Ecomafie. Tutti i numeri della criminalità ambientale nel 2012

33.817 reati, 8.765 sequestri, 305 arresti, 27.969 persone denunciate, 16,6 miliardi di euro 'fatturati'. Già 18 le amministrazioni comunali sciolte per infiltrazione mafiosa nel 2012. Aumentano i furti di opere d’arte, incendi boschivi e il racket degli animali. Triplicano gli illeciti nel settore agroalimentare, mentre cemento e rifiuti si confermano settori clou del florido business dell’ecocriminalità. Questi alcuni dei dati contenuti nel rapporto Ecomafia 2012 presentato da Legambiente.

Ecomafie. Tutti i numeri della criminalità ambientale nel 2012
33.817, tanti sono stati i reati ambientali scoperti nel 2011, quasi 93 al giorno, il 9,7% in più rispetto al 2010. Aumentano i reati contro il patrimonio faunistico, gli incendi boschivi, i furti delle opere d’arte e dei beni archeologici. Triplicano gli illeciti nel settore agroalimentare. E sono già 18 le amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni mafiose solo nei primi mesi del 2012, per reati spesso legati al ciclo illegale del cemento. Un dato allarmante che testimonia l’enorme pervasività dei traffici gestiti da ecomafiosi e ecocriminali che nel 2011 hanno accumulato ben 16,6 miliardi di euro. Questi i numeri dell’attacco smisurato al Belpaese e al suo patrimonio ambientale, paesaggistico, culturale e artistico da parte di ecocriminali e ecomafiosi che saccheggiano e distruggono il territorio mettendo in pericolo la salute dei cittadini e il futuro del Paese, raccolti e descritti dal rapporto Ecomafia 2012, l’indagine annuale di Legambiente sull’illegalità ambientale, che anche quest’anno fotografa una situazione grave e impressionante, con un business illecito dalle cifre scioccanti, contrastato con impegno e perizia dalle forze dell’ordine che, solo nel 2011, hanno effettuato 8.765 sequestri, 305 arresti (100 in più, rispetto all’anno precedente con un incremento del 48,8%), con  27.969 persone denunciate (7,8% in più rispetto al 2010). Dedicato a Falcone e Borsellino e a tutte le vittime degli attentati mafiosi che venti anni fa sconvolsero il Paese, il rapporto Ecomafia 2012, edito da Edizioni Ambiente, con la prefazione di Roberto Saviano, è stato presentato ieri a Roma nel corso di una conferenza stampa che ha visto la partecipazione di Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale Legambiente, Corrado Clini, Ministro Ambiente, tutela del territorio e del mare, Carlo De Stefano, Sottosegretario Ministero dell’Interno, Pietro Grasso, Procuratore nazionale antimafia, Sonia Alfano, Presidente Commissione parlamentare europea antimafia, Gaetano Pecorella, Presidente Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, Fabio Granata, Vice Presidente Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, Roberto Della Seta, Commissione Ambiente, Senato e Marco Marchetti, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. I clan, quindi, continuano a prosperare: 296 quelli censiti sino ad oggi, sei in più rispetto allo scorso anno. A cambiare invece, sembra essere l’immagine del mafioso di professione, che si è evoluto nel corso delle generazioni e ora si contraddistingue per buona educazione e cultura, conoscenza delle lingue straniere, aspetto distinto. Tutte caratteristiche utili a condurre truffe e falsificazioni di documenti anche nei circuiti legali. Solo nel 2012 sono 18 le amministrazioni comunali sciolte per infiltrazione mafiosa e commissariate (erano 6 lo scorso anno). Un numero altissimo, superiore anche al periodo buio degli anni ’90, che testimonia questa inesorabile tendenza alla pervasività della criminalità organizzata che sempre più s’infiltra nei circuiti economici e imprenditoriali legali. “Il confine tra legalità e illegalità è sempre più labile – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Vizi privati e relazioni pubbliche tendono a fondersi in un’unica zona grigia dove lecito e illecito si mischiano e si sostengono a vicenda, spesso con la mediazione di figure interne alla pubblica amministrazione, grazie al collante della corruzione sempre più diffusa. Questa mafia, evoluta e trasformata per meglio penetrare nei contesti legali e diffondersi ovunque, sembra non essere intaccata nemmeno dagli arresti dei boss, mentre l’unico strumento che si è dimostrato efficace, la destinazione sociale dei beni confiscati, rischia di essere rimessa in discussione col rischio che torni in campo l’ipotesi della vendita ai privati e quindi la scontata possibilità che i beni tornino in mano ai mafiosi. Su oltre 10.500 beni confiscati infatti, solo 5.835 sono stati destinati per finalità istituzionali o sociali. Il resto è bloccato in un limbo, spesso a causa delle ipoteche bancarie”. Le ecomafie si diffondono in tutto il Paese e non mancano i comuni sciolti per mafia anche al nord come Bordighera e Ventimiglia in provincia di Imperia, Leinì e Rivarolo in provincia di Torino, come non mancano i coinvolgimenti con i cosiddetti “colletti bianchi”, soggetti dalla fedina penale pulita, con ruoli nelle pubbliche amministrazioni e in grado di gestire a fini illegali i loro canali burocratico-amministrativi. Grazie a queste collaborazioni e al