Wolfgang Sachs: "La risorsa energetica fondamentale? L’intelligenza"

Mobilità sostenibile, organismi geneticamente modificati, energia, decrescita e cambiamenti climatici. Di questi e di altri importanti temi abbiamo discusso con l'autorevole studioso Wolfgang Sachs, esperto di fama internazionale sulla relazione tra cambiamenti climatici e diritti umani.

Wolfgang Sachs:
Wolfgang Sachs, esperto di fama internazionale sulla relazione tra cambiamenti climatici e diritti umani, è membro Club di Roma, docente presso lo Schumacher College in Inghilterra, docente al centro interuniversitario per lo sviluppo presso la Sapienza di Roma, Professore onorario all'Università di Kassel e presidente del comitato consultivo di Terra Futura, uno dei principali eventi in Italia sulle 'buone pratiche' della sostenibilità sociale, economica e ambientale. Dal 1996 lavora presso il Wuppertal Institut per il clima, l’ambiente e l’energia, del quale dirige la sede berlinese. Uno studioso di alto livello, caratterizzato da un punto di vista lucido e molto internazionale. Dr. Sachs, quali progetti state portando avanti ora presso il Wuppertal Institut? Domanda difficile. L’istituto impiega più di cento persone, e ci sono dozzine di progetti diversi. Diciamo che i punti più rilevanti riguardano la preparazione di una strategia di efficienza energetica in Germania, che possano anche prepararla ed accompagnarla nella transizione verso un sistema rinnovabile di energia. Un altro punto di rilievo è quello della politica dei trasporti, ossia di come è possibile ridurre il bisogno di mobilità, ed il traffico in primo luogo. Poi c’è tutto un gruppo che si occupa delle industrie di piccole e medie dimensioni, del loro management ambientale e di tutto ciò che è legato a questa problematica. Parlando di traffico cittadino e considerando il fatto che Lei vive fra Roma e Berlino, ci può dire come è affrontato il discorso della mobilità nelle grandi città tedesche, vista la drammatica situazione di quelle italiane? Non so se Berlino possa essere un buon esempio. Ci sono altre città in Germania che prenderei più in considerazione, come Monaco o Amburgo; fra le più piccole, Münster (città che conta più biciclette che abitanti, ndr), o Friburgo, esempi molto più interessanti di Berlino se si parla di mobilità. In queste città si cerca di ridare spazio alle proprie gambe, ossia a pedoni e biciclette. Questo significa sottrarre spazi alle automobili, e cercare di mettere a punto un sistema di trasporto pubblico attraente, interessante, funzionante, puntuale, trasparente, per rendere facile, confortevole - e non un’avventura - utilizzare il mezzo pubblico. Inoltre se uno vuole, i nuovi quartieri ad esempio di Amburgo o Friburgo sono stati costruiti in modo molto diverso, e creati per persone anche senza l’auto. Sono zone nelle quali l’uso dell’automobile viene molto ridotto. Ci sono però in Germania realtà molto diverse: città in cui si usa molto la bicicletta e città nelle quali lo si fa meno. A livello nazionale la situazione però è a mio avviso abbastanza deludente, perché si cerca sempre di fare in modo di appoggiare l’industria automobilistica, e di conseguenza appoggiare la compravendita di macchine senza troppe condizioni ambientali. Non è cambiato ancora nulla riguardo allo stra-potere della lobby automobilistica tedesca. Restando in Germania, in quanto a Ogm ed agricoltura è stato detto no alle coltivazioni di mais geneticamente modificato Monsanto Mon810. La decisione è stata presa dopo l'esame di due nuove ricerche scientifiche che rileverebbero la potenziale nocività degli Ogm per l'ambiente. Non pensa che l’Italia dovrebbe fare presto e in modo chiaro la stessa scelta? In realtà anche in Germania la situazione non è così chiara. Non ne conosco troppo bene i dettagli, ma la sensazione che uno ha è sempre quella del tira e molla. In un momento la bilancia pende da una parte, in un altro momento dall’altra. Con la recente decisione della Commissione Europea riguardo la coltivazione di un certo tipo di patata (la Amflora, ricca di amido e adatta all’uso industriale per carta e collanti, non destinata al settore alimentare, ndr) c’è di nuovo una piccola breccia. E così via. Un’altra 'storia infinita'. Non ritiene importante una maggiore chiarezza nella regolamentazione riguardante il campo del transgenico, vista anche la possibilità di 'contaminazione' da parte delle coltivazioni Ogm? Ci sono delle regole sulla distanza fra campi Ogm e campi normali, e ci sono delle leggi europee a riguardo. Il problema è che al di sopra di esse i diversi Paesi non hanno un comportamento omogeneo. Cambiando discorso, che relazione vede fra equità, cambiamenti climatici e diritti umani? Abbiamo una tensione se non un conflitto fra due principi di equità, che può significare il diverso peso relativo delle nazioni. Da una