest’obiettivo è stato raggiunto. In due anni di attività Panacea è arrivata a produrre circa 200 kg di pane al giorno. Il nostro pane viene distribuito in due punti vendita “Panacea”, in numerosi esercizi commerciali convenzionati oltre che nei mercati della provincia di Torino, dove la distribuzione non ci permette di portare quotidianamente i nostri prodotti. In due anni siamo riusciti ad assumere 7 lavoratori, alcuni di loro sono giovani immigrati di prima generazione a cui offriamo l’opportunità di imparare un mestiere migliorando il loro livello d’integrazione, altri sono over 50 reintegrati nel mondo del lavoro dopo un periodo di disoccupazione, altri sono persone in condizione di svantaggio fisico o sociale con difficoltà d’inserimento. Panacea si muove nello sforzo continuo di migliorare i propri prodotti e le condizioni di vita dei lavoratori».

«Il miglioramento continuo è proprio ciò che ci ha spinti ad andare oltre questi risultati e a trasformare Panacea in Panacea social farm. Gli scopi che perseguiamo attraverso il progetto agricolo sono:

-Promuovere l’agricoltura di prossimità come strategia sostenibile per nutrire la città generando nuova occupazione

-Promuovere la resilienza agricola attraverso metodi innovativi e partecipativi quali i sistemi open data

-Diffondere la cultura dell’alimentazione sana e sostenibile valorizzando il patrimonio agricolo e il paesaggio rurale.

Per rendere possibile tutto ciò abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding  sulla piattaforma Ortja, un progetto anch’esso in fase di start up che promuove l’innovazione tecnologica in agricoltura».

«Il primo obiettivo è di raccogliere 2.500 euro per sostenere le spese della prima semina di Panacea social farm. I fondi raccolti copriranno le spese di affitto e lavorazione dei terreni; se dovessimo, come speriamo, superare quest’obiettivo useremo l’esubero per allargare la produzione del prossimo anno. Verna, Gentil rosso, Gamba di ferro, Autonomia, Terminillo, Mentana, Apulia, sono le sette varietà di antichi grani che abbiamo scelto di seminare. Dei cinque ettari complessivamente seminati dalla Filiera del grano di Stupinigi, Panacea social farm raccoglierà 1, 5 ettari (3 giornate piemontesi). Oggi i grani antichi rappresentano il 20 % delle coltivazioni della Filiera, l’obiettivo è d’incrementare questa percentuale sostituendo progressivamente alle varietà moderne della rivoluzione verde, più produttive ma che allo stesso tempo richiedono un intervento maggiore, un’agricoltura meno invasiva senza fertilizzanti, erbicidi o antiparassitari capace di restituire un prodotto più sano e più ricco sotto il profilo nutrizionale. Oltre a seminare in purezza, seguendo gli studi genetici condotti da Salvatore Ceccarelli, stiamo portando avanti la sperimentazione su alcuni miscugli di grani con l’obiettivo di creare popolazioni di frumento in grado di adattarsi al nostro terreno e al nostro clima. I miscugli, infatti, sono dotati di intrinseca biodiversità che facilita l’adattamento, incrementa la resistenza ai patogeni e, nel rispetto dei tempi naturali, aumenta la resa senza forzare il terreno. Seminiamo antichi grani, coltiviamo biodiversità. Produciamo lavoro e preserviamo il territorio.; attraverso la lievitazione naturale trasformiamo i grani in pane e se il nostro pane è buono è perché buon grano fa buon pane».

 

 

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