Greta Thunberg e il Venezuela

È arrivata Greta, mentre tutto intorno a noi si sfascia. Forse perché l'aspettavamo. Aspettavamo per svegliarci il tocco semplice e diretto di chi, semplice e diretta, vede il bene e il male e non si fa confondere.

Greta Thunberg e il Venezuela

Nella seconda decade di questo secolo, iniziato all'insegna della rovina e della morte, con milioni di chilometri quadrati di oceani coperti di poltiglia di plastica, miliardi di alberi uccisi dalla siccità o dalle tempeste di vento, più di cento specie animali e vegetali che ogni giorno si estinguono scomparendo per sempre dalla vita del pianeta, guerre efferate per il predominio che aggrediscono e distruggono paesi dall'Africa al Medio Oriente, una ragazzina è apparsa sulla scena di questo mondo malconcio per dire "Fermatevi!". È Greta Thunberg. Per dire che non ci sarà perdono per coloro che non sanno quello che fanno. La sua voce incerta è riuscita ad arrivare alle orecchie di molti, nonostante il frastuono ottundente dei mediaservi che ogni giorno ci confonde.

Come mai?

Forse perché l'aspettavamo. Forse perché, come i principi della favola tramutati in pietra da un sortilegio, aspettavamo per svegliarci il tocco semplice e diretto di chi, semplice e diretta, vede il bene e il male e non si fa confondere.

Noi invece siamo confusi, siamo diventati il gregge confuso di chi ci domina e domina il mondo: pastori folli che ci hanno contagiato con la loro follia, ci conducono allegramente verso il precipizio e noi allegramente li seguiamo. Ci insegnano ogni giorno, attraverso i loro mezzi di persuasione di massa, media e pubblicità, che il bene è arricchirsi e prevalere, il male è limitarsi e collaborare. E noi, camminando storti come loro, non vediamo dove stiamo andando, ci assolviamo di ogni colpa e trottiamo verso l'inferno. Un inferno che stiamo realizzando con le nostre azioni cieche e distruttive, quelle stesse azioni e stili di vita che permettono ai "pastori folli" di arricchirsi e aumentare ogni giorno il loro potere, accrescere il loro dominio e, con esso, la distruzione del pianeta e delle nostre anime.

Ma, come nella favola (ah, le favole! Che non raccontiamo più ai nostri bambini) un bambino ha visto che il re è nudo. Perché non è stato possibile confonderlo, fargli credere a ciò che non è vero, nascondergli ciò che è vero.

Questo "bambino" è una ragazzina svedese appena adolescente; una piccola Cassandra dai lineamenti che ricordano quelli della gente Sami, gli indigeni della Svezia. Una giovanissima, indifesa e determinata Cassandra è la nostra ultima possibilità. Perché il tempo stringe, perché la società che abbiamo costruito e supportiamo con le nostre scelte quotidiane è distruttiva, malata, perversa. E' una società che fa guerra a sé stessa, nella corsa sfibrante di mandrie incitate da pastori folli.

Di fronte al Parlamento Europeo Greta Thunberg ha detto: "Abbiamo bisogno di cambiare del tutto il nostro modo di pensare. Il sistema politico che avete creato si basa solo sulla competizione. Imbrogliate appena potete perché ciò che conta è solo vincere e ottenere potere. Questo deve finire. Dobbiamo smettere di competere gli uni con gli altri. Abbiamo bisogno di cooperare tutti insieme e di spartire con giustizia le risorse del pianeta". Sono parole semplici, chiare, precise. Forse troppo chiare e semplici per le menti contorte di buona parte dell'umanità "evoluta". Quell'umanità che consuma 100 milioni di barili di petrolio al giorno e che pensa che il sistema non possa cambiare perché del sistema fa parte e, dopotutto, ci si trova bene.

Negli stessi giorni in cui Greta Thunberg parlava al Parlamento Europeo, il Venezuela affrontava una crisi politica. Un tentativo di colpo di stato "soft", sostenuto dagli USA, contro un presidente eletto democraticamente in elezioni riconosciute corrette dagli osservatori internazionali (l'Unione Europea non accettò di inviare i propri osservatori benché il presidente venezuelano li avesse espressamente richiesti).

Il Venezuela è un paese che vive di petrolio, questa è la sua "fortuna" e la sua sfortuna. Abbiamo già visto le guerre per il petrolio contro i paesi del sud del mondo, potremmo dire contro i paesi "non dominatori" ma che nemmeno accettavano di essere dominati.

Il governo venezuelano di Chavez aveva nazionalizzato l'industria petrolifera, togliendo così il boccone di bocca a potentati economici multinazionali come Exxon e compagnia brutta. E' gente che non perdona, e che ora si vendica con Maduro e con il popolo che lo sostiene. Però il governo bolivariano si proponeva anche, fin dal suo inizio, di uscire dall'economia del petrolio, per salvare l'ambiente, il pianeta, la vita intera.

