Geni fuori controllo. Biotecnologie: un biglietto di sola andata?

Appena arrivato in Italia in dvd, il documentario ‘Geni fuori controllo. Sulla strada delle biotecnologie: un biglietto di sola andata?’ di Bertram Verhaag e Gabriele Kröber dispiega in poco più di un’ora e mezza le conseguenze che a livello globale stanno avendo le applicazioni delle nuove tecnologie sulla vita.

Geni fuori controllo. Biotecnologie: un biglietto di sola andata?
Nei primi anni '90 la multinazionale americana Monsanto comincia a fare esperimenti genetici sulle piante e arriva a produrre la canola e la soia geneticamente modificate, organismi in grado di resistere ai pesticidi prodotti dalla stessa società, come il Round Up. La Monsanto inizia così a vendere agli agricoltori non solo i semi brevettati ma anche le sostanze chimiche corrispondenti. Nel giro di poco tempo cominciano i guai: in Canada la canola e la soia Ogm distruggono intere colture autoctone e semi puri, mandando in rovina l’attività dei produttori locali. Nel documentario di Bertram Verhaag e Gabriele Kröber, Life running out of control - prodotto in Germania nel 2004 e appena arrivato in Italia in dvd con il titolo 'Geni fuori controllo'- uno di loro, Percy Schmeiser, racconta: “nel 1996 quando è entrata in commercio la canola Ogm non c’è stato nessuno che ci avesse avvisato su quello che poteva succedere. Ma ora molte persone al mondo sanno quello che è successo: contaminazioni, scomparsa delle biodiversità, esaurimento delle sementi pure e fine della possibilità di scelta”. Negli stessi anni la stessa multinazionale avvia le sperimentazioni sul cotone BT, una varietà Ogm del cotone, che sarà commercializzata dall’altra parte del Pianeta, in India, a partire dal 2002 con la promessa di essere perfettamente resistente ai parassiti - e quindi di non aver bisogno di trattamenti con pesticidi – oltre che avere una resa più elevata. Ma quella della Monsanto si rivelerà presto una “falsa promessa” che porterà a migliaia di suicidi da parte dei contadini locali, come spiega nel documentario la fisica e attivista indiana Vandana Shiva, una dei massimi esponenti dell’ecologia sociale e punto di riferimento per il movimento no-global, nota soprattutto per le sua battaglie in difesa della biodiversità delle colture locali. "Le multinazionali hanno usurpato l’economia dei semi che era la prerogativa dei contadini, che a sua volta era l’economia delle donne. Ed ora stanno mettendo sul mercato semi inaffidabili, non sperimentati, che spingeranno i nostri contadini al suicidio" dice Vandana Shiva a un certo punto nel documentario. Proprio lei, racconta dell'esperienza di Navdanya, una banca della biodiversità che lei e altre donne hanno fondato per garantire la diversità delle sementi alle generazioni future. Queste sono solo due delle vicende che si intrecciano in poco più di un’ora e mezza di lungometraggio. Accanto alla storia dei coltivatori del continente americano e a quella dell’indebitamento dei contadini locali indiani con le banche e con le multinazionali delle sementi, anche l’incredibile scoperta della vendita a case farmaceutiche del pool genetico dell’intera popolazione islandese e gli esperimenti della Human Genome Diversity Project per brevettare la ‘vita’. Con un ritmo serrato, gli autori di ‘Geni fuori controllo’ tessono insieme le dichiarazioni di coltivatori e scienziati appartenenti a differenti culture del mondo eppure accomunati da un sentiero comune: quello delle nuove tecnologie che controllano la vita e la sua capacità di riprodursi liberamente. Le questioni in ballo sono molteplici: dalle applicazioni della tecnologia ‘terminale’ (che rende sterili le sementi e i contadini locali dipendenti dalle multinazionali, da cui ogni anno sono costretti ad acquistare i semi prima della coltivazione), alle conseguenze dell’inquinamento genetico degli ecosistemi (cosa succede se sementi Ogm in grado di riprodursi inquinano un campo coltivato con sementi pure? Cosa succede se un pesce modificato geneticamente scappa da uno degli acquari di laboratorio e finisce in mare? In entrambi i casi l’impatto sull’ecosistema sarà irreversibile), fino ad approdare alle implicazioni etiche dell’eugenetica e di quei progetti di natura marcatamente ‘vampiresca’ che sono votati alla mappatura genetica dell’umanità nelle sue varianti più ‘pure’, come quelle delle etnie indigene. Ultimo ma non meno importante è l’interrogativo relativo all’accesso all’informazione sui cibi che arrivano sulle nostre tavole: se è vero che siamo quello che mangiamo, cosa succede quando non conosciamo più cosa stiamo mangiando? Quello al centro di ‘Geni fuori controllo’, insomma, è sicuramente un dibattito internazionale attualissimo e in continua evoluzione che non si limita a includere il confronto tra le posizioni dei diretti interessati, ma che ha soprattutto la missione di aprire gli occhi sugli scenari a cui andiamo incontro per le trasformazioni già in corso sulla vita. E questo non soltanto da una prospettiva scientifica, ma anche e soprattutto in termini di etica e democrazia. “Il rischio principale dell’ingegneria genetica è dato dal fatto che il 95 per cento degli scienziati in quel campo lavorano dalla parte dei produttori, solo il 5 per cento di loro è assolutamente indipendente. Un giorno forse il 100 per cento degli scienziati lavorerà per le industrie e lo 0 per cento sarà indipendente, così avremo un doppio problema, sia scientifico che democratico, come tutti potete ben immaginare” spiega Terje Traavie, dell’Institute of Gene Ecology norvegese ex-sostenitore convinto dell’ingegneria genetica, attualmente impegnato a capire quali effetti questa scienza è in grado di provocare sugli ecosistemi e oltre i confini di un laboratorio. Lui, come altri, è la testimonianza vivente del fatto che le biotecnologie non costituiscono soltanto l’ennesimo avanzamento della tecnica, e di come – in modo sempre più deciso – il diritto alla vita sia messo costantemente a rischio dal mito meccanicistico. Un mito nato quattrocento anni fa con Cartesio, e che buona parte della scienza ha portato avanti fino a credere che “i geni sono software e la vita una macchina di cui aumentare l’efficienza”.

