Viva la moka, abbasso le capsule

Volete abbandonare la moka per convertirvi alle macchinette del caffè con le capsule? Rifletteteci bene; le capsule sono inquinanti, costose, sono uno spreco di energie e risorse che impattano su salute e ambiente. E vi spieghiamo perché.

Viva la moka, abbasso le capsule

In tutte le case italiane c’è la vecchia, geniale Moka; oppure una caffettiera napoletana. Eppure è straordinario vedere come oggi la pubblicità possa condizionare talmente i comportamenti da convincere una buona parte delle persone a buttare via soldi, per comperare e usare cose peggiori di quelle che già possiedono. Peggiori da tutti i punti di vista e mortalmente deleterie per il pianeta. Come è per le capsule di caffè con relative macchinette.

Forse la disgregazione delle comunità umane, e persino delle famiglie, ridotte nel migliore dei casi a piccoli nuclei isolati, rende le persone prive di punti di riferimento, di conoscenze e valori trasmessi e condivisi, di possibilità di confronto quotidiane tra esseri umani conosciuti e familiari. Le priva quindi di idee ragionate e profonde, di comportamenti coerenti, di senso critico. Però, poiché noi umani siamo animali sociali, sentiamo il bisogno irresistibile di una comunità a cui riferirci, di contatti quotidiani e fiduciosi, ed ecco che i “media” più potenti, pervasivi ed invasivi diventano i sostituti di tale comunità.

Le televisioni sono accese in tutte le case, nei bar e nei ristoranti, “per compagnia”, per non sentirsi soli, isolati, fuori dal mondo; come se “il mondo” fosse quello rappresentato dalla televisione. E’ più o meno lo stesso impulso che tiene accese le radio dall’alba, che fa leggere i giornali e le riviste che tutti leggono (cioè quelli che dicono tutti le stesse cose). Attraverso questi mezzi ci arrivano i messaggi del potere economico, quelli diretti come la pubblicità, e quelli indiretti che creano la cultura del consumismo e la necessità di cose inutili.

Non si spiegherebbe altrimenti il successo di prodotti come il caffè in capsule. Non si spiegherebbe nemmeno ammettendo che alla maggior parte della gente non importi nulla della distruzione dell’ambiente, e cioè del proprio futuro e di quello dei propri figli; bisognerebbe pensare che non gliene importi nulla nemmeno delle proprie tasche, dato che con le capsule si paga il caffè tra i 50 e gli 80 euro al chilo, mentre il normale caffè in pacchetti costa in media sugli 8-10 euro.

Ma noi non vogliamo ammettere che ci sia una tale indifferenza alla sorte del pianeta su cui viviamo, e dunque vogliamo fornire qualche informazione e qualche stimolo alla riflessione.

Ogni anno nel mondo (ma soprattutto nel mondo che chiamiamo “sviluppato”) si consumano 10 miliardi di capsule di caffè, producendo 120.000 tonnellate di rifiuti, delle quali ben 70.000 vengono prodotte nella sviluppata Europa.

E già qui abbiamo un chiarimento sul significato della parola “sviluppo”: aumento dei rifiuti, dell’inquinamento, dello spreco di energia, del marasma climatico e, naturalmente, della ricchezza e del conseguente potere delle multinazionali, in questo caso quelle del caffè come la Nespresso-Nestlè, conosciuta in tutto il mondo e soggetta in tutto il mondo a campagne di boicottaggio per le “efferatezze economiche”.