"La Repubblica bolivariana del Venezuela, in accordo con i principi etici del socialismo, alza la bandiera di una lotta, in ambito nazionale e globale, per un cambiamento nel modello di sviluppo predatore che il capitalismo ha imposto al mondo... Questo nuovo modello alternativo, di sviluppo socialista, richiede un ruolo protagonista di uomini e donne, con i nuovi valori del buen vivir a sostegno di una economia ecologica e socialmente sostenibile...Il nostro paese si batterà per queste tematiche ecologicamente sensibili a tutti i livelli, con enfasi speciale sui cambiamenti climatici, per la trasformazione di modelli di produzione e consumo insostenibili e la difesa di un nuovo sviluppo sociale, ecologico e socialista, come unica alternativa planetaria per garantire la vita".

Questo era il quinto obiettivo del Plan de la Patria del 2013, questi i i buoni propositi di un paese la cui economia si fondava sul petrolio, questa la filosofia del "Buen vivir" che accomunava i paesi latinoamericani dell'ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe), che metteva al centro la comunità, la partecipazione, i diritti della Madre Terra: l'equilibrio naturale e la solidarietà-collaborazione come fondamenti e fonti del benessere.

Ma questi buoni propositi non si sono realizzati. Il Venezuela continua a dipendere dal petrolio, dalle entrate della sua vendita e dalle importazioni.

Perché l'economia capitalista è una forma di guerra ormai divenuta globale; è base e strumento del dominio, manovra i governi compiacenti, attacca quelli che vi si oppongono e, nel mondo globalizzato, per attaccarli può spesso avvalersi dei loro stessi popoli. Un governo popolare, cioè che vuole fare gli interessi del proprio popolo, dovrà, per essere "popolare" nel senso di essere gradito al popolo ed averne il consenso, aumentarne le ricchezze, il tenore di vita, il potere di acquisto. I governi di Chavez e Maduro ci sono in buona parte riusciti, nonostante l'embargo ma grazie al petrolio.

Il capitalismo globale è un sistema di guerra a tutto campo: militare, economica, mediatica, culturale, politica. In guerra non c'è tempo per pensare al futuro della vita nè per progettarlo. Si ragiona e progetta solo per la guerra. Per vincere e sopraffare si usano logiche perverse, ma anche solo per non essere sopraffatti  si è costretti a usare in parte le stesse logiche. Sono le logiche che hanno ormai spazzato via le culture dei popoli, sostituendole con l'unica, globale cultura del consumismo e della competizione; della "crescita". E ciò che cresce a ritmi sempre più incalzanti è la morte senza ritorno.     

Il 40% delle specie di insetti è in declino, in alcune zone stanno collassando; sono in declino il 26% delle specie di uccelli, il 23% degli anfibi, il 15% dei mammiferi terrestri, il 19% dei rettili.

Tutti i grandi pesci del Mediterraneo sono a rischio estinzione, gli oceani si stanno svuotando, le barriere coralline muoiono e con esse tutti i loro abitanti, 12 milioni di ettari di terra fertile ogni anno muiono diventando deserto.

Ma in guerra non si può pensare ai pesci dell'oceano, alle api e alle farfalle, alle terre e ai mari, se non come risorse "armate", che permettano di vincere o almeno di non essere sopraffatti.

Per questo la filosofia e il progetto del Buen Vivir non ha potuto affermarsi. Per questo il Venezuela, come altri, non ha potuto uscire dall'economia del petrolio, nonostante le buone intenzioni iniziali dei governi bolivariani e dei governi dell'ALBA.

Ne consegue che, per salvare noi stessi e il pianeta, dobbiamo assolutamente uscire da questa logica di dominio e competizione, dalla logica di un capitalismo che si è ormai imposto in tutto il mondo e nelle nostre anime. Che non tollera popoli che si sottraggano al suo dominio: i popoli devono essere forza-lavoro da schiavizzare o/e consumatori che riversino nelle tasche della grande industria-finanza globale i loro soldi. Che non tollera zone del mondo che non siano "risorse economiche": terre, acque, foreste, sottosuoli, coste devono diventare fonte di profitto, di un profitto senza limiti. Che non tollera culture diverse: la cultura universale deve essere l'elementare, demente e individualistica cultura della competizione, del superamento dei limiti e di ogni limite; ognuno deve cercare di avere di più e più di quello che hanno gli altri, in tutti i campi. E' la cultura della guerra, a noi stessi, tra di noi, tra noi e il pianeta.

Per questo il "sistema" ha così paura di un movimento che mette in discussione tutte le sue logiche. Perché, sull'orlo della catastrofe (11 anni e qualche mese di tempo per arrestare il riscaldamento del pianeta) questi ragazzi hanno capito il rischio esiziale che corrono. E, se è vero che sono gli interessi economici che muovono il mondo, secondo la logica capitalista e non solo, il primo interesse eco-nomico di ogni essere vivente è preservare la vita e la possibilità di perpetuarla attraverso i propri discendenti. Questi ragazzi hanno paura, non sono i soli e non sono soli. I pazzi, al contrario, come in certi film di fantascienza, non hanno paura della distruzione ed esultano in mezzo ad essa, cercando di fermare chi vi si oppone.

