Tav in Val di Susa: una grande opera per le banche

Il vero motivo per cui si vuole realizzare la linea ad alta velocità Torino-Lione sarebbe l’incremento illimitato del debito pubblico. “Per le banche, che presteranno miliardi allo Stato, la Torino-Lione sarà una miniera d’oro. Un affare colossale, senza precedenti”.

Tav in Val di Susa: una grande opera per le banche
Svelato il 'mistero' della Torino-Lione: il vero motivo per cui si vuole realizzare a tutti i costi la maxi-infrastruttura più inutile d’Europa sarebbe l’incremento illimitato del debito pubblico. I 'mandanti' dell’operazione? Le banche, innanzitutto: di fronte a cui passerebbero in secondo piano la potente 'casta' politica Pro-Tav, gli interessi di Confindustria e persino le infiltrazioni della mafia, considerata in pole position nell’aggiudicazione 'a cascata' degli appalti faraonici. Secondo analisti e critici, chi eredita l’affare del secolo è prima di tutto lafinanza, a cui lo Stato dovrebbe ricorrere sia per la costruzione dell’opera, sia poi per il mantenimento. Per la sola sicurezza, senza che sia ancora stato impiantato il cantiere, a Chiomonte la 'militarizzazione' del sito è già costata 27 milioni di euro: grossomodo, il 10% di quanto sborserebbe l’Unione Europea, per una linea Tav che costerà almeno 20 miliardi. Spesa nominale: perché poi, avverte la Corte dei Conti, il costo potrebbe aumentare anche di otto volte, in vent’anni di cantieri, arrivando alla teorica cifra-mostro di 100 miliardi di euro. La Torino-Lione resta un’opera strategica, ha ripetuto di recente l’ex banchiere Corrado Passera, ora ministro, come al solito senza fornire spiegazioni e fingendo di ignorare che – proprio in valle di Susa – il recente ampliamento del traforo ferroviario del Fréjus consentirebbe anche di caricare i Tir sui treni, usando la storica linea Torino-Modane come “autostrada ferroviaria”, se solo il traffico merci Italia-Francia non fosse ormai un fantasma del passato. “Com’è noto, inoltre, le merci non possono viaggiare ad alta velocità, pena il venir meno della sicurezza: sopra i 90 chilometri orari, trasportare merci via treno non è prudente”, spiega Andrea Merlone, capo-ricercatore al Cnr di Torino, “perché oltre quella soglia di velocità l’usura dei convogli diventa esponenziale”. E poi: “Come tutti sanno, dagli Usa in giù, la priorità delle merci non è la rapidità, ma la puntualità di consegna, per consentire una logistica snella”. Ma se la Torino-Lione sarebbe una follia finanziaria di portata storica – oltre 600 milioni al chilometro, secondo Ivan Cicconi – la super-linea costerebbe uno sproposito anche una volta realizzata: “Avete idea di quanta energia occorre per condizionare il clima di una galleria lunga 57 chilometri, con temperature attorno ai 60 gradi?”. Marina Clerico, docente del Politecnico torinese e assessore della Comunità Montana valsusina, riassume le grandi preoccupazioni dei tecnici: “Il progetto preliminare, l’unico attualmente varato, riconosce di non avere soluzioni per il taglio – la cui entità è ignota – dell’enorme riserva idrica sotterranea fra Italia e Francia”. Inoltre: vent’anni di cantieri significano traffico e aree invivibili, devastazione del verde e dell’agricoltura, crollo verticale dei valori immobiliari ma anche rumore e polveri pericolose, il che significa: rischi concreti per la salute. “È paradossale: un maxi-cantiere come quello è ancora più impattante dell’installazione di un’industria inquinante, che nessuna amministrazione – per motivi di tutela della salute e dell’ambiente – potrebbe mai autorizzare. Grazie all’anomala procedura della legge-obiettivo, invece, alla Torino-Lione è permesso quello che a nessun