Sostenibilità energetica: Copenaghen esempio di eccellenza in Europa e nel mondo

Tra le città europee che stanno facendo scuola nell’attuazione di buone pratiche sui temi della sostenibilità ambientale ed energetica, la capitale danese senz’altro svolge un ruolo di primo piano. Vediamo insieme cosa sta accadendo a Copenaghen.

Sostenibilità energetica: Copenaghen esempio di eccellenza in Europa e nel mondo

Le sensazioni di coloro che hanno visitato la città trovano riscontro nei fatti: Copenaghen è stata nominata nel 2014 “capitale verde europea”, nel 2015 “migliore città al mondo per i ciclisti”, nel 2016 “migliore città al mondo in cui vivere”. In quest’ultimo riconoscimento, i temi sui quali si valutava la performance delle città concorrenti erano i trasporti, le abitazioni, la sostenibilità e la cultura, proprio quelli che rivestono un ruolo determinante nel Piano Clima che Copenaghen ha adottato alcuni anni fa e che punta a far diventare la capitale danese la prima città al mondo carbon neutral entro il 2025.

Il Piano Clima 2025

Il Piano adottato da Copenaghen viene definito “olistico” con obiettivi che vanno ben al di là di quanto richiesto dal Patto dei Sindaci. Una strategia chiara che riguarda il consumo e la produzione di energia sul territorio municipale, la mobilità e le azioni dirette del Comune, con l’obiettivo ultimo di rendere la città di Copenaghen carbon neutral entro il 2025. Le prerogative ci sono: dal 2005 (anno base di riferimento) al 2014 le emissioni climalteranti si sono ridotte del 31% (un miglioramento del 10% rispetto all’anno precedente, 2013) ed in questo senso si è, ancora una volta, dimostrato che il disaccoppiamento tra la “crescita” della città e le emissioni è possibile: la riduzione delle emissioni del 31% è avvenuta in un periodo nel quale la popolazione della città è cresciuta del 15% e la sua economia del 18%.

Tale livello di riduzione è stato possibile grazie principalmente all’aumento dell’uso della biomassa (al posto del carbone) nel sistema di teleriscaldamento della città e ad una quota sempre crescente dell’elettricità generata dall’eolico. Per mantenere però l’obiettivo carbon neutral[1] al 2025 mancano all’appello circa 300.000 tonnellate di CO2 che devono essere recuperate in base all’ultimo rapporto di monitoraggio eseguito. Proprio un efficace sistema di monitoraggio permette alla città di seguire costantemente l’andamento dell’attuazione delle azioni previste nel Piano ed adottare le necessarie correzioni. Ad esempio, il miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici esistenti non ha dato finora i risultati desiderati, così come la riduzione delle emissioni nella centrale cogenerativa a biomassa di Amagerværket è risultata più bassa delle aspettative e, infine, l’introduzione della congestion charge intorno a Copenaghen non ha visto la luce a causa del mancato supporto da parte del governo nazionale. Tutte queste difficoltà sono state ben evidenziate (non minimizzate, o peggio ancora nascoste) al fine di agire in maniera organica e mantenere gli impegni assunti con la cittadinanza.

L’approccio scelto per il Piano Clima di Copenaghen – che pone la qualità della vita, l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e gli investimenti, oltre che una stretta sinergia tra i diversi portatori di interesse, quali elementi portanti per gli obiettivi preposti - fornisce anche delle garanzie per il passo successivo, che è quello di ridurre le emissioni dell’80-90% entro il 2050, al fine di accelerare la transizione verso una società carbon free. In tal modo Copenaghen intende svolgere un ruolo di esempio per tutto il paese, come se l’essere la capitale l’investisse di maggiori responsabilità. Ma forse è proprio così, la politica della capitale, nonché grande città, ovviamente in linea con le ambizioni dello Stato, stimolerà le altre città più piccole a prendere parte nella lotta ai cambiamenti climatici, dimostrando che è possibile combinare lo sviluppo con la riduzione delle emissioni di CO2. E non è un obiettivo di poco conto se si considera che entro il 2025 si attende un aumento della popolazione residente nel Comune di Copenaghen di circa 100.000 unità (+ 20%) con la creazione di oltre 20.000 nuovi posti di lavoro.

Nel 2014 è stata registrata un’emissione di 1,6 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2) e l’obiettivo da raggiungere nel 2025 è di 1,2 MtCO2 (si partiva da un livello base pari a poco più di 2,5 MtCO2 nel 2005). Il consumo elettrico è responsabile del 40% delle emissioni, i trasporti su gomma del 30% e il riscaldamento del 23%. Sempre nel 2014, in media, un abitante di Copenaghen emetteva il 40% in meno di CO2 rispetto al 2005, cioè 2,8 tonnellate pro-capite, uno dei livelli più bassi tra le capitali europee. In generale, le emissioni sono calate ma il consumo elettrico è aumentato del 2% tra il 2013 e il 2014. Per quanto riguarda il riscaldamento distrettuale (teleriscaldamento), esso è drasticamente calato di oltre il 20% rispetto al 2010, anche se risulta leggermente in crescita se il dato è armonizzato secondo i gradi-giorno. Infine, le emissioni dal settore dei trasporti risultano aumentate del 2% tra il 2013 e il 2014.