Commenti

sono amareggiato e deluso. gli ultimi atteggiamenti del governo italiano in proposito alla privatizzazione dell'acqua e sul nucleare, mi fanno capire che gli stupidi e i prepotenti ci stanno portando sempre a maggior velocità sull'orlo del precipizio. il comportamento delle multinazionali è privo di etica. e le religioni? continuano a prendere le loro quote in cambio del silenzio. che amarezza!!!! comunque continuo a sperare e a tifare per le informazioni libere....chissà.
gualtiero, 26-04-2011 04:26
sugerisco all'autrice di tradurre sempre il termine "canola" che in italiano suona "colza". penso sia più comprensibile alla maggioranza dei lettori.
giak, 27-04-2011 04:27
Difficile mettere insieme più falsità e luoghi comuni in un solo articolo: Schmeiser è l'uomo che era così contrario all'uso di canola gm che la coltivava (su 400ha) senza pagare i diritti all'industria sementiera, non si spiega altrimenti perchè spruzzasse glyfosate su piante che, a suo dire, era convinto non fossero gm, quindi non resistenti a quell'erbicida. Una mossa suicida se lo scopo è ottenere il raccolto! Vandana Shiva sono anni che ci prova anche lei ma ancora non ha potuto spiegare come mai gli agricoltori indiani continuano a coltivare aree sempre più vaste a cotone Bt, e come mai le statistiche ufficiali diano i suicidi nelle aree rurali dell'india in leggero calo. Infine sull'irreversibilità delle contaminazioni è bene ricordare che determinate caratteristiche, se non sottoposte a pressione selettiva tendono a perdersi nel tempo. Quando il mais ogm Starlink fu ritirato dal mercato bastarono 4 anni perchè dei suoi geni non rimanesse alcuna traccia nell'ambiente.
Stefano, 02-05-2011 05:02

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