altro sarebbe consentito”. E attenzione: finora, la città di Torino ha vissuto il problema come un grattacapo remoto, che incombe sui soli valsusini. “Errore: un giorno i torinesi si sveglieranno, quando si renderanno conto che l’eco-mostro trasferirà il suo impatto devastante nelle periferie della metropoli, da Orbassano a Settimo”. Per i 265 chilometri della nuova linea, scrivono Paola Baiocchi e Alberto Nigro su Valori, il mensile della finanza etica italiana, si potrebbero spendere anche 35 miliardi – che l’Italia non ha – se il costo reale ammontasse a 1.300 euro per ogni centimetro di binario. Costo che potrebbe salire anche a 5.000 euro al centimetro, se si incontrassero imprevisti scavando. “In questo giro di miliardi – aggiungono i giornalisti di Valori – chi eseguirà i lavori ha tutto l’interesse a trovare intoppi che ne prolunghino la durata, perché saranno comunque coperti dal denaro dei contribuenti, che dovranno pagare senza poter esercitare alcun controllo”. Certo, la cordata Pro-Tav ha raccontato che l’opera sarebbe 'prescritta' dall’Unione Europea. Sbagliato, spiega Luca Rastello in un recente reportage su Repubblica: il 'corridoio 5' Kiev-Lisbona prevedeva collegamenti intermodali, non per forza l’alta velocità ferroviaria. Difatti, l’Ungheria ha puntato sulle autostrade, mentre il Portogallo si è ritirato e la Spagna cambierà solo lo scartamento della attuale linea mediterranea, per ospitare qualsiasi tipo di treno e far viaggiare le merci a 80 all’ora. Nella nuova rete europea “Ten-T”, la Torino-Lione è sopravvissuta: ma sarebbe coperta con appena 300 milioni provenienti da Bruxelles. E il 90% restante chi lo metterebbe? Indovinato: noi. O meglio, i nostri eredi. Secondo la magistratura amministrativa italiana, un’infrastruttura è legittima solo se la sua utilità per i futuri fruitori è ragionevolmente fuori discussione. Non è il caso della Torino-Lione: figli e nipoti, sostengono i 360 tecnici universitari che hanno scritto inutili appelli al premier Monti e al presidente Napolitano, pagheranno a carissimo prezzo un’opera che non servirà mai. Una follia? Non per tutti, ovviamente: per le banche, che presteranno miliardi allo Stato, la Torino-Lione sarà una miniera d’oro. Un affare colossale, senza precedenti. Ed ecco spiegata l’irremovibile insistenza nel volere a tutti i costi l’assurda ferrovia dei record, che inguaierebbe generazioni di italiani. Articolo tratto da LIBRE

Commenti

Nel 2011 il debito pubblico italiano era di 1.897.179 su di un pil di 1.580.220 milioni di euro. Circa l'85% è costituito da titoli di Stato la cui resa, sulla scala di 20 anni, è in termini reali negativa. Come è possibile che una aumento di 4.000 o 5.000 milioni di euro da pagare in 30 anni sia un così grande affare? Perché, allora, non sono affari, o almeno non uno così grandi, la Napoli Bologna o la Genva Milano? Le altre voci di spesa corrente per centinaia di miliardi di euro OGNI si giustificano anche queste con il complotto delle banche? E' per questo che si curano i malati o si insegna nelle scuole? Quanto rendono al sistema bancario e finanziario gloi incentivi per le nergie alternative? E' solo per questo che abbandoniamo i combustibili fossili? Qualche cosa non torna davvero nel ragionamento proposto nell'articolo...
tersite, 11-06-2012 05:11
...ma buttiamola definitivamente nella spazzatura quest'opera e tante altre consimili, decisamente inutili ma,create su' ad arte, per soddisfare gli appetiti di denaro di banche e facendieri di ogni risma...BASTA !!!...disintossichiamoli da questa dipendenza e buttiamoli a calci nel sociale .
carlo, 23-06-2012 06:23

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