Nonostante alcune difficoltà emerse, il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi al 2025 non viene messo in dubbio. L’evidente volontà e capacità politica nel perseguirli è una chiara garanzia. Ad esempio, per migliorare l’efficienza energetica negli edifici esistenti (una delle criticità emerse dall’analisi di monitoraggio), è stato stipulato un accordo con i proprietari di case, le cooperative immobiliari e i grandi manager immobiliari (in totale oltre 40.000 appartamenti, pari a oltre 3 milioni di m2, equivalenti ad oltre l’8% del totale del costruito a Copenaghen) al fine di ottimizzare e, quindi, ridurre il consumo energetico nei rispettivi immobili. L’esperienza mostra come il consumo energetico negli edifici possa essere facilmente ridotto del 5-10% attraverso una migliore regolazione del sistema di riscaldamento e una maggiore consapevolezza sui consumi da parte dell’utente finale. Il fatto che sia il settore privato a mettere in evidenza che un basso consumo energetico e un profilo “green” siano importanti parametri per le proprietà residenziali e commerciali, ovviamente ai fini della vendita, dell’affitto o in generale per un accresciuto valore dell’immobile, risulta emblematico. E’ il mercato che sta dando un valore agli immobili più efficienti dal punto di vista energetico e questo aiuterà ad attrarre altre imprese ed investitori dall’estero. Il risparmio energetico negli edifici premierà quindi sia i proprietari, per l’accresciuto valore dell’immobile, che i gestori, per i più bassi livelli delle bollette energetiche.

Nello specifico, gli obiettivi che si è posta la città di Copenaghen in termini di consumi energetici sono i seguenti:

•    20 % di riduzione dei consumi termici;

•     20 % di riduzione dei consumi elettrici nel settore terziario (10% nel settore residenziale e 40% negli edifici comunali);

•     installazione di celle solari pari all’1% del consumo elettrico nel 2025.

Tra le azioni che vedranno la piena attuazione nei prossimi anni, stupirà che nonostante ad oggi oltre il 60% dei cittadini di Copenaghen utilizzi la bicicletta per andare al lavoro, si programmi un ulteriore investimento sulle infrastrutture ciclabili. In alcune strade, le corsie dedicate alle biciclette saranno raddoppiate a scapito delle carreggiate per le auto che saranno diminuite. Inoltre, la maggior parte della flotta comunale è stata già sostituita con veicoli elettrici e a breve i camion che raccolgono i rifiuti saranno alimentati a biogas. L’obiettivo è comunque quello di accelerare la sostituzione dei mezzi funzionanti a fonte fossile con quelli alimentati a idrogeno, biogas o energia elettrica.

Per quanto riguarda la produzione di energia rinnovabile, Copenaghen ha pianificato l’installazione di 360 MW di eolico entro il 2025 e l’azienda partecipata del Comune (HOFOR) parteciperà a bandi nazionali per la costruzione di impianti eolici offshore.

Interessante la decisione di ridurre la plastica nei rifiuti attraverso una maggiore raccolta differenziata e un più spinto riciclaggio chiamando in causa cittadini ed aziende ad un ruolo attivo. Evidentemente, si è capito che bruciare la plastica negli inceneritori non è conveniente, sotto tutti i punti di vista. In effetti, l’utilizzo degli inceneritori (termovalorizzazione dei rifiuti) è forse l’unico aspetto sul quale chi scrive si permette di stimolare la città di Copenaghen a pensare a soluzioni alternative. L’obiettivo veramente sostenibile che tutte le città dovrebbero porsi è quello di ridurre il più possibile a monte l’uso dei materiali che poi diventeranno rifiuto, così come attuare una politica atta alla gestione dei materiali post-consumo. Diverse città, seppur in verità nessuna grande capitale, si sono poste l’obiettivo “zero rifiuti” da qui al 2020-2030.

Copenaghen città resiliente

Il Piano Clima di Copenaghen merita attenzione anche perché, ben prima che venisse lanciato il nuovo Patto dei Sindaci per l’Energia e il Clima, la capitale danese ha identificato il tema dell’adattamento quale elemento vitale per la propria sostenibilità futura. Nell’area del territorio comunale, gli impatti previsti dei cambiamenti climatici al 2100 stimano un aumento delle precipitazioni del 30-40% (nello specifico, i meteorologi si aspettano un aumento delle precipitazioni del 25-55% durante l’inverno e una riduzione fino al 40% in estate, con un’intensificazione della potenza dei fenomeni) mentre il livello del mare si alzerà tra 33 e 61 centimetri. I cambiamenti avverranno lentamente ma inesorabilmente, con variazioni più evidenti dopo il 2050. Per questo Copenaghen intende lavorare seriamente sull’adattamento per garantire che la città sia pronta ad affrontare adeguatamente la situazione e non trovarsi impreparata.