parte Cina ed India hanno rimproverato ai Paesi industriali di non fare abbastanza per la riduzione delle emissioni di gas serra, quindi si sono rifiutate a loro volta di impegnarsi, poiché lo riterrebbero ingiusto. Un’altra dimensione dell’equità è invece quella dei diritti umani, vale a dire che il cambiamento climatico mette in bilico il diritto di sopravvivenza e di sussistenza di tante persone, in particolare nei Paesi più poveri. Ed ecco che più uno cerca di raggiungere una maggiore equità fra nazioni, più è messo in pericolo l’altro principio di equità, quello dei diritti umani. Una delle cose che mi hanno colpito maggiormente, fra quelle che Le ho sentito dire, è stata che "la risorsa energetica fondamentale è l’intelligenza". Che cosa intendeva di preciso? Il fatto che siamo ancora in un’era improntata sullo spreco, quando si parla di energia. Non di spreco solo nel senso che si butta l’energia, ma che i sistemi tecnici sono progettati in modo da non badare troppo all’energia stessa. Prendiamo ad esempio un edificio: se ne possono costruire esemplari che possono loro stessi assorbire l’energia solare ed ambientale. Un edificio può quindi essere progettato in modo da consumare pochissima energia. Oggi però non si fa così, mentre si dovrebbe (anche in architettura nel caso degli edifici) applicare l’intelligenza in questo modo. Lo stesso discorso vale per i tanti motori che abbiamo, come l’esempio della micro-cogenerazione diffusa di energia ci dimostra. Insomma, intelligenza vuole dire applicare l’innovazione tecnologica ed anche operativa. Cosa pensa di Movimenti quali quello della Decrescita Felice, fondato da Maurizio Pallante? Mi trovo ad essere un simpatizzante del MDF, dato che condivido la sua ipotesi fondamentale, ossia che non si può andare verso un’economia post-fossile senza uscire dall’imperativo della crescita economica. Condivido questa prospettiva e condivido anche l’idea fondamentale di efficienza che essa racchiude. Così come il desiderio di disporre di beni che non siano necessariamente merci. La decrescita ritiene una contraddizione in termini il concetto di 'sviluppo sostenibile', dato che non ritiene sostenibile lo sviluppo così come lo intendiamo oggi. Lei cosa ne pensa? Penso la stessa cosa, tanto che anche io ho scritto nel ’92 un articolo nel quale affermavo che lo sviluppo sostenibile era un ossimoro, dato che a livello internazionale lo sviluppo viene inteso come crescita economica che, in quanto tale, sul lungo termine risulterebbe insostenibile. Mettere questi due termini insieme crea solo confusione, e 'sviluppo sostenibile' risulta essere più un inganno che un chiarimento. Globalizzazione, cambiamenti climatici, giustizia globale, diffusione degli Ogm, guerre per le risorse. Non sembra esserci modo di fare pensieri positivi sul futuro. O non è così? È razionale rimanere, come disse Gramsci, ottimista con la volontà e pessimista con l'intelligenza. A livello di intelletto credo quindi che oggi si debba essere pessimisti. Ancor più se si pensa - riguardo ai risultati del summit di Copenhagen dello scorso dicembre - che questo vertice sul clima potrebbe essere l’inizio di una era in cui non sarà possibile prendere impegni reciproci. E forse l’inizio di un’era di impotenza dell’autogoverno dell’umanità. Per quanto riguarda la crisi climatica gli scienziati ci dicono che i processi più minacciosi avverranno ancora più velocemente di quanto si pensasse fino a pochi anni fa. Dall’altro lato, invece, nessuno può prevedere la storia, come abbiamo visto nei cambiamenti verificatisi in Sud Africa o quelli che hanno interessato il socialismo, fino ad arrivare al crash del capitalismo finanziario. Quindi tutto è possibile, nel bene e nel male. Quali effetti pensa abbia avuto a livello globale il risultato deludente, almeno dal punto di vista europeo, del vertice di Copenhagen? Cosa ci si prospetta davanti? A livello globale mi sembra che a Copenhagen ci sia stata una rottura, nel senso che per tanti anni tutto il processo della convenzione sul clima, incluso il Protocollo di Kyoto, in molti al mondo sono stati animati dalla speranza che in un certo momento ed in qualche modo sarebbe stato possibile un buon governo multilaterale nel mondo, guidato da principi razionali. Ma vedo che questa speranza in questo momento si è sgonfiata. Non parlo solo delle ONG, ma anche dei governi. Oggi neanche i governi sanno più cosa fare. Non per tutti, ma per molti di loro Copenhagen è stata una sconfitta. Quindi non mi sento di dire che cosa ne verrà fuori, ma in questi mesi dopo Copenhagen non c’è stata una reazione che ha portato, dopo il primo 'spavento', a rimboccarsi le maniche per fare di tutto per rimediare a questa sconfitta. Una reazione così non c’è stata. E non credo che succederà un granché, fino a che non avremo davanti un altro tipo di catastrofe.