Ma con le capsule sguazzano anche le multinazionali dell’alluminio, del petrolio e della petrolchimica: 10 miliardi di capsule del caffè vengono prodotte ogni anno con alluminio e plastica, cioè con cave e miniere di estrazione pesantemente inquinanti, con pozzi di petrolio (la plastica) e petroliere che lavano le stive nel mare, con fabbriche chimiche (la plastica) e metallurgiche (l’alluminio), che consumano acqua ed energia e inquinano acqua ed aria, e tutto questo per essere gettate via dopo un singolo uso durato qualche minuto. Centoventimila tonnellate di rifiuti, cioè 120 milioni di chili, vengono prodotti ogni anno dai caffè usaegetta diventati tanto di moda. Grazie alla pubblicità martellante e a quella specie di malattia mentale epidemica chiamata consumismo competitivo, che si manifesta attraverso il bisogno di comperare qualsiasi cosa venga ritenuta “alla moda”, fondamentalmente per una profonda paura inconscia di “essere da meno”, cioè di avere meno degli altri, di essere lasciati indietro dalla mandria, di scendere di qualche millimetro nella scala sociale.

Ma 10 miliardi di capsule di caffè, coi loro 120 milioni di chili di rifiuti, rappresentano invece un consumo del pianeta e un aumento dell’effetto serra che dovrebbe fare ben più paura. Rappresentano un consumo delle possibilità di sopravvivenza di tutte le creature che lo abitano e delle giovani generazioni umane che, se continuiamo così, non avranno molte possibilità di diventare vecchie.

Le capsule di caffè, come se non bastasse, rilasciano ftalati, sostanze che mettono a rischio la salute perché perturbatori endocrini e cancerogeni.  Ma non basta, anche se sarebbe più che abbastanza per decidere che si tratti di un prodotto da eliminare; c’è ancora di più: per il tipo di “cottura” le capsule, e anche le cialde, di qualsiasi materiale siano, producono furano, una sostanza chimica altamente cancerogena, in quantità pericolose rispetto a un caffè della Moka o del bar.

Le capsule riciclabili o biodegradabili producono furano come tutte le altre e, se quelle biodegradabili non creano rifiuti, consumano inutilmente energia per venire prodotte e trasportate. Senza contare il consumo di materiali e di energia per produrre i milioni di macchinette elettroniche che consentono di fare il caffè con le capsule.

Dunque, questo caffè in capsule costa davvero caro sotto tutti gli aspetti.

In Italia, dove si consumano un miliardo di capsule l’anno (ancora un record negativo per il nostro paese), si producono 12.000 tonnellate di rifiuti-capsule. Dodici milioni di chili di rifiuti per bere un caffè “alla moda”.

Abbiamo tutti una Moka, una macchinetta geniale, di quelle che durano una vita (mentre le macchine per capsule possiamo essere sicuri che siano programmate per scassarsi velocemente), che passano di genitori in figli assieme ai gesti rituali e ai ricordi che accompagnano le cose di una vita. E che ci forniscono anche i pezzi di ricambio per l’unica parte che può usurarsi, il filtro. Che possono essere utilizzate non solo per il caffè ma anche per farsi un orzo o una “nostrana” cicoria in polvere, salutare per il fegato, a differenza del caffè.

Bisogna spendere qualche parola anche su questa bevanda esotica, il caffè. Un prodotto difficile da sostituire, poiché è un’abitudine consolidata da generazioni, un’abitudine assuefacente, dato che il caffè è una droga vera e propria.

Tuttavia, sarebbe bene fare una seria riflessione su questo prodotto, che occupa 10 milioni di ettari di terreni (mille miliardi di metri quadrati) nel mondo. Terreni sottratti a foreste, a piccoli contadini, a comunità. Prodotto responsabile di deforestazione, inquinamento da pesticidi, sfruttamento inumano. Un prodotto che per giungere fino a noi percorre parecchie migliaia di chilometri su enormi navi portacontainer e su camion. Un prodotto che rende sempre più potenti multinazionali famigerate come Nestlè.

Si potrebbe concludere che, oltre ad eliminare le capsule, un comportamento sensato imporrebbe anche di consumare solo caffè biologico ed equo e solidale e di ridurne il consumo, sostituendolo con qualche tazza dei nostrani, biologici e salutari orzo e cicoria.

“Dite di amare i vostri figli sopra ogni cosa, invece state rubando il loro futuro”

Greta Thunberg

 

Slow Life
Alla Città Nemica

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.