Ilva, il Consiglio di amministrazione si dimette

Dopo una settimana contrassegnata da polemiche, si è dimesso sabato mattina il consiglio di amministrazione dell'Ilva. La decisione è stata presa in seguito al maxi-sequestro preventivo di 8 miliardi di euro deciso dal gip di Taranto sui beni della Riva Fire Spa che controlla l'Ilva.

Ilva, il Consiglio di amministrazione si dimette
Ilva never ending. Non sembra arrivare ad un punto di svolta l'affaire Ilva. Il Cda dell’azienda si è dimesso, dopo una settimana contrassegnata da polemiche: le accuse ad Emilio e Adriano Riva di aver truffato lo Stato depositando nei paradisi fiscali un miliardo e duecento milioni di euro sottratti alla società e conclusa con il maxisequestro di otto miliardi e cento milioni disposto dal Gip di Taranto come cifra corrispondente ed equa per le mancate opere di bonifica e di risanamento effettuate sullo stabilimento di Taranto. La notizia si è concretizzata dopo il consiglio di amministrazione di sabato mattina (25 maggio, ndr) a Milano. Al termine della riunione, il presidente Bruno Ferrante, l’amministratore delegato Enrico Bondi e il consigliere Giuseppe De Iure hanno presentato le dimissioni (saranno effettive dal 5 giugno prossimo, giorno di convocazione dell'assemblea dei soci per parlare del nuovo Cda e del futuro dell'azienda). All'assemblea sarà presente anche Mario Tagarelli, commercialista, nominato amministratore e custode dei beni posti sotto sequestro dal Gip Todisco. Dopo quanto successo, non ci sono state dichiarazioni da parte dei vertici direttamente interessati. È stato in compenso diramato un comunicato aziendale per sottolineare la gravità della situazione: “L’ordinanza dell’autorità giudiziaria, colpisce i beni di pertinenza di Riva Fire e in via residuale gli immobili di Ilva che non siano strettamente indispensabili all’esercizio dell’attività produttiva nello stabilimento di Taranto [...] un provvedimento che ha effetti oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono strettamente indispensabili all’attività industriale e per questo tutelati dalla legge 231 del 2012, dichiarata legittima dalla Consulta”. La società si sta comunque già attivando per impugnare il decreto di sequestro nelle sedi opportune. La risposta del governo Letta non è tardata ad arrivare. Il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato, infatti, ha convocato per oggi, a Roma, Enrico Bondi e nei prossimi giorni si vedrà anche con i sindacati. Il ministro chiede però a “tutte le istituzioni” e all’Ilva una “forte assunzione di responsabilità verso il paese”: il governo, afferma, “è impegnato a far sì che i due diritti fondamentali alla salute e al lavoro possano essere ambedue garantiti ai cittadini e ai lavoratori di Taranto e degli altri siti produttivi Ilva”. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI SULL'ILVA

Commenti

Ha ragione, come sempre, Alessandro Marescotti: l'ILVA sta per fallire e chiudere per sempre. E i costi delle (eventuali) bonifiche e, soprattutto, della salute pubblica ricadono sulla collettività, cioè su TUTTI noi.
Laura Pavesi, 27-05-2013 11:27
non vogliamo pagare i costui per la bonifica dell'ilva i signori amm. che si sono sciolti devono trovare il modo di risanare questoi casino creato nel corso degli anni politiche miopi anzi criminali che hanno favorito soltanto gli interessi di questi signori senza scrupoli. Basta adesso si deve non chiudere l'ilva ma impoiegare gli operai per bonificarla come hanno fatto in germania ed in altre acciaierie europee. perche cacchio a taranto non si puo' fare e bisogna chiudere la fabbrica...??? Incazziamoci con tutti quelli che non permettano questa ristrutturazione
rhyno, 27-05-2013 10:27

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