Commenti

Mi piacerebbe sapere che cosa pensa Sachs dello studio di Tim Jackson, "Prosperity without growth? The transition to a sustainable economy" dove si analizza scientificamente la prospettiva economica della decrescita e concludendo che il tema dovrebbe invece essere l'alter-growth (una div-crescita potremmo dire). Se infatti per decrescita si intende una prospettiva di PIL piatto, allora possiamo affermare che siamo già entrati nella decrescita, ma non è una bella notizia. Interessanti simulazioni del canadese Peter Victor evidenziano che un modello di crescita zero(quindi meno investimenti produttivi), porterebbe il Canada dal 2005 al 2035 ad una crescita del pil di appena 10% in 30 anni, ma anche ad una crescita del 200% della disoccupazione, del 150%della povertà e del 200% del debito pubblico senza peraltro riuscire a portare le emissioni inquinanti al disotto del target di 450 ppm. Un diverso scenario, denominato di resilienza, in cui gli investimenti produttivi sostengono comunque una crescita del PIL del 70% in 30 anni (poco meno del 2% l'anno), a determinate condizioni potrebbe ridurre sia la disoccupazione che la povertà ed il debito (rispetto all'anno zero cioè il 2005). Sul piano ambientale questo scenario conduce allo stesso risultato di taglio delle emissioni inquinanti del precedente scenario (purtroppo non sufficienti a raggiungere il target di 450 ppm) portando però il Canada a raggiungere nel 2035 quel traguardo del taglio del 20% delle emissioni che avrebbe voluto raggiungere nel 2010. Se per un attimo escludiamo scenari più radicali e stiamo alla cruda forza dei modelli matematici, riscontriamo che la differenza nei due scenari di Victor, sta nella qualità degli investimenti e nel tipo di politiche sociali e di coesione che accompagnano tale processo, sapendo che nel breve periodo (i primi 10 anni) lo scenario della resilienza dovrà accettare un lieve e passeggero aumento sia del debito pubblico che della disoccupazione. Pertanto il problema non è di fermare la crescita del PIL quanto di modificare radicalmente le politiche di sviluppo economico e tutte le politiche pubbliche e sociali ad esso correlate. Cosa che è nelle nostre possibilità, anche tecniche, di realizzare. http://romanocalvo.wordpress.com/
romano calvo, 08-11-2010 05:08
Dopo l'insuccesso di Copenhagen qualcosa si stà muovendo, vi invito a visitare www.alltogetherfoundation.org ciao a tutti.
VALERIO, 12-11-2010 05:12

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