I ragazzi del movimento contro il cambiamento climatico non sono coerenti: hanno il maledetto smartphone in tasca e le male-dette (in senso etimologico per carità) Nike ai piedi; bevono magari la male-detta (sempre in senso etimologico, naturalmente) Coca Cola. Ma la paura e la lotta potrebbero renderli coerenti, responsabili, eco-logici. E' di questo che il Sistema dei Folli ha paura. Potrebbero fermare la Crescita, la micidiale divinità del nostro tempo. La crescita-cancro che, nel paese più "crescente" del mondo, la Cina che compera porti, costruisce superporti, produce a ritmi da galera miliardi di oggetti che non servono e non durano e dei quali noi ci riempiamo le case, fa sì che ci siano migliaia di persone, ventimila in una sola provincia, che passano la loro giornata lavorativa che va dall'alba al tramonto in cima agli alberi da frutta, per impollinarne a mano i fiori. Perché, mentre la Cina cresceva e noi con lei, gli insetti impollinatori declinavano e sparivano.

Questa è una delle cose che fanno paura ai savi, mentre ai dementi, che studiano api geneticamente modificate e api-robot, fa paura che si fermi la "crescita": temono la cura e amano la malattia tanto da incentivarla in tutti i modi.

Non ci può essere una società ecologica se non si mette fine al capitalismo e alla sua cultura, ad un sistema che è per sua stessa natura sfruttamento illimitato di uomini e ambiente, guerra, dominio, competizione, inganno. Non ci può essere una società ecologica senza un sistema socialista e comunitario, in cui i "mezzi di produzione", terra, acqua, industrie, risorse, in poche parole l'economia, appartengano o siano controllate dalla comunità umana che chiamiamo popolo, e non semplicemente attraverso i suoi rappresentanti ma attraverso una partecipazione diretta e diffusa. Questo può essere il socialismo ecologico che i paesi dell'ALBA auspicavano. Ma nessun socialismo ecologico, che prevede tra l'altro una vera e propria rivoluzione culturale, può svilupparsi sotto assedio.

E allora questo movimento, che nasce nel cuore dell'Impero Globale ma contro di esso, scompagina le carte.

Senza le pecore, niente più pastori!

Come non ci può essere un sistema capitalista ecologico, così oggi non ci può essere un socialismo industrialista e sviluppista, distruttore della natura e dei limiti che la vita, cioè la sopravvivenza, ci impone. Qualsiasi "socialismo" che persegua questi obiettivi finirà, come è già successo, per soccombere di fronte a un capitalismo che su tale terreno è decisamente in vantaggio, perché è il terreno sul quale lo sfruttamento senza limiti di uomini e ambiente è il metodo migliore per essere competitivi e vincere. Oppure finirà per tramutarsi, come un Dottor Jekill che non riesce più a controllare il Mister Hyde, inevitabilmente in capitalismo, anche se apparentemente controllato dallo Stato (ci sono più di 150 miliardari nel parlamento cinese).

Questo movimento scompagina le carte e fa paura, anche perché i nostri consumi sono una causa importante del potere della grande industria-finanza multinazionale. I consumatori sono una parte importante del problema, e dunque sono anche una spada di Damocle che penzola sulla testa dei padroni del mondo. Perché, senza le pecore, non ci sono più pastori.

"La nostra civiltà viene sacrificata per dare l'opportunità a un numero ristretto di persone di fare enormi quantità di soldi, la nostra biosfera è sacrificata perché i ricchi nei paesi come il mio possano vivere nel lusso... Siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene al popolo" (Greta Thunberg)

I popoli sono il vero potere, nel bene e nel male. Se questo movimento riesce a capire e far capire ai popoli che dobbiamo lottare e agire per la vita nostra e del pianeta; che tutta la produzione così come tutti i consumi, dalle dighe alle ferrovie, dai cellulari alle case, dai farmaci ai cibi, devono prima di tutto rispondere ed essere sottomessi, approvati o scartati, in base alla propria compatibilità o incompatibilità con i limiti del pianeta, cioè con il rinnovarsi della vita animale e vegetale, con la preservazione dell'atmosfera, dei suoli e delle acque, allora forse la marea spazzerà via i detriti di una civiltà di morte che è durata troppo a lungo.

Scendi in strada

vediamo assieme

dove conduce questo movimento

che cresce,

un grande cambiamento

sta arrivando

perciò cantiamo questa canzone,

la vecchia storia del denaro

e della crescita infinita

è sbagliata,

cosa faremo ora

che tutti discutono

e ognuno rivendica per sé il potere,

cominciamo a lavorare insieme

per salvare tutte le nostre vite

prima che sia troppo tardi

e il nostro fato si compia,

come si alzano i mari

così noi ci solleviamo

dobbiamo guarire il pianeta

è il nostro futuro compito comune.

"Climate Song" Coro studentesco "Blue Invasion" Istituto Sint Pieter-Ghent

 

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