dilagare della corruzione, aumentano i casi di gestione illegale dei soldi pubblici: così in Calabria i cantieri della ‘ndrangheta lavorano sempre a pieno ritmo e in Campania i finanziamenti dell’emergenza rifiuti hanno arricchito i camorristi. Mentre diminuisce il fatturato legale degli investimenti pubblici considerati a rischio nel sud, quello illegale si conferma stabile (16,6 miliardi di euro nel 2011). Nello specifico, durante lo scorso anno sono aumentati gli incendi boschivi, che hanno devastato oltre 60 mila ettari di boschi; i reati contro la fauna (commercio specie protette, commercio illegale di pelli pregiate, bracconaggio, combattimenti tra cani, corse ippiche clandestine, macellazione clandestina), sono aumentati del 28% con ben 7.494 infrazioni; il patrimonio storico, artistico e archeologico ha subito un vero assalto con furti aumentati del 13,1% e più 50% di sequestri effettuati. Contro la filiera agroalimentare sono stati accertati 13.867 reati, più che triplicati rispetto al 2010. I sequestri sono stati pari a 1,2 miliardi di euro con un danno erariale di oltre 113 milioni. In lieve flessione (ma con numeri sempre straordinari soprattutto se confrontati col business legale), i reati nel ciclo dei rifiuti e del cemento. 5.284 reati e 5.830 persone denunciate nel primo settore. Aumentano i traffici illeciti internazionali mentre i rifiuti gestiti illegalmente e sequestrati si sono attestati sulle 346 mila tonnellate, come se 13.848 enormi tir si snodassero in una fila lunga più di 188 chilometri. Le inchieste sui traffici organizzati dei rifiuti dalla data della prima applicazione del delitto (art.260 dlgs 152/2006) ad oggi sono 199, con ben 1.229 persone sottoposte ad ordinanza di custodia cautelare, 3.654 persone denunciate e ben 676 aziende coinvolte in tutte le regioni, Val d’Aosta esclusa. Le inchieste hanno riguardato anche 23 paesi esteri, sempre più coinvolti nei traffici internazionali di rifiuti in partenza dall’Italia (dal 2001 al 30 aprile 2012 sono state 32 e hanno interessato ben 23 paesi tra Europa, Asia e Africa), per cui è necessario segnalare il recente e significativo fenomeno delle materie prime sottratte alle aziende e ai consorzi di riciclaggio legali che vanno ad arricchire le organizzazioni criminali. Rifiuti in plastica e rottami ferrosi risultano essere infatti, tra i materiali più ambiti dai trafficanti di mestiere che attraverso trattamenti fittizi e giri bolla movimentano il pattume fino alla sua destinazione finale: all’interno di piloni e strade, in vecchie cave, in cantieri edili o in siti oltreconfine. Sono invece 6.662 gli illeciti e 8.745 le persone denunciate (circa 4 al giorno), nel ciclo del cemento, dove nonostante la crisi e il calo del 20% stimato dal Cresme nel mercato legale, l’abusivismo ha fatto registrare 25.800 casi tra nuove costruzioni o grandi ristrutturazioni, con un fatturato che si conferma stabile intorno a 1,8 miliardi di euro. La maggior parte dei reati registrati (il 47,7%) riguarda ancora una volta le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, con la Campania in testa (con 5.327 infrazioni), seguita dalla Calabria (3.892), dalla Sicilia (3.552) e dalla Puglia (3.345). Mantiene il quinto posto il Lazio (2.463), mentre la prima regione del nord in classifica è la Lombardia(con 1.607 reati) seguita dalla Liguria (1.464). Contro questi criminali che saccheggiano e devastano il Paese, tante forze dell’ordine impegnate a contrastare abusi e illeciti: dal Corpo forestale dello Stato al Comando tutela patrimonio ambiente, dalle Capitanerie di porto alla Guardia di Finanza, col Corpo tutela patrimonio culturale e la Direzione investigativa antimafia, l’Agenzia delle dogane, la Polizia di Stato, il Corpo forestale delle regioni autonome e la Polizia provinciale, insieme al Comando dei Carabinieri politiche agricole e al Comando dei carabinieri tutela della salute. “L’Italia – ha dichiarato il responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente Enrico Fontana – ha bisogno di stringere un vero patto per l’ambiente e la legalità che faccia leva sull’effettiva applicazione delle leggi e preveda nuove forme di tutela dell’ambiente dai fenomeni di illegalità. Per questo lanciamo oggi la campagna Abbatti l’abuso, perché è da qui che bisogna cominciare, non ci sono scuse. Le case illegali vanno demolite come prevede la legge. In attesa di vedere finalmente l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale, è urgente contrastare questo assalto al Belpaese compiendo tutti il proprio dovere, senza eccezioni”. La gravità dei fatti e i numeri denunciati in questo rapporto esigono una risposta efficace, un nuovo sistema di tutela del patrimonio naturale e culturale che passi necessariamente attraverso la semplificazione normativa, che riduca i margini di discrezionabilità e di incertezza; la riforma del sistema dei controlli, per evitare duplicazioni e sacche di inefficienza, e l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel codice penale, come previsto dalla direttiva comunitaria del 2008, formalmente recepita ma di fatto finora disattesa dal nostro paese.  

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