'Via Centotrecento', a Bologna un'idea per rivivere la strada

In via Centotrecento, una strada del centro bolognese affiancata dai portici, un gruppo di abitanti ha deciso di riprendere possesso del suolo pubblico e di utilizzarlo per conoscersi, organizzare cene e incontri, chiacchierare con i vicini. Un modo nuovo di vivere la strada, ma al tempo stesso vecchio di secoli.

'Via Centotrecento', a Bologna un'idea per rivivere la strada
Cantava Gaber, riprendendo le parole da un capolavoro di Céline, che “c'è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l'unica salvezza”. Purtroppo nella nostra esperienza quotidiana la strada è diventata un luogo di rapido transito, colonizzata dai mezzi motorizzati che sputano smog in faccia ai malcapitati passanti. Ma non è detto che non si possa cambiare. A Bologna, dove le strade del centro tradizionalmente brulicanti di vita e d'arte all'ombra dei portici sono troppo spesso vuote e desolate, un gruppo di persone ha deciso di darsi da fare. Partendo da una via in particolare, che dà anche il nome al comitato: via Centotrecento. Innanzitutto vi consiglio di guardarvi il video ad inizio articolo. Sono 12 minuti spesi bene, che raccontano come è nato il progetto, quali sono state le iniziative finora realizzate, e in cui si dà la parola agli abitanti della zona, lasciandoli liberi di immaginare la via che vorrebbero. Il progetto è semplice: creare una “rete di piccole piazze di vicinato – lo si legge sul sito – sempre diverse e progettate con la partecipazione dei cittadini, ricavate in spazi minimi nelle strade urbane che favoriscano la sosta, la convivialità ed i rapporti di vicinato e che supportino la mobilità sostenibile”. Si tratta, spiega nel video un membro del comitato Centotrecento, di proporre agli abitanti della via di “pensare a cambiare l'uso del suolo pubblico, ad esempio di un parcheggio, da uso privato, per parcheggiare la propria macchina, ad uso condiviso e pubblico, mangiare all'aperto, sedersi, fare due chiacchiere”. Le iniziative fin qui realizzate, con l'appoggio di altre associazioni fra cui “Bologna città in transizione”, sono state un successo. Gli abitanti sono scesi per strada, hanno cenato fra loro, ballato, si sono scambiati oggetti, hanno vissuto, forse per la prima volta, la propria strada. Vincendo a volte anche il freddo che a Bologna sa essere pungente, come nel caso della festa di Natale. “Finalmente abbiamo conosciuto i nostri vicini”, spiega una ragazza. Riappropriarsi delle strade permette di riguadagnare quello spazio collettivo che alla collettività è stato sottratto nella maniera più subdola: facendo credere alle persone che siano state loro stesse a non volerlo più. Che sia migliore, più sicuro e pulito rintanarsi fra le mura domestiche, al riparo dalla paura che scorrazza libera per le strade cittadine e dai più temibili fra gli abitanti della società contemporanea: gli estranei. In una società in cui ciascuno è chiamato a prendersi cura di ciò che gli appartiene, ciò che è di tutti di fatto non è di nessuno. Le strade, oggi, non appartengono a nessuno, ma l'esempio dei ragazzi bolognesi ci insegna che se lo vogliamo – sì, proprio noi – possono tornare ad essere nostre.

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