Sakineh, si parla di impiccagione ma il governo smentisce

Sakineh sarà impiccata per la sua complicità nell’omicidio del marito, e non lapidata per adulterio. Questa la notizia diffusa due giorni fa dal procuratore generale iraniano Gholam-Hossein Mohseni-Ejei ma subito smentita dal governo iraniano, secondo il quale non è stato ancora emesso un verdetto ufficiale. Intanto, il figlio della donna lancia un appello all’Italia: "salvate mia madre".

Sakineh, si parla di impiccagione ma il governo smentisce
Del 28 settembre è la notizia che Sakineh Mohammadi Ashtiani è stata condannata a morte non per l’adulterio ma per la complicità nell’assassinio del marito, e per questo sarà impiccata. A riferirlo, come riportato dal quotidiano Teheran Times, è il procuratore generale iraniano Gholam-Hossein Mohseni-Ejei che nel corso di una conferenza stampa ha dichiarato che "secondo la sentenza della Corte Sakineh è stata condannata per omicidio e la sua morte ha la precedenza sulla sua punizione per aver commesso adulterio". Mohseni-Ejei ha poi aggiunto che "la questione non deve essere politicizzata e la giustizia non sarà influenzata dalla campagna di propaganda lanciata dai media occidentali". Le dichiarazioni del procuratore generale iraniano sono però state immediatamente smentite da Ramin Mehmanparast, portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, il quale ha fatto sapere che il procedimento giudiziario contro la donna iraniana non è stato ancora completato e che le due accuse, quella relativa all’omicidio e quella di adulterio, devono ancora essere esaminate. Intanto, secondo quanto affermato ieri a Roma dall’ambasciatore iraniano Seyed Mohammad Ali Hossaini, la pena della lapidazione potrebbe presto essere abolita in Iran: il nuovo codice penale all’esame del Parlamento non contempla più infatti questo tipo di pena. La legge attende ora di essere votata dall’aula e, come ha fatto sapere l’ambasciatore, "c’è una maggioranza favorevole in Parlamento e siamo a buon punto per l’approvazione definitiva della legge". Il diplomatico ha poi precisato che l’eventuale abolizione di questo tipo di pena non ha niente a che vedere con "le pressioni mediatiche e politiche" di alcuni Paesi occidentali sul caso di Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Da mesi, infatti, milioni di cittadini da ogni parte mondo seguono con apprensione le sorti della donna iraniana ed è in atto una mobilitazione internazionale per salvarla dal braccio della morte. 43 anni e madre di due figli adolescenti, Sakineh Mohammadi Ashtiani è stata condannata a maggio del 2006 da un tribunale di Tabriz, nel nord del paese, a subire 99 frustate per aver commesso il reato di adulterio. Durante il processo, Sakineh aveva confessato di aver avuto relazioni illecite con due uomini ma, dopo aver scontato la pena sotto gli occhi del figlio 17enne, la donna ha dichiarato di aver confessato il reato sotto tortura. Nel settembre dello stesso anno, un altro tribunale processa i suoi due presunti amanti per l’omicidio del marito e condanna Sakineh a morte per lapidazione come complice nel delitto e per adulterio quando il consorte era ancora vivo. La sentenza viene confermata nel 2007 dalla Corte suprema iraniana. Nel giugno del 2010 il caso arriva all’attenzione internazionale quando i figli lanciano un appello per salvare la propria madre. E ieri il figlio della donna, Sajjad Ghadarzadeh, ha lanciato un nuovo appello: "Chiediamo all’Italia di intervenire per salvare mia madre. Le autorità intendono annunciare ufficialmente la condanna a morte di mia madre fra due settimane". La vita di Sakineh resta in bilico.

Commenti

Se ha commesso un omicidio deve pagare,io sono per la pena di morte.
Franco, 05-10-2010 10:05

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