L’obiettivo fissato è quello di diventare la prima capitale resiliente agli effetti del cambiamento climatico. Per farlo, sono stati identificati più di 300 progetti di adattamento, i cui primi 16 sono partiti nel corso del 2016 al fine di proteggere la città principalmente da nubifragi e inondazioni. Inoltre, la già menzionata azienda partecipata HOFOR ha iniziato a sviluppare l’utilizzo di acqua marina per i sistemi di raffrescamento a servizio delle imprese locali per un valore corrispondente di risparmio energetico pari a 40 MW.

Tra i primi progetti partiti, quelli relativi alla gestione delle acque reflue ed in particolare una serie di azioni prioritarie per lo sviluppo di diverse modalità di deflusso dell’acqua risultante dalle grandi piogge, lo sviluppo di nuove aree verdi, sia micro parchi nella città sia tetti e facciate verdi che possano rallentare il deflusso idrico, riducendo così il rischio di inondazioni (e in estate attenuare gli effetti delle ondate di calore), migliorare la ventilazione, l’isolamento e l’ombreggiamento degli edifici e anche alzare il livello di sicurezza per le alluvioni e l’innalzamento del livello del mare. Da un punto di vista operativo, il Piano di adattamento si basa su tre livelli, sulla base della fattibilità tecnico-economica, con l’obiettivo prioritario di ridurre al minimo i potenziali danni. Il primo livello riguarda la costruzione di dighe e barriere più alte sul livello del mare, l’espansione della capacità della rete fognaria e la gestione locale delle acque meteoriche con la realizzazione di bacini di raccolta sotterranei e stazioni di pompaggio.

Il secondo livello prevede la gestione locale dell’acqua piovana invece che canalizzarla nel sistema fognario della città. Nella nostra società, l’acqua piovana viene considerata come un qualcosa di cui dobbiamo liberarci. L’acqua è però anche una risorsa, di cui non si può fare a meno e valorizzarla può essere utile per rendere la città un posto migliore per vivere. Per esempio, gestendo l’acqua piovana a livello locale (di quartiere) con l’utilizzo di soluzioni tecnologiche e ambientalmente corrette, la si può assorbire e recuperare. Queste soluzioni, denominate “sistemi di drenaggio urbano sostenibile” riescono a ridurre la quantità di acqua piovana apportata nella rete fognaria in modo da gestire con più tempo l’eventuale ingrandimento della stessa rete (livello 1). Associata a questa azione, anche un sistema di allerta piogge che prepari le aree individuate ad accogliere in sicurezza il surplus di acqua e i cittadini per le azioni da attuare nelle proprie abitazioni. Questa azione sarà attuata su tutto il territorio comunale e risulterà fondamentale il ruolo degli abitanti in quanto un cortile o un giardino sul retro della casa con erba e alberi invece che cemento o piastrelle possono, considerati nel loro insieme, contribuire ad aumentare il drenaggio e quindi creare meno problemi allorquando si presenteranno abbondanti precipitazioni in città.

Il terzo livello riguarda quelle azioni che consentano, nel caso non si riuscisse per ragioni tecniche o finanziarie a intervenire come indicato nei livelli 1 e 2, di ridurre al minimo i danni, per esempio facendo in modo che le inondazioni si verifichino solo in determinati luoghi o aree, dirottando l’acqua stessa in quei luoghi, per esempio parcheggi, campi da gioco e parchi, ove i danni potrebbero essere ridotti al minimo. Come anche azioni quali la dotazione di pompe idrovore nei locali a rischio. A seconda delle condizioni locali, una combinazione delle azioni previste nei tre livelli identificati consentirà di gestire in maniera ottimale le future emergenze.

Conclusioni

Sempre di più risulta evidente il ruolo delle città nello sviluppo sostenibile globale. Attualmente, i sistemi urbani a livello mondiale sono responsabili del 70% delle emissioni di gas climalteranti e sarebbe impossibile, oltre che miope, immaginare soluzioni per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico senza il loro pieno coinvolgimento. Al di là delle indicazioni che provengono dall’alto, non ultimo l’obiettivo n. 11 degli Obiettivi sullo Sviluppo Sostenibile (Sustainable cities and communities: make cities inclusive, safe, resilient and sustainable) delle Nazioni Unite, è sempre più utile conoscere cosa alcune città hanno già fatto o intendano fare al fine di replicare, adattare o innovare quanto già è stato sperimentato o pianificato. L’esempio della città di Copenaghen può rappresentare uno stimolo per molti

[1] Una città carbon neutral é una città con un bilancio netto delle emissioni pari a zero. Ciò significa che l’energia che la città utilizzerà proverrà esclusivamente da fonti rinnovabili oppure le emissioni climalteranti derivanti dalla quota parte di energia fossile ancora utilizzata saranno compensate da altre azioni.

 

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